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Vaccini, irruzione e Costituzione

Si può ragionare intorno al tema dei vaccini, senza isterismi e semplificazioni da campagna elettorale, utilizzando come chiavi di lettura la libertà di scelta (lo ha ricordato Alessia Cintorino in I vaccini e la libertà di scelta) oppure la ricerca (lo ha fatto in modo autorevole e indipendente la Rete Sostenibilità e salute), ma si può anche valutare quanto sia legittimo il Decreto (in teoria riservato ai casi che implicano la necessità e l’urgenza), così come formulato, rispetto ai principi costituzionali. Quel provvedimento, spiega Bartolo Mancuso, “non solo non tiene conto delle indicazioni della Corte Costituzionale, ma al contrario aumenta considerevolmente i vaccini obbligatori, senza prevedere né risorse né strumenti per evitare la lesione del diritto alla salute del singolo”

Fin dal suo annuncio la nuova normativa in materia vaccinale ha fatto molto discutere. Si tratta senz’altro di un argomento non semplice, che coinvolge diritti fondamentali e valori importanti. Vorrei svolgere alcune riflessioni dal punto di vista giuridico, adesso che il Decreto legge (numero 73 del 7/6/17 rubricato) è stato pubblicato nella gazzetta ufficiale.

Non farò considerazioni di tipo medico che non mi competono, se non quelle che desumo dalle leggi vigenti e dagli interventi giurisprudenziali.

Provo anzitutto a riportare i tratti salienti del Decreto. Il Decreto è rubricato “disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale”. Il perno del decreto consiste nella estensione dell’obbligo vaccinale e nell’inasprimento del corredo sanzionatorio. In particolare, tutto il peso della realizzazione del progetto del Governo viene addossato sui genitori e sui Dirigenti scolastici. Si prevede, infatti, che “per i minori di età compresa tra zero e sedici anni sono obbligatorie e gratuite” (art.1) dodici vaccinazioni. Si aumenta così l’obbligo da quattro a dodici vaccini e scompare la distinzione tra vaccini obbligatori e vaccini solo facoltativi.

I destinatari dell’obbligo sono i genitori, a cui in caso di mancata osservanza dell’obbligo “è comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento a euro settemilacinquecento” (art.1 comma 4). E l’Asl dovrà comunicare l’inadempimento al Tribunale dei Minorenni. Dal canto loro, i dirigenti scolastici sono tenuti, al momento della iscrizione del bambino, a richiedere ai genitori la documentazione relativa all’adempimento dell’obbligo vaccinale e a segnalarne la mancanza nei successivi dieci giorni all’azienda sanitaria locale, che provvederà a comminare le sanzioni (art. 3 comma 1 e 2). Chi non ha effettuato le vaccinazioni, secondo il Decreto, verrà ammesso alla scuola dell’obbligo, ma non a nidi e materne (art. 3 comma 3).

È legittimo domandarsi se il Decreto, così come formulato, sia rispettoso dei principi costituzionali. L’art. 32 della Costituzione prevede che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Va da sé che nel caso in esame si tratta di bilanciare il diritto individuale di ognuno (che comporta che nessuno possa essere costretto a sottoporsi a qualsivoglia trattamento medico) e quello della collettività a combattere le possibili epidemie. La questione si presenta poi particolarmente delicata in materia di vaccini, anche in considerazione delle possibili reazioni avverse che il trattamento vaccinale può comportare.

Ebbene, questo difficile bilanciamento è stato tentato nei diversi interventi in materia della Corte Costituzionale.

Un primo intervento della Corte Costituzionale (sentenza 307/90) è sorto da un giudizio in cui si chiedeva la condanna del Ministero della Sanità per un caso di poliomelite connesso alla compiuta vaccinazione obbligatoria. La Corte ha dovuto affrontare il difficile quesito se la salvaguardia della salute collettiva si possa spingere fino a sopprimere il diritto alla salute del singolo, dando risposta negativa.

La Corte ha ricordato che l’obbligo vaccinale è “uno di quei trattamenti sanitari obbligatori cui fa riferimento l’art. 32 della Costituzione”. Ma ha ricordato che ogni trattamento imposto deve rispettare “i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Ciò comporta che “un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato”. Se vi è invece un rischio di un serio danno “il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività non è da solo sufficiente a giustificare la misura sanitaria”. E ciò in quanto non è possibile “il sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri”. Per questo la Corte ha richiesto che il legislatore prevedesse per il destinatario del trattamento “il rimedio di un equo ristoro del danno patito”.

Proprio in considerazione di tale arresto della Corte Costituzionale è stata introdotta la legge 25/2/92 n. 210 che introduce un indennizzo per i danni da vaccino. La norma è chiara in quanto prevede che “Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, “(art.1). Come si vede questa legge, riconosce che dai vaccini si possano avere seri danni alla salute e del resto sono diverse le sentenze che riconoscono questo indennizzo (vedi sentenza n. 148/2012 del Tribunale di Rimini, o ancora sent. 260/13 del Tribunale di Pesaro sui danni subiti a seguito della somministrazione dell’esavalente).

La Corte, nel caso segnalato, si è pronunciata a favore della previsione di un ristoro economico in caso di danno da vaccino, in quanto nel caso posto alla sua attenzione si discuteva della previsione di un rimedio per un danno verificatosi nel passato.

Ma è comprensibile ritenere che l’importanza e il rango primario del diritto individuale alla salute impongano al sistema di prendere dei provvedimenti preventivi che impediscano il danno all’individuo. E infatti, in questo senso si è pronunciata la Corte Costituzionale nella sentenza 258/94 in cui la Corte Costituzionale ha segnalato che il sistema esclusivamente repressivo non soddisfa i principi costituzionali. Perciò la Corte ha richiamato il legislatore affinché “siano individuati e siano prescritti in termini normativi, specifici e puntuali, ma sempre entro limiti di compatibilità con le sottolineate esigenze di generalizzata vaccinazione, gli accertamenti preventivi idonei a prevedere ed a prevenire i possibili rischi di complicanze”.

In definitiva la Corte Costituzionale – pur non entrando nel merito dell’imposizione dell’obbligo vaccinale, giacché esulava dalla sue competenze – ha ritenuto, quando i vaccini obbligatori erano solo quattro, che il corretto bilanciamento tra il diritto dell’individuo e quello della collettività imponesse la previsione normativa di idonei accertamenti preventivi su ogni bambino e la somministrazione con la maggiore cautela possibile del vaccino. Secondo la Corte, dunque, si può imporre il vaccino solo prevedendo tutti gli strumenti possibili per evitare danni.

Come si è visto, il Decreto Legge 73/17 non solo non tiene conto delle indicazioni della Corte Costituzionale, ma al contrario aumenta considerevolmente i vaccini obbligatori, senza prevedere né risorse né strumenti per evitare la lesione del diritto alla salute del singolo. Pertanto, Il Decreto è tutto incentrato sugli obblighi e sulla repressione e non prevede nessun intervento cautelativo e di prevenzione contro i rischi, la cui esistenza è riconosciuta dallo stesso ordinamento. Così impostato, mi sembra che il diritto del singolo sia eccessivamente sacrificato e l’art. 32 della Costituzione non rispettato.

Un ultima considerazione mi permetto sulla scelta del legislatore di adottare un Decreto legge, ovverosia un provvedimento che postula la necessità e l’urgenza. Forse un tema come questo avrebbe richiesto maggiore confronto e analisi. E ciò soprattutto in considerazione del fatto che il piano nazionale prevenzione vaccinale 2012-2014 dedica un intero paragrafo al “percorso per il superamento dell’obbligo vaccinale” in cui si prevede un percorso che portasse al superamento dell’obbligo vaccinale (anche alla luce della sospensione operata dal veneto e il percorso analogo intrapreso dal Piemonte). Un ulteriore segnale di un atteggiamento non idoneo a un argomento tanto delicato.

Bartolo Mancuso – Avvocato

da Comune-Info

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