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Il M5S blocca il decreto per i migranti

La sacrosanta regolarizzazione dei migranti si sta trasformando: è partita come necessità degli agricoltori, ora sta diventando scontro politico all’interno della maggioranza con la «destra» del M5s a opporsi alla «sanatoria».

Dopo che lunedì la ondivaga ministra Teresa Bellanova aveva rotto gli indugi e – a un mese e mezzo dalla richiesta di sindacati e associazioni di garantire tutele ai migranti chiusi nei ghetti – e aveva chiesto di inserire la regolarizzazione nel decreto (diventato) Maggio, ieri i grillini di destra hanno alzato le barricate, mettendo in difficoltà la ministra Nunzia Catalfo che invece è sostanzialmente a favore della proposta ed anzi la accompagnerebbe con il lancio della piattaforma pubblica per far incontrare domanda e offerta di lavoro agricolo.

IL GIORNO DOPO IL TELEVERTICE di lunedì al ministero del lavoro fra Catalfo, Bellanova e le parti sociali, ieri si puntava a chiudere l’accordo nel governo con un incontro allargato al ministro per il Sud Giuseppe Provenzano e, soprattutto, alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, colei a cui spetta la responsabilità della norma per la regolarizzazione.

Una riunione che doveva dirimere l’ultima incognita: allargare la regolarizzazione anche a colf e badanti – come chiedono Pd, Leu e Italia Viva – oppure limitarla ai soli braccianti? I numeri spaventavano la stessa Lamorgese che già due settimane fa in audizione alla camera era parsa molto cauta: i braccianti migranti da regolarizzare vengono stimati dalle parti sociali in 150mila, altrettanti sarebbero i braccianti italiani irregolari e sfruttati; inserendo colf e badanti la norma potrebbe riguardare un numero doppio: circa 600mila persone, in prevalenza donne che curano «in nero» gli anziani di altrettante famiglie italiane, fiscalmente irregolari.
Sotto il pressing di Provenzano, che ha chiesto di allargare il provvedimenti ai braccianti italiani («La regolarizzazione non solo risponde ad un’esigenza di giustizia, è anche un incentivo a fare ulteriori passi di modernizzazione al settore agricolo», ha detto ieri in chat con le Sardine), a colf e badanti e ad inserire tutto nel decreto Maggio, la ministra Lamorgese si è convinta.

A otto anni dall’ultima regolarizzazione – 2012, governo Monti, ministro Annamaria Cancellieri, altra donna, altro tecnico – il rischio reale è che la paura del M5s di approvare un provvedimento «sanatoria di clandestini», come sbraitano Salvini e Meloni, blocchi tutto ancora una volta.

Il ministro dell’Interno convinta dalle motivazioni di Pd e Leu. I braccianti migranti irregolari sono 150mila, altrettanti gli italiani, 300mila colf e badanti: totale 600mila

A ieri sera le possibilità che la norma fosse inserita nel decreto Maggio erano deboli. Le diplomazie – «c’è un interlocuzione in corso» sono al lavoro per riuscire a far digerire il decreto al M5s entro domani o venerdì, giorni potabili per il consiglio dei ministri in cui Giuseppe Conte dovrà proporre una mediazione che tenga conto anche del «no» di Italia Viva al Reddito di emergenza.

PER PLACARE GLI ANIMI dei deputati e senatori più contrari, l’ineffabile Vito Crimi ha bollato il vertice ministeriale di ieri come «riunione tecnica», procrastinando all’ennesima riunione dei capi delegazione di maggioranza la decisione finale.

Nel 2012 i datori di lavoro dovettero pagare 1.000 euro per ogni lavoratore: lo strumento sarebbe lo stesso e ha già avuto il via libera di Cia e Legacoop e anche dalla Coldiretti, che però non lo rende pubblico per non mettere in difficoltà Salvini. Ieri per sviare l’attenzione la stessa Coldiretti ha diffuso uno studio su come «gli italiani siano ingrassati di due chili durante il lockdown».

L’IDEA DELLE ASSOCIAZIONI e dei sindacati è quella di favorire gli spostamenti verso nord dei braccianti bloccati nei ghetti del sud – Borgo Mezzanone in Puglia, San Ferdinando in Calabria – garantendo loro anche l’assistenza sanitaria.

A favore della regolarizzazione c’è un ampio fronte parlamentare. «Capisco che parlare di “maxi sanatoria per 300mila immigrati clandestini” solletichi la pancia dei suoi fan e a Salvini faccia comodo giocarsi l’unica carta che gli rimane. Ma se avesse realmente a cuore la salute degli italiani, saprebbe che passa anche dall’accesso dei cittadini stranieri al sistema sanitario e la loro stabilità occupazionale e abitativa. È uno dei doveri primari di una democrazia in tempi di crisi: la sicurezza è nei diritti», dichiara Erasmo Palazzotto (LeU).

«Regolarizzare i lavoratori stranieri significa porre fine allo sfruttamento del lavoro nero, aumentare la sicurezza sociale e sanitaria e portare nelle casse dello Stato italiano centinaia di miliardi di euro di entrate, inserendo in una cornice di legalità migliaia di persone che oggi sono fantasmi senza diritti e doveri. Il governo trovi il coraggio politico per questo provvedimento e il Parlamento modifichi il meccanismo dei flussi per gli ingressi in Italia a partire dalla proposta di legge «Ero straniero» di cui sono relatore», afferma il radicale Riccardo Magi.

Massimo Franchi

da il manifesto

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Regolarizzare tutti, seguire l’esempio del Portogallo

Poco si parla dei requisiti richiesti per la regolarizzazione, se riguarderà chi già ha un rapporto di lavoro al nero con uno specifico datore di lavoro o se sarà estesa anche a chi non si trova in questa posizione. Per gli immigrati ora è fondamentale uscire dalla irregolarità

La decisa presa di posizione di lunedì della ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova rappresenta indubbiamente un passo in avanti positivo in direzione di una regolarizzazione degli immigrati in Italia. Non tutto è ancora chiaro, come sottolineava Massimo Franchi sul manifesto di ieri.

Ma la questione della regolarizzazione ormai è sulla agenda politica istituzionale e anche nel dibattito pubblico. A livello governativo le resistenze e i distinguo sembrano più forti che non le dichiarazione di appoggio. Sull’altro fronte però non mancano voci che a volte suggeriscono di andare anche oltre l’apertura della stessa ministra.

Si tratta di prese di posizioni di associazioni, gruppi di studiosi, esponenti politici e singoli commentatori che perorano con motivazioni diverse la causa della regolarizzazione. Meritoria di nota è stata quella di Papa Francesco comparsa sui giornali di mercoledì: una gran bella notizia per i migranti

I problemi aperti riguardano da un lato il processo di regolarizzazione e i requisiti richiesti, dall’altro la dimensione e la composizione della platea degli aventi diritto, in altri termini quali sono le categorie di lavoratori che potranno effettivamente beneficiarne. Si parla, oltre che dei lavoratori dell’agricoltura, anche di colf e badanti e di altre categorie.

La dichiarazione alla stampa della ministra dell’agricoltura sul secondo punto è chiarissima : «Devono essere regolarizzate per una questione di civiltà, di legalità, di tutela sanitaria sui territori. Sia che lavorino in campagna, in edilizia, nelle famiglie, devono poterlo fare in modo regolare». E purtroppo su questo le resistenze saranno notevoli.

Poco si parla poi delle condizioni e dei requisiti richiesti per la regolarizzazione. In particolare se la norma dovrà riguardare le persone che già hanno un rapporto di lavoro al nero con uno specifico datore di lavoro come sembra essere l’opinione dominante. Oppure se sarà possibile estendere la norma anche a chi non si trova in questa posizione.

Su questo si è espressa di recente con un appello l’Asgi (Associazione di studi giuridici sull’immigrazione) che tra l’altro chiede la regolarizzazione anche per ricerca di lavoro: soluzione importante per coloro i quali in questo momento non hanno neanche un lavoro al nero o non possono dimostrare di averlo.

Pensiamo proprio ai soggetti più frequentemente citati: i braccianti agricoli. Chi ne conosce le effettive condizioni e i processi che le determinano sa anche bene quanto sarebbe limitativo un meccanismo di regolarizzazione che postuli un datore di lavoro disponibile ad assumere un bracciante magari pagando un balzello più o meno caro all’Inps, come emerge da qualche proposta.

Il lavoro dei braccianti -si sa- è in genere precario e si è occupati per brevi periodi ma soprattutto si è occupati presso più datori di lavoro. Bisogna quindi ricorrere anche ad altre soluzioni – per altro felicemente applicate in passato – come ad esempio la regolarizzazione per «ricerca di lavoro» e non solo.

In tal modo si riuscirebbe ad allargare la platea degli ammessi e a rendere meno complicato il processo nella misura in cui la responsabilità della dichiarazione ricadrebbe sull’interessato e non su un più o meno benevolo datore di lavoro.

E questo per molti versi vale anche per i lavoratori dell’edilizia oltre che per una parte di colf e badanti che, proprio per la molteplicità di rapporti di lavoro precari e temporanei con diversi padroni, finiscono per trovarsi in continua ricerca di lavoro.

Per gli immigrati ora è fondamentale uscire dalla irregolarità che al momento attuale per significa non avere il diritto di muoversi per andare a lavorare o a cercar lavoro e neanche per andare a comprare del cibo o una tessera telefonica importante per loro come l’acqua. Insomma per poter vivere senza doversi nascondere, che è la situazione stanno attualmente vivendo.

E quelli citati non sono i soli. Ci sono i «diniegati», come si dice nel burocratese corrente, cioè coloro ai quali è stato negato il rinnovo del permesso, e quelli in attesa dell’esito di un ricorso: tutti vittime delle politiche restrittive salviniane ancora in corso. Anche per loro andrebbe prevista la regolarizzazione. Non sarebbe così strano. La regolarizzazione per tutti è quello che si è fatto in Portogallo: un altro paese della Ue.

Enrico Pugliese

da il manifesto