Alfredo Cospito lo vogliono morto. La Cassazione se la prende comodo, per il Dap sta bene e non va trasferito in un centro clinico
Cospito, in sciopero della fame da 100 giorni, sta sempre peggio e rischia la vita, ma la Cassazione se la prende comoda e fissa ad aprile l’udienza per il ricorso contro il 41bis. L’avvocato: “Tempi non compatibili con le sue condizioni di salute, ho chiesto di anticiparla”. E il Dap: “Trasferirlo in un carcere con centro clinico? È stabile e tranquillo”. L’appello a Nordio
di Frank Cimini
Tutto va bene madama la marchesa. È questo il succo di un comunicato ufficiale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sulle condizioni di Alfredo Cospito in sciopero della fame dal 20 ottobre con 42 chili persi. “Risulta a questa direzione che le condizioni del detenuto Alfredo Cospito al momento siano stabili e che lo stesso riferisce benessere psico-fisico” si legge nella nota inviata all’avvocato difensore Flavio Rossi Albertini. “Il soggetto appare tranquillo” si legge nella presa di posizione assunta formalmente dal Dap ieri mentre il giorno prima nel cercare di smentire senza peraltro riuscirci la diffida al medico di fiducia per l’intervista rilasciata a Radio Onda d’Urto il dipartimento si era espresso attraverso le agenzie di stampa come non meglio definite “fonti”. Insomma una sorta di gioco a nascondino, di dire e non dire ufficialmente che dovrebbe essere estraneo a un apparato dello Stato.
“Cospito continua le attività sociali e usufruisce del tempo di permanenza nei passeggi – prosegue il Dap – È regolarmente seguito sia dal cardiologo della ASL sassarese che dal cardiologo di fiducia e le prescrizioni di entrambi vengono scrupolosamente osservate. In caso di necessità la richiesta di trasferimento presso altro istituto penitenziario dotato di assistenza intensivo potrebbe essere avanzata dal competente dirigente sanitario dell’istituto”.
In realtà il trasferimento in una prigione dotata di centro clinico è già stato chiesto formalmente dall’avvocato difensore, Flavio Rossi Albertini, che replica brevemente: “I toni rassicuranti del documento del dipartimento destano stupore e sconcerto perché contrastanti con le informazioni in possesso della difesa. La nota ministeriale rappresenta inoltre una ostentata assunzione di responsabilità per ogni conseguenza del caso. Il riportare che Cospito riferisca un benessere psicofisico per giustificare l’inerzia dimostra la mancanza di conoscenza delle conseguenze di un prolungato digiuno”. Quella del Dap sembra il quadro di un paziente ricoverato in una casa di cura con qualche problema e non quello di un detenuto che sta mettendo a rischio l’incolumità e la vita per tutelare i suoi diritti e i diritti dei quasi 800 “ospiti” del 41 bis.
Comunque oggi pomeriggio come ogni giovedì Cospito sarà visitato dalla cardiologa di fiducia Angelica Milia che relazionerà l’avvocato, sperando che non venga diffidata persino da questa attività. La dottoressa spiega di essere scettica su quanto afferma il Dap secondo cui i parametri sarebbero nei limiti, aggiungendo che i medici del carcere si sono detti favorevoli al trasferimento in una prigione con un centro clinico dopo aver cercato di dissuadere Cospito dal proseguire il digiuno. Intanto la Cassazione ha fissato al 20 aprile prossimo l’udienza in cui sarà discusso il ricorso presentato dalla difesa contro il provvedimento con cui il Tribunale di Sorveglianza aveva confermato l’applicazione del regime di carcere duro previsto dall’articolo 41 bis del regolamento penitenziario. Si tratta di un termine di tempo lunghissimo altamente incompatibile con le condizioni di salute di un recluso in sciopero della fame ora da quasi 100 giorni. Anche se i tempi della Suprema Corte sono questi per tutti i tipi di ricorsi la questione resta drammatica con il rischio di finire in tragedia. La difesa comunque chiede di anticipare la data a causa delle ragioni di salute del detenuto.
A Cospito arriva la solidarietà degli imputati del processo al centro sociale torinese di Askatasuna. “Solidarietà e sostegno alle battaglie di civiltà contro l’ergastolo ostativo e il 41 bis”. E dopo le prese di posizione dei consigli comunali di Torino e Nuoro per la revoca del 41bis a Cospito il segretario di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo invita a fare altrettanto il consiglio comunale di Pescara la città natale dell’anarchico. “Non si tratta di simpatizzare con le idee e le azioni di Cospito ma di chiedere l’applicazione dell’articolo 27 della Costituzione che prevede che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”.
da il Riformista
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L’appello
Caro ministro Nordio, ho già visto morire Ebru, ora la prego: salviamo Cospito
È importante dimostrare che in Italia non possono accadere le stesse tragedie che caratterizzano un sistema autoritario come quello turco, che ha lasciato morire l’avvocata curda nelle prigioni di Erdogan dopo 238 giorni di sciopero della fame
di Ezio Menzione – osservatore internazionale Ucpi
Egregio Ministro Nordio,
ho seguito molto da vicino nel 2020 lo sciopero della fame intrapreso dalla avvocatessa turca Ebru Timtik perché la avevo personalmente conosciuta e poi, nel mio ruolo di Osservatore Internazionale per l’Unione delle Camere Penali, perché mi pareva che si fosse di fronte ad una stortura dovuta all’autoritarismo del sistema giuridico turco per il fatto che la si lasciasse morire senza che alcuno si degnasse di conoscere quali fossero le sue estreme condizioni, i motivi della sua protesta e come si potesse interrompere il braccio di ferro in corso.
Non ci voleva molto a capire che in questo braccio di ferro la parte più fragile era ovviamente lei e dunque, rimanendo ferme le cose, il destino di Ebru era segnato. Infatti, dopo cinque mesi di sciopero totale della fame, Ebru morì, senza essere stata rimessa in libertà né dalle corti turche né dalla Corte Europea. Commentando sulle pagine di questo stesso giornale la sua morte, scrissi allora che simili cose potevano avvenire solo in una società antidemocratica, incapace di far intervenire quelle “agenzie” di intermediazione (giudiziarie, legali, cliniche ed anche, perché no? morali o religiose) che invece nel nostro assetto democratico abbondano e sono in grado di impedire che certe tragedie si compiano suggerendo o imponendo decisioni coraggiose, o anche solo di buon senso (che a volte sono le più coraggiose) che dicano alt ad una tragica deriva. Ognuno assumendosi le proprie responsabilità. Infatti, nella storia che ricordo io, nessuno che abbia intrapreso lo sciopero della fame in carcere ne è morto, contrariamente a quanto accaduto in altri paesi occidentali (Irlanda, quando era ancora Gran Bretagna).
Ma attorno al caso Cospito ho veramente paura che le mie deduzioni di allora circa il caso Timtik vengano smentite. In molti, non solo giuristi, di un’area molto vasta, si sono mobilitati e stanno chiedendo a gran voce di riconoscere che il 41 bis applicato al Cospito è un nonsenso e che comunque ci si aspetta un gesto politico che scongiuri un esito estremo. Le condizioni di salute del detenuto, dopo 4 mesi di sciopero della fame, sono ormai molto gravi. Certamente l’amministrazione penitenziaria lo monitora, o almeno così si spera. Però è molto strano che il Ministero non abbia mandato nemmeno un’ispezione clinica per capire quanto gravi siano tali condizioni. Il detenuto ha perso 40 chili: assai più di un quarto, valicando dunque quella soglia che – almeno tradizionalmente, basandosi su altri casi di sciopero della fame – anche i giudici considerano pericolosa, potenziale portatrice di un esito infausto o comunque tale da rendere difficilissimo un recupero anche se domani cessasse la protesta. Purtroppo non sono rari i casi – e anche qui Turchia docet – in cui il detenuto muore dopo essere stato rimesso in libertà perché non ce la fa a recuperare.
La dottoressa che lo sta seguendo ha rilasciato una dichiarazione alle agenzie in cui si dice che apparentemente, nonostante il dimagrimento, Cospito non è in articulo mortis, è ben orientato, sia pure con cali e sbandamenti; ma non ha più nessuna riserva né di grassi né di zuccheri e quindi potrebbe crollare da un momento all’altro: crollare nel senso letterale di cascare in terra morto. Tant’è che lei lo ha consigliato di mantenere la socialità dell’unica ora d’aria con altri tre detenuti che gli è concessa, ma di non camminare nemmeno (e lui invece vorrebbe) per non consumare le ultime energie rimaste.
Ove si dovesse raggiungere un punto di crisi finale i giudici potranno intervenire non certo con cure o alimentazione coatta (ambedue vietate dalla nostra Costituzione, stando alla giurisprudenza della Corte Costituzionale), ma sospendendo la pena per agevolare una ripresa; intanto si continuerà a discutere se il 41 bis si attaglia oppur no al caso Cospito; potrebbe intervenire, sia pure tangenzialmente, anche la Corte Costituzionale, già investita di alcuni aspetti della sua detenzione; potrebbe intervenire addirittura la CEDU, se adita in via incidentale e d’urgenza, senza attendere tutto l’iter interno e l’Italia con ogni probabilità non vincerebbe la causa e ci farebbe una ben meschina figura.
Ma c’è una cosa specifica che il Ministero potrebbe fare, anzi due, collegate: primo, mandare domani stesso un medico ispettore che accerti le condizioni del detenuto. Secondo, se tali condizioni sono quelle che noi sappiamo per averle pacatamente, ma drammaticamente descritte la sua dottoressa, il Ministro può sospendere l’applicazione del 41 bis. Nel suo potere di decretare l’applicazione del 41 bis o revocare la stessa, ci sta sicuramente – anche per solo buon senso – anche il potere intermedio di sospenderla per un congruo periodo di tempo. Intanto quelle “agenzie” di intermediazione potranno far valere la loro voce sull’assurdità del 41 bis in questo caso concreto (e magari, chissà, anche in generale).
L’importante è dimostrare che in Italia non possono accadere le stesse tragedie che caratterizzano un sistema autoritario come quello turco. Mi vanto di dire che noi siamo più avanti in tema di democrazia e rispetto dei diritti umani, anche dei detenuti, anche dei detenuti che hanno scelto una legittima forma di protesta: anche se non si fosse d’accordo coi motivi di questa protesta.
Confido che possa essere presa da Lei, signor Ministro, un’iniziativa del genere che, quanto meno, ribadirebbe i connotati democratici del nostro paese.
La ringrazio per l’attenzione che vorrà dedicare a questo mio appello
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