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USA: Migliaia in galera per una legge razzista

La vicenda di Brandon Jackson in prigione per venticinque anni.  Oggi si batte per poter ottenere un nuovo e regolare processo

di Daniele Zaccaria

«È il giorno più bello della mia vita negli ultimi 25 anni e mezzo. Ho avuto così tante perdite, ma questo un giorno compensa tutto».Sono state le prime parole pronunciate venerdì scorso da Brandon Jackson, l’uomo 50enne che in Lousiana ha ottenuto la libertà vigilata dopo ben 25 anni di detenzione.

La sua è anche la storia di come una legge razzista adottata dalla Louisiana stia mantenendo in carcere centinaia di persone negli Stati Uniti nonostante sia stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema nel 2018. Jackson infatti è rimasto vittima della ‘Jim Crow juri’, una denominazione che di per se contiene già un’indirizzo ben preciso. Secondo tale legge una persona poteva essere condannata, anche all’ergastolo, nonostante il verdetto di colpevolezza dei 12 giurati non fosse unanime. Ed è proprio quello che ha subito Jackson che è stato condannato nel 1997 a seguito di una rapina a mano armata a Bossier City, con un voto di 10 a 2. Così quello che nella maggioranza degli stati sarebbe stato un processo illegale è stato considerato valido.

I cosiddetti ‘verdetti non unanimi’ furono inseriti nella Costituzione dello Stato della Louisiana nel 1898. L’obiettivo era esplicito e venne esplicitato nella gazzetta ufficiale degli atti: ‘stabilire la supremazia della razza bianca’.

La legge dunque è stata scritta con l’intento di garantire condanne per gli imputati neri annullando i voti dei giurati non bianchi, che costituivano una porzione minore dei pool di giurie locali.

La ‘Jim Crow juri’è rimasta in vigore per più di un secolo, e la sua legalità è stata riaffermata in una decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1972. Solo nel 2018 diverse inchieste hanno messo in luce come i verdetti non unanimi colpivano le persone afroamericane, circostanza che ha riguardato proprio Brandon Jackson, nero così come i giurati che nel procedimento avevano votato per la sua innocenza.

Quando i legislatori statali hanno avanzato un’iniziativa elettorale per abrogare la legge, la maggioranza è stata schiacciante, solo che il cambiamento non poteva essere applicato in maniera retroattiva e riguardavano solo gli imputati i cui casi erano iniziati a partire dal 1° gennaio 2019 o successivamente.

Nel 2020 però la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che i verdetti non unanimi erano incostituzionali in quanto, come dichiarato dal giudice Brett Kavanaugh, erano ‘un pilastro di un programma completo e brutale di misure razziste ‘. Secondo un rapporto del 2020 stilato dall’organizzazione no-profit Promise of Justice Initiative, che rappresentae difende coloro che sono stati condannati da verdetti di giuria non unanimi, circa 1500 persone erano ancora dietro le sbarre dopo essere state dichiarate colpevoli con decisioni di 10 a 2 o 11 a 1.

L’ottanta per cento di questi imputati erano appunto neri.

Nonostante il clima politico e la consapevolezza dell’opinione pubblica fossero mutati le porte della cella per Jackson non si sono aperte immediatamente, rimaneva il discrimine che se un caso di giuria divisa si fosse già fatto strada attraverso il normale processo di appello statale, esso sarebbe comunque rimasto in piedi. Per questo già due anni fa una prima richiesta di libertà vigilata era stata negata, una decisione cambiata poi pochi giorni fa ma soltanto grazie al fatto che è stato riconosciuto il ravvedimento del condannato e il suo impeccabile percorso carcerario.

Jackson infatti ha sempre sostenuto di essere innocente e l’accoglimento della richiesta di rilascio non deriva dunque da regole ingiuste visto che la corte che ha esaminato il suo caso, come ha spiegato il suo legale Claude-Michael Comeau, ‘presume che tutte le condanne siano corrette’ e richiede alle persone di ammettere la colpevolezza.

Nonostante la liberazione e le speranze dei gruppi di difesa che confidavano nelle decisioni della Corte Suprema, Jackson rimane un criminale condannato e non è certo se la sua petizione per un nuovo processo, questa volta ‘regolare’, avrà un buon esito.

da il dubbio

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