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Emilio Scalzo torna libero, ma la Val Susa è più che mai sotto assedio

Emilio Scalzo, storico attivista NoTav, è stato condannato dal Tribunale di Gap in Francia a otto mesi di carcere con la sospensione condizionale della pena. “Con l’aria che tira non possiamo che festeggiare, considerando la vera e propria impunità di cui sempre più gode il corpo di polizia in Francia nonostante l’esercizio della più inaudita violenza, e la dimensione di vendetta che avrebbe potuto influenzare la sentenza dei giudici di Gap” è stato il commento di molti dei presenti. Ma la repressione contro il movimento NoTav continua

di Daniela Bezzi

Otto mesi di carcere con la sospensione condizionale della pena: questa la sentenza che ha concluso ieri, 3 agosto al Tribunale di Gap in Francia, la penosa vicenda processuale che per oltre due anni ha visto protagonista Emilio Scalzo, attivista No Border oltre che NoTav, e personaggio molto amato e popolare in Val di Susa. Una vicenda che abbiamo seguito con attenzione sin dalle prime battute – sin da quel vergognoso arresto che ebbe luogo in puro stile ‘cileno’ in data 15 settembre 2021, senza alcun mandato, senza neppure una nota di comparizione preventivamente inviata ai suoi legali, ricorrendo a un vero e proprio agguato, in quattro che in pieno giorno lo ammanettano e se lo portan via – e solo ore dopo si veniva a scoprire che Emilio era oggetto di un Mandato di Arresto Europeo, inappellabile.

Tutt’altro che lieve il capo d’imputazione: “violenza aggravata contro pubblico ufficiale”, durante una manifestazione di protesta che era scoppiata qualche mese prima (15 maggio 2021) tra Claviere e Monginevro, in risposta allo sgombero del Rifugio Autogestito per migranti presso la Casa Cantoniera di Oulx.

In quell’occasione i gendarmi, disseminati sui sentieri di montagna per impedire lo sconfinamento in terra “francese”, avevano attaccato pesantemente i manifestanti con lacrimogeni e bombe stordenti. Emilio, che da tempo soffre di seri problemi al ginocchio, si era difeso dall’aggressione di uno dei poliziotti che prima gli aveva lanciato addosso un lacrimogeno e poi gli si era scagliato addosso, determinato a colpirlo con il manganello.

Da quella breve colluttazione, che Emilio Scalzo ha sempre descritto come legittima difesa, il gendarme (quarantacinque anni più giovane di lui) era uscito con una frattura al braccio. Ad aggravare l’accusa (e ingente richiesta-danni) una prognosi di 45 giorni oltre all’impossibilità di accedere a successivi gradi di carriera. Non solo: nel corso della prima e unica udienza agli inizi di giugno (ne abbiamo riferito qui) il pubblico ministero si era ritenuto in dovere di presentare gli esiti di una certa Perizia Psichiatrica seconda la quale il “pregiudicato Scalzò” sarebbe affetto da “pulsioni di megalomania” tali da renderlo incapace di “sentimenti di empatia”… Proprio lui, da sempre in prima fila su ogni possibile fronte, e dal 2017 in poi impegnato spesso anche di notte nel tentativo di agevolare il cammino, a volte il passaggio clandestino, di quei migranti che sempre più spesso sfidano la morte sulla rotta alpina!

La particolareggiata requisitoria che durante quell’unica udienza l’avvocato difensore di Emilio Scalzo, il giovane e preparatissimo Matteo Bonaglia, era stato in grado di opporre, sulla scorta delle foto e delle riprese video prodotte dagli stessi agenti coinvolti nella manifestazione, ha particolarmente insistito sulle motivazioni dell’autodifesa: il gendarme non aveva alcun motivo di accanirsi contro quell’anziano dimostrante, così palesemente inoffensivo mentre se ne stava seduto all’esterno di quella casupola a mezza costa, con il ginocchio oltretutto dolorante; e la frattura al braccio riportata è stata la conseguenza di una deliberata aggressione che il gendarme ha inferto all’accusato invece che il contrario.

La richiesta del PM, a conclusione di quella stessa lunga udienza, era stata di un anno di detenzione, oltre a cinque anni di interdizione dalla Francia – e indipendentemente da tale richiesta la Giudice avrebbe avuto la facoltà di decidere da un minimo di zero a un massimo di sette anni. Per questo la sentenza di ieri, che di fatto restituisce totale libertà di movimento a Emilio Scalzo, non solo in Italia ma anche in Francia, è stata salutata con immenso sollievo entusiasmo dai compagni e familiari, che erano ieri al Tribunale di Gap insieme ad Emilio – e dai tanti che erano in attesa di notizie sulle varie chat.

Con l’aria che tira non possiamo che festeggiare, considerando la vera e propria impunità di cui sempre più gode il corpo di polizia in Francia nonostante l’esercizio della più inaudita violenza, e la dimensione di vendetta che avrebbe potuto influenzare la sentenza dei giudici di Gap” è stato il commento di molti dei presenti.

Prendo atto della sentenza, so bene che avrebbe potuto andare peggio… ma come già detto e come non smetterò di sostenere, io non ho aggredito nessuno e anzi l’aggredito sono io. E se è vero che la legittima difesa non è reato, una sentenza secondo giustizia sarebbe stata la piena assoluzione” ha ennesimamente ribadito Emilio Scalzo davanti alle telecamere.

Vicenda dunque conclusa? Auguriamoci che così sia, ma già poche ore dopo, sulla via del ritorno da Gap verso Bussoleno, alcune macchine dei compagni che avevano voluto essere in presidio davanti al Tribunale ieri mattina venivano fermate a quella che non dovrebbe più essere una frontiera, per richiesta e fotocopia dei documenti eccetera eccetera, il solito intimidatorio copione.

E quel che è peggio, meno di tre giorni dopo la conclusione del Festival (quest’anno riuscitissimo, come già abbiamo detto) dell’Alta Felicità, ecco che la Val di Susa è nuovamente teatro di repressione ad Alta Intensità. Nelle stesse ore in cui ci si metteva in moto per raggiungere Gap ieri mattina, ecco la raffica delle notizie sui cellulari che poco dopo sarebbero diventati titoloni sui soliti media: circa l’arresto dell’attivista Giorgio Rossetto (per violazione della sorveglianza speciale che stava scontando a Bussoleno), e circa le perquisizioni contemporaneamente avviate in tutti i Presidi, da San Didero ai Mulini, e naturalmente a Venaus, dove in parecchi erano ancora al lavoro per lo smontaggio del Festival appena concluso e per la riconsegna dei prati ai proprietari.

NoTav, perquisizioni in Valle di Susa: ordini a gas durante gli attacchi ai cantieri” (La Stampa) con tanto di foto che ritrae delle semplicissima bacchette di legno, una comunissima tenaglia, varie tipologie di cordame, minutaglie da ferramenta, insomma strumenti da lavoro, rimasugli di quanto è stato utilizzato per allestire il campeggio.

Idem su La Repubblica, sui vari TG Regionali, eccetera. Rappresaglia a Bassa Felicità è la replica del Movimento dal canale NoTav.info. “Perquisizioni atte, con decreto alla mano, a trovare strumenti utilizzati durante le passeggiate del 30 luglio verso i cantieri della devastazione (…) Svegliata la manciata di attivisti ancora in tenda che riposavano in vista di un’altra giornata di smontaggio (…) tutti e tutte identificati. A setaccio quindi container, presidi, cucine e purtroppo, anche il deposito attrezzi di Fulvio, che era stato lasciato intonso dalla sua morte, da cui hanno prelevato tronchesi impolverate ed altro materiale (…) Rappresaglia di chi ha tentato in tutti i modi di impedire il Festival, intimidendo innanzitutto il Sindaco con false accuse e inutili allarmismi…” Dopo la breve tre-giorni in cui la piana di Venaus è stata teatro di un altro mondo possibile con il bellissimo, riuscitissimo, partecipatissimo Festival dell’Alta Felicità, che ha richiamato decine di migliaia di giovani, giovanissimi e meno giovani da ogni parte d’Italia, è ricominciato l’assedio di sempre. Speriamo solo: un po’ meno invisibile di prima.

da pressenza

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Rappresaglia a bassa felicità! Su perquisizioni ed arresti

Continua ad essere il basso tenore morale l’elemento che contraddistingue l’azione della Questura torinese. Alle prime ore del mattino un ingente schieramento di forze di polizia (digos a decine e reparti antisommossa) si è presentato ai presidi di San Didero e di Venaus, oltre che alla Borgata 8 dicembre, antistante il presidio e luogo dove si è appena concluso il Festival.

da notav.info

Perquisizioni atte, con decreto alla mano, a trovare strumenti utilizzati durante le passeggiate del 30 luglio verso i cantieri della devastazione, partecipate da migliaia di giovani e non, determinate a raggiungere le reti dei cantieri.

Svegliata la manciata di attivisti ancora in tenda che riposavano in vista di una giornata di smontaggio di ciò che ancora resta delle infrastrutture del Festival ad Alta Felicità, sono stati tutte e tutti identificati, per dimostrare cosa non è chiaro.

A setaccio quindi container, presidi, cucine e, purtroppo, anche il deposito attrezzi di Fulvio, lasciato intonso dalla sua morte, da cui hanno prelevato tronchesi impolverate ed altro materiale. Dicevamo basso valore morale, ci riferiamo anche a questo.

Visto che i giornali nostrani non sanno fare due più due, o per meglio dire non vogliono farlo per non indisporre i “piani alti”, vi diciamo che l’azione di questa mattina ha un unico nome: rappresaglia.

Rappresaglia di chi (Questura in primis) ha tentato in tutti i modi di impedire il Festival intimidendo il sindaco di Venaus con false accuse ed inutili allarmismi e che da mesi sforna imputazioni inconsistenti con la speranza di compiere qualche disegno più complessivo, partorito da chi il potere lo detiene realmente. Forse la voglia di mettere le mani sui futuri finanziamenti dell’opera alletta particolarmente anche questa squadra di governo, che chiede quindi ai suoi esecutori di avere strada libera in Val di Susa.

All’interno di questo disegno rientra perfettamente l’utilizzo di accuse spropositate (vedi processo per Associazione a Delinquere), tanto (lo sappiamo) un giudice “buono” spingendo i tasti “giusti” lo si trova sempre, idem qualche pubblico ministero desideroso di far carriera.

E non dimentichiamo le persecuzioni a danno dei singoli attivisti, solo ieri Giorgio è stato nuovamente arrestato dopo essere stato sottoposto a fine Giugno alla misura della Sorveglianza Speciale, presa direttamente dall’armamentario repressivo del periodo fascista.

Quello che possiamo serenamente dire è che nulla di quello che possono fare cancellerà la gioia provata da noi e dalle decine di migliaia di persone che per tre giorni si sono prese cura ed hanno amato Venaus e la nostra valle. Possiamo anche dirci che una storia ultratrentennale non ha possibilità di essere svilita da personaggi senza gloria in cerca di notorietà o da politici affamati di visibilità o desiderosi di accontentare qualche lobby del cemento.

Il Movimento No Tav protegge il proprio territorio e promuove ogni azione possibile che possa azzerare le cause dei cambiamenti climatici, forieri di devastazione e ingiustizia sociale a cui inevitabilmente sono condannate miliardi di persone su tutto il pianeta.

Queste è la differenza, tra chi viaggerà sempre a testa alta e chi rimesta nella melma.

Avanti No Tav!

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