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Le lacrime di coccodrillo di Manganelli

Il capo della Polizia Antonio Manganelli, in una lettera a Repubblica, si dice convinto “che il Paese abbia bisogno di spiegazioni su quello che realmente accadde a Genova”, garantisce che si muoverà, “senza alcuna riserva”, pur di arrivare a questa verità. Promette di muoversi in prima persona e “per conto dell’Istituzione che rappresento nelle sedi istituzionali e costituzionali”. La polizia italiana, aggiunge Manganelli, non ha bisogno di alcun richiamo alla Costituzione, perché ha dalla sua una storia di 150 anni segnata “dai nostri morti”, una storia in cui la polizia ha sempre servito la Carta Costituzionale, schierandosi a difesa dei cittadini con un lavoro quotidiano che unisce “migliaia di uomini sotto pagati”. Ma se davvero Manganelli pensa che sul G8 genovese esista un’altra verità avrebbe potuto dirla quando è stato convocato in tribunale come testimone. Le promesse del capo della polizia scazzottano non solo con la testimonianza resa durante il processo, il 2 maggio 2007, ma specialmente con le intercettazioni registrate dalla procura di Genova. Vale la pena riportarle per dimostrare come le affermazioni di Manganelli sono solo lacrime di coccodrillo.
«Manganelli stamattina mi ha detto “bisogna dargli una bella botta a sto magistrato”, dice mi ha accennato che già qualche d’uno sta pigliando delle carte non troppo regolari» erano le parole con cui, il 24 maggio 2007 Francesco Colucci ex questore di Genova commentava con l’ex capo della Digos genovese Mortola l’arrivo dell’avviso di garanzia nei suoi confronti. Durante il processo Diaz, l’ex questore aveva cambiato una testimonianza, spiegando che ad avvertire l’ufficio stampa del Viminale della perquisizione in corso nel dormitorio era stato lui e non il capo della polizia Gianni De Gennaro. Secondo le intercettazioni, e dunque secondo l’inchiesta ora a giudizio, quel particolare fu modificato su richiesta dell’allora capo della polizia. All’indomani di quella testimonianza, che la procura considera fasulla, Colucci aveva raccontato al telefono di aver parlato con il vice capo della polizia, che allora, era appunto Antonio Manganelli: «Fatto sta che ieri sera ho chiamato Manganelli. Dice… sei stato bravo è andato tutto molto bene», erano le parole di Colucci il 7 maggio 2007: «Poi stamattina m’ha chiamato il capo. Dice li hai sbranati, (il riferimento sembra essere sempre ai pm del processo Diaz, Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini ndr) ». E il 25 maggio, il giorno dopo l’arrivo dell’avviso di garanzia: «C’erano il Capo con Manganelli, dice guarda non ti preoccupare perché qui dobbiamo fa un’azione comune e rompere il cazzo a sto cazzo di magistrato». Secondo le spiegazioni del presidente emerito Cossiga, la commissione parlamentare d’inchiesta dovrebbe essere accompagnata da un intervento che blocchi i giudizi in corso sui fatti del g8, «e si deve anche rinviare il processo a carico dell’ex-Capo della Polizia, perché in esso possano essere acquisiti i risultati della Commissione parlamentare d’inchiesta».
Una cosa è chiara nella lettera il capo della polizia Manganelli non ha chiarito, se al processo che parte la prossima settimana, contro l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, sarà l’occasione giusta per spiegare come sia andato l’affaire g8. E cosa significavano le intercettazioni che parlano dei suoi commenti sui pm della Diaz.

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