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Italia con l’elmetto: la spesa militare fuori dal Patto di stabilità

Fuori le spese militari dal Patto di stabilità. Il piano militare del governo secondo il ministro Crosetto. Più scorte dopo gli aiuti agli ucraini. In ballo resta la batteria per missili Samp-T

di Mario Di Vito

Fuori le spese militari dal Patto di stabilità. Per Guido Crosetto, che ha illustrato le sue linee programmatiche alle commissioni riunite della difesa della Camera e degli esteri e della difesa del Senato, si tratterebbe di una faccenda “meramente tecnica”, con il ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti che “ha condiviso questa cosa e l’abbiamo già portata sul tavolo dell’Europa”.

La dottrina è quella concordata la scorsa primavera a Ramstein che porterà l’Italia ad aumentare le proprie spese militari fino al 2% del Pil entro il 2028 (attualmente è all’1,54%): un percorso che dovrà procedere assai speditamente in futuro visto che, come segnala la Rivista Italiana Difesa, nel 2022 la spesa per l’ammodernamento militare non è cresciuta di un euro.

È proprio su questo punto che il ministro della difesa batte forte: “L’aiuto che abbiamo dato in questi mesi all’Ucraina ci impone di ripristinare le scorte che servono per la difesa nazionale”. Tradotto: tutte le forniture di armi inviate a Kiev negli ultimi undici mesi – siamo a cinque carichi, con il sesto in arrivo a breve – hanno un peso sull’arsenale italiano, che presto o tardi (più presto che tardi) andrà rimpinguato. Da qui l’esigenza di effettuare “una profonda evoluzione sul piano ordinativo, logistico, tecnologico e normativo”.

Il piano è dunque quello di “avviare molte iniziative, a partire da una revisione delle strutture di vertice, che eliminino le duplicazioni non dettate da esigenze di ridondanze operative e che consenta il miglioramento della qualità e del contenimento dei tempi nei processi di lavoro. Occorre poi unificare i settori e i servizi comuni alle diverse forze armate”. Più integrazione tra le varie forze, quindi, ma anche “un nuovo modello di finanziamento”. Quale? “Una legge triennale sull’investimento che accorpi in un’unica manovra i volumi finanziari relativi a tre provvedimenti successivi con una profondità di 17 anni. Questo investimento consentirebbe di supportare efficacemente la posizione nazionale sui tavoli internazionali dei vari programmi cooperativi, con possibili ricadute sulle scelte di investimento e occupazionali dell’industria”. Per arrivare a questo obiettivo, sottrarre le spese della difesa alle restrizioni del Patto di stabilità è pressoché fondamentale: significherebbe, in sostanza, avere una contabilità separata rispetto agli altri capitoli del bilancio dello Stato. Sul lungo periodo, poi, Crosetto punta a “riequilibrare il rapporto tra competenze ed età media del personale attraverso alcune linee di azione come la revisione dei flussi di alimentazione e del bilanciamento tra forze in servizio permanente e ferma prefissata”.

Almeno nelle intenzioni, si arriverà all’accorpamento di alcuni settori comuni alle varie forze armate, dall’insegnamento delle lingue straniere alla sanità, passando per la difesa spaziale e quella cibernetica. “Proprio sul ruolo della Difesa nei domini spazio e cyber – ha concluso il ministro – quest’ultima dovrà farsi promotrice ed essere protagonista di un percorso che porti all’unicità di indirizzo strategico e di policy, sia a livello nazionale sia nell’ambito delle organizzazioni internazionali di riferimento”.

Dopo la puntata in commissione, nel pomeriggio Crosetto è andato anche al Copasir per discutere del sesto pacchetto – primo del governo Meloni – di aiuti militari da mandare in Ucraina. Il nodo principale riguarda le batterie missilistiche Samp-T: l’Italia ne ha in dotazione cinque, per un valore di circa un miliardo di euro, chiaro che darne via una rappresenterebbe un’uscita di non poco conto per l’arsenale nazionale.

da il manifesto

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