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La setta religiosa degli adoratori del 41bis

Se coloro che hanno lottato per decenni contro la pena di morte si fossero arresi dinanzi alla volontà di applicarla dei governi e di grande parte dell’opinione pubblica, oggi, anzichè in 53 Stati residui nel mondo, sarebbe ancora in vigore nella totalità delle nazioni.

di Gianluca Cicinelli

Non ci sorprende e non ci smuove la decisione con cui Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha respinto l’istanza di revoca dal 41 bis avanzata dall’avvocato Flavio Rossi Albertini, difensore di Alfredo Cospito e, oltre a non stupirci, ci convince che siamo soltanto all’inizio di un altro round.

Abbiamo spiegato più volte in questi giorni, codice penale alla mano, che i reati commessi da Alfredo Cospito non rientrano nelle categorie sottoposte al 41 bis. Il ministro ha barato, la norma italiana, condannata più volte dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, si rivolgeva esplicitamente ai mafiosi.

Cospito probabilmente morirà. Di questo importa soltanto a noi di Diogene e a pochi altri, un 4% di italiani, a guardare i sondaggi esibiti da Marco Forcaglio. E’ una scelta di Cospito, è vero. Ma soltanto se vogliamo far finta di credere che la vita consista esclusivamente nel respirare.

Ciò che colpisce delle dichiarazioni di chi è preoccupato per le possibili violenze degli anarchici è l’ipocrisia o, speriamo, l’ignoranza su cosa significa il termine violenza. Leggiamo dalla Treccani: Dalla violenza fisica si distingue la violenza morale, quella che viene subìta dal soggetto a causa del timore indotto in lui dall’azione esterna (o in genere, come sinon. di violenza psichica, quella che si esercita sull’animo di una persona, mortificandone lo spirito, soggiogandone, annullandone o limitandone la volontà, plagiandola)

La definizione della Treccani è il motivo per cui il regime detentivo del 41 bis nel resto d’Europa non è considerato una pena accessoria ma una vera e propria tortura.

Si teme quindi la violenza degli anarchici, giustamente, ma non si vede quella di uno Stato che la applica nel più subdolo dei modi, chiedendo al detenuto non di scontare la pena ma l’abiura. Cioè ti punisco ma non per quello che fai e provoca danno ma per quello che sei e che pensi.

Non sono razzista ma … Detesto la violenza ma … Siamo tutti uguali ma … C’è un “ma” di troppo nella cultura del nostro tempo. L’eccezione che diventa regola, la distinzione tra chi è pro e chi è contro, al diavolo le dichiarazioni universali sui diritti degli esseri umani. Persino dei mafiosi, già.

Persino un mafioso è un essere umano. Loro sono i primi a fare questa distinzione decidendo chi vive e chi muore e lo Stato si comporta nello stesso modo. Sono considerazioni ormai non soltanto naif ma che possono comportare l’accusa di collusione con i mafiosi.

Quindi proseguiamo. con la raccolta di firme, non rinunciando ad applicare l’articolo 21 della Costituzione, finchè non ce lo tolgono, sulla libertà d’opinione, parlando con le persone, testimoniando una visione del mondo che oggi è minoritaria ma parla alle coscienze.

Schierarsi decisamente contro la tortura di Stato nella battaglia contro il 41 bis è diventata la dicotomia tra chi sostiene la laicità dello Stato e chi milita nell’ordine religioso che si ritiene portatore della giustizia divina per chi sbaglia.

E dovunque hanno comandato e comandano i preti, dall’epoca delle crociate cristiane ai regimi dei Talebani e degli Ayatollah iraniani, restano soltanto cadaveri, sangue e rovine.

da Diogene

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