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Turchia: attaccata la redazione di Sendika.org e arrestato il direttore

Continuano le rappresaglie di Erdogan contro sostenitori del No e giornalisti. Un nuovo gravissimo episodio di censura contro la redazione di Sendika, sito di informazione indipendente. Inoltre, arrestata anche la giornalista Meltem Oktay, che aveva documentato le operazioni militari di coprifuoco a Nusaybin, e perquisita la casa del fotografo Abdurrahman Gök, che aveva fotografato l’omicidio di un giovane curdo da parte della polizia. Di seguito, la traduzione dell’articolo di Sendika.org che denuncia i fatti di questa mattina.

 

Il “sì” non sarà legittimato, Sendika.org non sarà silenziato!

Il “sì” del referendum del 16 aprile non ha legittimazione, questa è l’opinione di almeno metà della popolazione, del diritto internazionale e dei valori democratici fondamentali. Dalle nostre scrivanie o nelle strade, resistere al fascismo con le nostre penne, telecamere, tastiere e parole è la più legittima delle proteste, nella storia e al giorno d’oggi. Nessuno dubiti che continueremo a scrivere, dire e mostrare ogni verità e che non abbandoneremo il nostro ruolo di essere la voce delle persone e di rispecchiare le loro rivendicazioni.

L’operazione ordinata dal palazzo del presidente Recep Tayyip Erdoğan – che sta tentando di imporre un regime autocratico con un referendum illegittimo, rubando il “no” di decine di milioni di persone attraverso la Commissione elettorale suprema (YSK) – contro i sostenitori del “no” è stata estesa questa mattina presto anche Sendika.org.

Ali Ergin Demirhan, direttore di Sendika.org, è stato arrestato in un raid mattutino contro la redazione, meno di 24 ore dopo aver scritto: «Perché dovremmo consentire il furto alla luce del sole del referendum che noi abbiamo vinto? Perché dovremmo permettere a un regime autocratico, che deve finire, di andare avanti ottenendo una base legale con un referendum rubato?».

Formalmente il direttore è stato arrestato con l’accusa di «organizzazione di proteste sui social media, nel tentativo di rappresentare il risultato del referendum come illegittimo» e di «incitamento all’odio e oltraggio a pubblico ufficiale sulla base della sua posizione».

Hanno imposto un regime autocratico con lo stato di emergenza. Volenti o nolenti, hanno usato le risorse delle persone per aprire la strada al “sì” e chiudere quella del “no”, conducendo una campagna referendaria attraverso la pubblicazione sui giornali di mille e una bugia. Hanno definito “traditore” e “terrorista” metà del Paese, mentre minacciavano i sostenitori del “no” con coltelli, pistole, manganelli, prigione e con la guerra civile. Come è stato mostrato dal nostro sito, con notizie dai quattro angoli del paese, hanno adoperato ogni trucco del mestiere – violando persino le loro stesse leggi – per assicurare il “sì” usando la YSK [Commissione elettorale suprema, ndt]. Dopo, senza alcuna vergogna, ci hanno accusato di «cercare di rappresentare il risultato del referendum come illegittimo».

Questo è un promemoria, nel caso in cui qualcuno abbia dimenticato.

Come Sendika.org ci siamo organizzati passo dopo passo, per 16 anni, senza alcun ricorso all’aiuto dello Stato o del mercato. Dalle infrastrutture informatiche ai software, facciamo tutto con lavoro volontario e donazioni private, con un budget vicino allo zero, continuando le nostre attività in collaborazione con tanti altri, dai professori agli studenti universitari, dai sindacalisti ai lavoratori non organizzati “all’inseguimento di un pasto”, tutti loro reppresentano i nostri scrittori volontari, traduttori volontari, reporter volontari e driezione collettiva.

Nell’ultimo anno e mezzo, il nostro sito è stato bloccato 31 volte. Prima del referendum, è stato bloccato 17 volte in 17 giorni. Ogni volta, comunque, non abbiamo sprecato un secondo nel difendere il diritto pubblico all’informazione. Di fronte agli attacchi fascisti, abbiamo fatto quello che occorre fare nella battaglia contro il fascismo: abbiamo continuato a dire la verità.

Almeno il 50% delle persone – cioè, decine di milioni – denunciano che tu non sei legittimo. Anche il diritto internazionale afferma che tu non sei legittimo. Anche i valori democratici fondamentali affermano che tu non sei legittimo. Quindi noi dovremmo rimanere in silenzio?

Nessuno dubiti che continueremo a scrivere, a dire e mostrare la verità, qualsiasi essa sia, e che non abbandoneremo il nostro ruolo di essere la voce delle persone e di rispecchiare le loro rivendicazioni.

Sia il referendum che il suo risultato sono illegittimi. Tu non puoi scacciare tutto ciò con arresti e oppressione! Così come non puoi scacciare le milioni di persone che dicono «annulla il referendum», rifiutando l’imposizione di un regime autocratico.

La battaglia per la libertà di stampa e il diritto all’informazione è una delle fondamenta della lotta per i diritti democratici in Turchia. Dalle nostre scrivanie o nelle strade, resistere al fascismo con le nostre penne, telecamere, tastiere e parole è la più legittima delle proteste, nella storia e al giorno d’oggi.

Per ogni notizia che diamo, per ogni storia che pubblichiamo, per ogni video o immagine che condividiamo dalle strade, agiremo sapendo che tutto ciò è parte integrante della lotta del popolo per la democrazia.

Esortiamo tutte le organizzazione della stampa, tutti i mezzi di comunicazione che il fascismo cerca di chiudere e, ovviamente, i volontari di Sendika.org a continuare ad alzare la voce per il “no”, gridando la verità e agendo in solidarietà con Sendika.org.

Chiediamo il rilascio immediato del nostro editore, Ali Ergin Demirhan, di tutti i giornalisti che sono stati arrestati nel tentativo di evitare che le persone possano conoscere la verità e di tutti i cittadini che sono stati catturati per silenziare la voce dei sostenitori del “no”.

Sendika.org non sarà ridotto al silenzio!

 

Fonte: sendika

Traduzione a cura di DINAMOpress

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