La vergogna degli Opg, inferno dei "dimenticati"
- marzo 16, 2011
- in carcere, opg, violenze e soprusi
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Lerciume, urina, immondizia, letti arrugginiti, fori utilizzati come vasi per escrementi, ratti, stanze da quattro dove si sta in nove, ed ancora torture, farmaci usati come sedativi continui, nessuna terapia. E’ un viaggio nell’orrore. Un vero e proprio “choc” il monitoraggio eseguito dalla Commissione d’inchiesta del Senato sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale, presieduta da Ignazio Marino, negli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). Un “Abu Ghraib” d’Italia si può ben definirla che, proprio nell’anniversario dei suoi 150 anni, urla vendetta per quei veri e propri “fantasmi” dimenticati. E domenica andrà in onda il documentario prodotto dalla stessa Commissione a “Presa diretta” su Rai Tre. «Così – denuncia Marino – gli italiani si renderanno conto di questi luoghi dove si è dimenticata del tutto l’umanità». E, a vederlo, questo reportage, si resta a dir poco inorriditi. C’è chi piange in ginocchio gridando «giustizia», chi si aggira in silenzio in stanze incrostate di ruggine, sudiciume ovunque, fori usati come latrine, nessuna terapia. Farmaci che sembrano sepolti solo da polvere; medici, in ciascuna struttura, presenti solo quattro ore a settimana che dovrebbero prendersi cura di 300 persone. E sono proprio loro, gli internati degli Opg, a raccontare il loro degrado. Come se non bastasse, delle 1.535 persone che vi sono recluse, più di 300 sarebbero già «dimissibili», vale a dire dovrebbero uscire da quei nosocomi criminali, ma da anni, di proroga in proroga giudiziaria, continuano ad essere reclusi all’inferno. «L’inferno dei dimenticati» lo definisce Marino.
E la situazione sembra davvero disperata oltre che disarmante.
Gli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) sono nati a metà degli anni Settanta in sostituzione dei precedenti manicomi criminali, strutture giudiziarie dipendenti dal Ministero della Giustizia. Sono rimasti esclusi dalla legge Basaglia del 1978 che ha riformato i manicomi e la loro organizzazione è di fatto ferma al codice Rocco del 1930. In Italia ce ne sono sei (a Barcellona Pozzo di Gotto, Reggio Emilia, Aversa, Montelupo Fiorentino, Castiglione delle Stiviere e Napoli-Secondigliano). E’ in questi che, da fine 2010, sono iniziate, grazie all’indagine condotta dalla Commissione, visite a sorpresa, inattese, sempre puntualmente impreviste che non hanno fatto altro che «svelare – spiega il senatore Pd – una situazione inaccettabile, quella che alcuni magistrati hanno definito un “ergastolo bianco”». Oltre che un vero e proprio «schifo», aggiunge Michele Saccomanno (Pdl), «che ci fa vergognare di celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia». Da quando le visite sono state eseguite, molte di quelle persone sono morte a causa delle condizioni disumane in cui versavano. Nel 2008, ad Aversa, arrivò anche una delegazione del Comitato per la prevenzione della tortura della Commissione Europea. E proprio questa descrisse la situazione come «inimmaginabile», dunque passibile di una denuncia proprio per tortura. Del resto, chi ci entra anche per reati risibili, come per quel poveraccio che nel 1992 si è infilato una mano in tasca fingendo di avere una pistola e ha fatto una rapina da 7 mila lire in un’edicola, ancora sta dentro, dopo 20 anni. Si rischia, insomma, di non uscirne più. Il meccanismo che si innesca è, purtroppo, il seguente: chi potrebbe uscire, se non ha una famiglia – e, spesso, non ce l’ha – dovrebbe essere curato dalle Asl sul territorio, come una qualunque persona con malattie mentali. Ma le Asl, a volte non possono, a volte non vogliono offrire “percorsi alternativi” ed allora rinviano tutto al magistrato che non fa altro che firmare proroghe su proroghe. «Uno scandalo» riflette ad alta voce Marino. E’ come se si facesse di tutto per tenerli dentro perché – dicono le Asl – «mancano le risorse». Eppure, riflette Marino, «ora non ci sono davvero più scuse perché dai ministeri Salute e Giustizia è stato preso l’impegno di stanziare 10 milioni di euro per agevolare l’assistenza e garantire appunto le cure di chi ne ha bisogno». Del resto, alla denuncia, promette ancora il senatore Pd, seguiranno i fatti.
La Commissione è già intenzionata a chiudere tre strutture su sei e arrivare, al più presto, all’individuazione di nuove strutture a custodia cosiddetta «attenuata» per il trattamento sanitario dei reclusi. Gli ultimi fatti di cronaca che hanno coinvolto alcune di queste realtà – come per l’Opg di Montelupo Fiorentino, dove un uomo è morto per aver inalato del gas, o, ancora, ad Aversa, dove due agenti della polizia penitenziaria sono stati arrestati con l’accusa di aver abusato di un transessuale – «rendono indispensabile un’azione urgentissima dove – afferma un altro senatore Pd – è assolutamente necessario che l’aspetto sanitario prevalga su quello carcerario». Ma, soprattutto – conclude Marino – «si renda alle persone la loro dignità e al nostro Paese l’integrità di una nazione che porta rispetto nei confronti di tutti i suoi cittadini». Questi lager vanno chiusi.
Castalda Musacchio da Liberazione
E la situazione sembra davvero disperata oltre che disarmante.
Gli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) sono nati a metà degli anni Settanta in sostituzione dei precedenti manicomi criminali, strutture giudiziarie dipendenti dal Ministero della Giustizia. Sono rimasti esclusi dalla legge Basaglia del 1978 che ha riformato i manicomi e la loro organizzazione è di fatto ferma al codice Rocco del 1930. In Italia ce ne sono sei (a Barcellona Pozzo di Gotto, Reggio Emilia, Aversa, Montelupo Fiorentino, Castiglione delle Stiviere e Napoli-Secondigliano). E’ in questi che, da fine 2010, sono iniziate, grazie all’indagine condotta dalla Commissione, visite a sorpresa, inattese, sempre puntualmente impreviste che non hanno fatto altro che «svelare – spiega il senatore Pd – una situazione inaccettabile, quella che alcuni magistrati hanno definito un “ergastolo bianco”». Oltre che un vero e proprio «schifo», aggiunge Michele Saccomanno (Pdl), «che ci fa vergognare di celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia». Da quando le visite sono state eseguite, molte di quelle persone sono morte a causa delle condizioni disumane in cui versavano. Nel 2008, ad Aversa, arrivò anche una delegazione del Comitato per la prevenzione della tortura della Commissione Europea. E proprio questa descrisse la situazione come «inimmaginabile», dunque passibile di una denuncia proprio per tortura. Del resto, chi ci entra anche per reati risibili, come per quel poveraccio che nel 1992 si è infilato una mano in tasca fingendo di avere una pistola e ha fatto una rapina da 7 mila lire in un’edicola, ancora sta dentro, dopo 20 anni. Si rischia, insomma, di non uscirne più. Il meccanismo che si innesca è, purtroppo, il seguente: chi potrebbe uscire, se non ha una famiglia – e, spesso, non ce l’ha – dovrebbe essere curato dalle Asl sul territorio, come una qualunque persona con malattie mentali. Ma le Asl, a volte non possono, a volte non vogliono offrire “percorsi alternativi” ed allora rinviano tutto al magistrato che non fa altro che firmare proroghe su proroghe. «Uno scandalo» riflette ad alta voce Marino. E’ come se si facesse di tutto per tenerli dentro perché – dicono le Asl – «mancano le risorse». Eppure, riflette Marino, «ora non ci sono davvero più scuse perché dai ministeri Salute e Giustizia è stato preso l’impegno di stanziare 10 milioni di euro per agevolare l’assistenza e garantire appunto le cure di chi ne ha bisogno». Del resto, alla denuncia, promette ancora il senatore Pd, seguiranno i fatti.
La Commissione è già intenzionata a chiudere tre strutture su sei e arrivare, al più presto, all’individuazione di nuove strutture a custodia cosiddetta «attenuata» per il trattamento sanitario dei reclusi. Gli ultimi fatti di cronaca che hanno coinvolto alcune di queste realtà – come per l’Opg di Montelupo Fiorentino, dove un uomo è morto per aver inalato del gas, o, ancora, ad Aversa, dove due agenti della polizia penitenziaria sono stati arrestati con l’accusa di aver abusato di un transessuale – «rendono indispensabile un’azione urgentissima dove – afferma un altro senatore Pd – è assolutamente necessario che l’aspetto sanitario prevalga su quello carcerario». Ma, soprattutto – conclude Marino – «si renda alle persone la loro dignità e al nostro Paese l’integrità di una nazione che porta rispetto nei confronti di tutti i suoi cittadini». Questi lager vanno chiusi.
Castalda Musacchio da Liberazione
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