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Torture al “Beccaria” di Milano: sguardo nel mondo penitenziario minorile

Istituto penitenziario minorile “Cesare Beccaria”, mai titolazione meno azzeccata per un caso del genere. Perché sì, nonostante il nome del giurista illuminista, un reato di tortura codificato anzitempo e civiltà giuridiche che si presumono avanzate, nelle carceri italiane si continuano a perpetuare violenze ai danni dei detenuti.

di Rossella Puca da GlobalProject

Dopo Santa Maria Capua a Vetere, Ferrara, Melfi, San Gimignano (…e tanti altri) entra nel novero della cronaca delle violenze della polizia penitenziaria, questa volta a danni di minori, l’IPM Beccaria, uno dei più famosi d’Italia, sito nella periferia di Milano.

Lo scorso 13 aprile 2024, 13 agenti della polizia penitenziaria sono stati arrestati (e 8 sospesi) con l’accusa di aver commesso violenze e maltrattamenti proprio nei confronti di quei detenuti nel carcere minorile.

L’arresto segue un’indagine della procura di Milano che ha riscontrato violenze reiterate nei confronti di alcuni detenuti: le accuse per gli agenti sono di maltrattamenti a danno di minori, anche mediante omissione (cioè non impedendo il reato commesso da uno dei colleghi pur essendone a conoscenza), aggravati dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di tortura, anche mediante omissione, aggravato dall’abuso di potere del pubblico ufficiale nonché dalla circostanza di aver commesso il fatto in danno di minori; concorso nel reato di lesioni in danno di minori, anche mediante omissione, aggravate dai motivi abietti e futili, dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di falso ideologico ed infine una tentata violenza sessuale ad opera di un agente nei confronti di un detenuto.

Secondo le indagini, i maltrattamenti – cominciati nel 2022 – sarebbero stati compiuti soprattutto nelle stanze senza telecamere. La GIP, nell’ordinanza con cui ha disposto le misure cautelari contro gli agenti arrestati, ha scritto che all’interno del carcere ci sarebbe un «sistema consolidato di violenze reiterate, vessazioni, punizioni corporali, umiliazioni e pestaggi di gruppo» compiuti dagli agenti ai danni dei detenuti minorenni.

In questi giorni, invece, sono fuoriusciti sempre più dettagli (anche crudi) delle violenze attraverso le testimonianze dei ragazzi stessi: gli agenti ammanettavano i detenuti dell’IPM con le mani dietro alla schiena, in modo che non potessero proteggersi (uno di loro ha detto di essersi slogato la spalla in questo modo), li prendevano a calci, pugni e anche frustate fino a farli sanguinare, li minacciavano e li insultavano con espressioni razziste, spesso senza reali motivazioni. Nelle intercettazioni della procura, gli agenti indagati accusavano anche il nuovo direttore dell’IPM di voler collaborare con le autorità per fermare le violenze. «Io non so il direttore perché si è svegliato in questo modo (…) dice che sta prendendo provvedimenti seri, si sta scaricando le telecamere e tutto …Tu sei il direttore, tu ci devi proteggere, punto».

La domanda “Come è potuto succedere?” rivolta dalle stesse Istituzioni nel corso delle conferenze stampa (vd. Procura della Repubblica, Cappellano del Carcere) – dalle parvenze innocue – di fatto nasconde una assoluta sprovvedutezza (o peggio ancora doloso menefreghismo) nel sapere leggere ed interpretare segnali critici, crepe e difficoltà che affollano le carceri di questo paese.

In primis, per quanto riguarda le condizioni di detenzione, i ragazzi attualmente nell’IPM del Beccaria (dati di Antigone di gennaio 2024) sono 72 su una capienza totale massima di 70 persone, di cui 20 maggiorenni e 52 minorenni, 26 sono italiani e 46 sono stranieri (di cui 32 sono minori stranieri non accompagnati). In merito alla posizione giuridica, 11 hanno ricevuto una condanna definitiva, 2 si trovano in posizione mista, 2 sono appellanti, 48 si trovano in custodia cautelare e 8 si trovano in IPM a seguito dell’imposizione della misura dell’aggravamento. Oltre al sovraffollamento, si segnalano nell’ultimo rapporto sulla detenzione celle anguste e poco spaziose, perenni lavori di ristrutturazione che durano da anni limitando di fatto gli spazi per le attività, la carenza di personale educativo e direttori cambiati ripetutamente nel corso di pochi anni. Da segnalare anche l’assoluta ignoranza del personale penitenziario presente in loco, sprovvisto di adeguata formazione, spesso di prima nomina, che si ritrovano ad affrontare ragazzi poco più piccoli di loro (gli agenti penitenziari sotto inchiesta hanno dai 25 ai 35 anni).

L’ordinamento penitenziario minorile, più delicato per diritto e per morale, concepito in origine come sistema di educazione, integrazione e cura, dovrebbe essere più attenzionato e nell’agenda politica del paese, ma è divenuto invece un vero e proprio grimaldello repressivo, strumento vendicativo, in controtendenza con gli obiettivi che finora avevano ispirato – positivamente – la giustizia penale minorile.

Non è un caso, ma i numeri dei minori in detenzione sono in rapida ascesa: alla fine del febbraio 2024 erano 532 i giovani reclusi nei 17 Istituti Penali per Minorenni d’Italia. Solo due mesi prima, alla fine del 2023, la cifra si attestava sulle 496 unità. Alla fine del 2022 le carceri minorili italiane ospitavano 381 ragazzi. L’aumento, in un anno, è stato superiore al 30%, ed è stato denominato “effetto Caivano”, come il nome del decreto entrato in vigore nello scorso settembre 2023, che ha grandemente ampliato le possibilità di ricorso al carcere in fase cautelare oltre ad aver introdotto altre norme che vanno in senso contrario allo spirito di presa in carico educativa del contesto detentivo minorile.

Allontanandoci da ogni caricatura paternalista alla Mare Fuori, la giustizia penale minorile è realmente sotto attacco, serve una reale opposizione sociale ai programmi repressivi del Governo: contro la massiccia carcerizzazione minorile, per un carcere che sia realmente extrema ratio, se non addirittura superato, e non invece discarica sociale e macchina di annientamento, per una vera e propria educazione e cura del minore, fuori da violenze e torture di Stato.

Leggi il XX Rapporto sulle condizioni di detenzione (Minori).

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