Alla destra che tifava incidenti per alimentare l’allarme anarchici è andata male, i due giorni di mobilitazione milanese per Alfredo Cospito si sono conclusi senza tensioni.
Venerdì sera il corteo nella zona della stazione Centrale di Milano, ieri pomeriggio il presidio fuori dal carcere di Opera dove da lunedì scorso è detenuto Alfredo Cospito. Nel parcheggio davanti all’ingresso del penitenziario sono arrivati 400 anarchici dal nord Italia, qualcuno dalla Svizzera. C’erano anche i sindacati di base Si Cobas, Adl Cobas e Sol Cobas. Una composizione meno milanese di quella che si era vista in città delle scorse settimane.

I primi ad arrivare verso le 14 sono alcuni anarchici con qualche anno d’età in più rispetto alla media di quelli che arriveranno dopo, con loro hanno le storiche bandiere rossonere dell’anarchia. Alle 15 il presidio inizia ad animarsi, vengono appesi gli striscioni: «41 bis = tortura di Stato» era scritto su uno di questi. Viene montato un piccolo impianto audio per gli interventi dal quale viene trasmessa anche una diretta radiofonica insieme ad alcune radio antagoniste. Ai giornalisti gli anarchici chiedono subito di stare a distanza, «Non ci interessa parlare con voi». Li accusano di essersi interessati al caso di Alfredo Cospito solo negli ultimi giorni e solo per specularci sopra e creare allarmismo. Prima che la situazione degeneri anche la Digos deve chiedere a qualche troupe particolarmente insistente di allontanarsi. Tra cori e interventi al microfono, a un certo punto dal carcere escono alcune famiglie con bambini che guardano tra l’incredulo e lo spiazzato quella folla che urla contro il carcere. Era giorno di visite ieri al carcere di Opera, avevano appena incontrato qualcuno di caro dentro al penitenziario. Per qualche minuto quei due mondi si sfiorano.

A metà pomeriggio, poi, un gruppetto di anarchici si stacca e raggiunge dai campi la recinzione esterna del carcere. Cori, slogan, una battitura contro le reti, quando gli agenti oltre la cinta si avvicinano parte qualche sasso. Fin quando anarchici e polizia non indietreggiano, ciascuno verso il proprio fronte. Una ragazza della provincia di Pavia ci dice che lei il 41 bis per certi mafiosi lo terrebbe, ma la sua è una voce isolata. Qui tutti sono per l’abolizione del 41 bis e contro il carcere. Un sindacalista dei magazzini della logistica ci ricorda dalla repressione che subiscono i facchini: «Lì però i tuoi colleghi non li vedo a fare le interviste». Al tramonto partono i fuochi d’artificio e gli ultimi slogan: «Liberi tutti, fuoco alle galere», poi il presidio si scioglie. I prossimi saranno giorni di discussione e bilancio per chi sta portando avanti la campagna a sostegno di Alfredo Cospito. E certamente nuove mobilitazioni.