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Il garantismo è lotta di classe

Le nostre prigioni sono piene di poveri e di emarginati. La riduzione del carcere a “discarica sociale” non è un’aberrazione del sistema. È il sistema

di Iuri Maria Prado

Vittime del nostro sistema penale e carcerario sono perlopiù le persone povere ed emarginate. E, salvo credere che una generalizzata attitudine criminale contrassegni i ranghi derelitti della società, quell’evidenza statistica dimostra che, tra le tante sciagure, la pretesa di giustizia sociale perseguita per via giudiziaria produce anche questa: la povertà e l’emarginazione in galera.

È questo un profilo dell’ingiustizia italiana di cui si fa fatica a parlare così a destra come a sinistra. A destra, in primo luogo, perché si tratterebbe di rivendicare (e sarebbe imbarazzante) un modello che dopotutto è abbastanza aderente all’idea di giurisdizione simpaticamente diffusa da quelle parti, e cioè che il carcere è penoso e bisogna semmai andarci cauti quando c’è di mezzo la gente dabbene, ma è il posto giusto per la canaglia.

E a sinistra, dove spesso si trascura che la mancata tutela dei diritti individuali e di libertà ha un ricasco primario e tanto più devastante proprio a carico dei più bisognosi. A sovraffollare le carceri non è l’emergenza di una pericolosità sociale opportunamente messa in condizione di non nuocere: è in gran parte un’altra specie di “carico residuo”, il prodotto di normative – non solo, ma innanzitutto in materia di droga e di immigrazione – che con il proposito di proteggere la società dal male in realtà lo producono e poi se ne assolvono chiudendolo in una cella.

La riduzione del carcere a quel che si dice una discarica sociale non è un’aberrazione del sistema: è il sistema, cioè il frutto della sistematica incapacità di cui fa mostra un ordinamento sociale quando costruisce immense zone di illegalità e poi si lamenta se ad occuparle va chi è escluso da qualsiasi altra parte.

I delitti legati all’immigrazione clandestina non sono dovuti all’immigrazione, ma alle norme che la fanno clandestina: e in carcere non ci sono i cosiddetti trafficanti di esseri umani, ma i senza-diritti sbarcati qui e ai quali si offre l’alternativa di essere smistati verso le piantagioni schiaviste o, appunto, verso gli uffici di collocamento della criminalità. I reati connessi alla droga non dipendono dalla droga, ma dal regime proibizionista che la presidia: e in prigione non c’è il plenipotenziario del cartello, ma il ragazzo magrebino preso in un parco con una manciata d’erba. L’adolescente emarginato pizzicato a rubare ha un omologo che invece rispetta la legge, ma rinfacciare al primo la probità del secondo non ha nessun senso quando l’uno e l’altro vivono in un ambiente in cui si può solo “sperare” che un giovane non delinqua. Garantismo, in una situazione come questa, è anche più che ripristino di una giustizia decente: è lotta di classe.

da l’Unità

 

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