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Non ci sono i soldi

“Non ci sono i soldi” è il refrain che urlano quelli che sono in alto, quando qualcuno dice che bisognerebbe garantire diversamente alcuni diritti. È il caso della sanità ma anche dell’istruzione. Intanto l’Italia raggiunge il massimo storico dei nuclei familiari in povertà assoluta. Tuttavia, c’è un settore che sembra non subire mai quel refrain: si tratta delle spese militari. Per la prima volta nella storia il bilancio del ministero della Difesa ha superato i 29 miliardi. Già, non ci sono i soldi

di Marco Bersani da Comune-Info

“Non ci sono i soldi” è il refrain che ci sentiamo rispondere ad ogni rivendicazione di risorse per garantire diritti costituzionalmente garantiti. È il caso della sanità, per la quale, dopo le lacrime di coccodrillo durante la pandemia sui tagli effettuati nell’ultimo decennio, oggi, secondo l’ultimo rapporto della Corte dei Conti, ci troviamo con risorse pari a 131 mld (nel 2022) nettamente inferiori a quelle della Germania (423 mld) e della Francia (271 mld), e con un rapporto spesa/Pil che, se nel nostro Paese è pari al 6.8%, in Spagna raggiunge il 7,3%, mentre vola in Francia (10,3%) e in Germania (10,9%). Ed è il caso dell’istruzione, per la quale il nostro Paese -ultimo in Europa- destina l’8% della spesa pubblica contro una media Ue27 pari al 10%.

Come certificato dall’Istat nelle stime preliminari del mese di marzo, abbiamo inoltre raggiunto il massimo storico delle famiglie in povertà assoluta, che oggi sono l’8,5% delle famiglie residenti; si tratta di 5,7 milioni di persone, tra le quali 1,3 milioni sono minorenni.

Tuttavia, c’è un settore che sembra non subire mai il refrain di cui sopra: si tratta delle spese militari. Qui non solo non è mai arrivata alcuna spending review, ma si procede con passi da gigante all’aumento di spesa. Se già nel 2023 vi era stato un aumento di 1,8 miliardi, nel 2024 vi è stato un ulteriore balzo di 1,4 mld, con un innalzamento complessivo nel biennio del 12,5%, che ha portato per la prima volta nella storia il bilancio del ministero della Difesa a superare i 29 miliardi. Sempre per la prima volta nella storia, ben 10 di questi 29 mld sono destinati all’acquisizione diretta di armamenti.

Di fronte a questi dati, si smaschera l’ideologia del debito e delle politiche di austerità: i soldi ci sono e sono tanti, ma le scelte politiche li destinano all’economia di guerra e agli interessi dei pochi contro il resto della società. 

Il fatto clamoroso è che a certificare queste evidenze arriva addirittura l’agenzia di rating Moody’s, la quale, in merito al ventilato nuovo maxi investimento Nato di 100 miliardi di dollari in armamenti per sostenere l’Ucraina (dei quali 8,7 md sarebbero la quota parte italiana), ha sottolineato come il riarmo pregiudicherà seriamente gli sforzi per ridurre il debito pubblico e avrà effetti pesanti di impatto sociale: “Dato il fardello che rappresenterebbe un aumento della spesa finanziato esclusivamente a debito, i governi probabilmente cercheranno di introdurre misure che aumentino le entrate o introdurranno aggiustamenti alla spesa esacerbando il conflitto sociale“. E, sempre Moody’s, così incredibilmente prosegue: “Queste pressioni probabilmente saranno sentite più acutamente nei Paesi già altamente indebitati come Spagna e Italia”.

Siamo dunque dentro un quadro che, da una parte attraverso la riproposizione delle politiche di austerità con il “nuovo” patto di stabilità europeo, dall’altra attraverso la penetrazione della guerra nell’economia, nella società e nella vita delle persone, comprime i diritti individuali e sociali e nasconde sotto il tappeto le vere emergenze quotidiane: il diritto alla pace e alla giustizia sociale e climatica.

Il prossimo 25 aprile il manifesto ha saggiamente chiamato tutte e tutti in piazza a Milano, trent’anni dopo l’oceanico e bagnatissimo corteo unitario del 1994. Andiamoci in massa, avendo chiaro che il fascismo non è solo un manipolo di teste rasate e di braccia tese, ma anche e soprattutto un’idea feroce di società. Buona liberazione.

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