La volontà del ministero dell’interno di svuotare la città di Ventimiglia dai/dalle migranti non poteva che essere fallimentare, ma in queste settimane stiamo vedendo cosa può provocare un piano di questo tipo: una spirale di repressione, violenza e razzismo.
A Ventimiglia ora ci sono più di 400 persone bloccate dal regime di confine. I controlli da parte della polizia francese continuano a battere tutta la costa azzurra in cerca di persone in viaggio, per poi respingerli a Ventimiglia; dall’altra parte la polizia italiana sta attuando da settimane una costante repressione sui/sulle migranti presenti in città e portando avanti sistematici rastrellamenti nelle stazioni precedenti, come quelle di Torino, Milano, Genova e Savona.
Fermi, perquisizioni, fogli d’espulsione e deportazioni diventano la prassi quotidiana che sta colpendo le persone senza documenti fuori dagli spazi della chiesa o della Caritas.
La caccia all’uomo: di giorno i neri, di notte i bianchi
Lunedì 30 maggio tutte le forze dello stato dalle prime ore del mattino hanno invaso e militarizzato la città. Il lungo mare, i marciapiedi e le strade di Ventimiglia sono stati controllati e rastrellati, una vera e propria caccia all’uomo di persone senza documenti; persino i canneti lungo il fiume sono stati perlustrati da forestali e alpini. Nel corso di tutta la giornata, per mezzo di controlli razziali, sono state fermate e deportate un centinaio di persone (report). Quanto è avvenuto quel giorno è diventato ordinario a Ventimiglia.
La sera di lunedì con un pretesto la polizia è entrata dentro la chiesa dove un centinaio di migranti avevano trovato rifugio e ha preso tutte i/le solidali europei/e presenti: 6 denunce a piede libero e 9 fogli di via da Ventimiglia e altri cinque comuni della provincia di Imperia.
Martedì 31 Maggio, i migranti ospitati nella chiesa hanno deciso di non nascondersi più: hanno marciato sulle strade lasciate vuote, verso la frontiera. La polizia li ha bloccati e dopo ore di presidio, i migranti hanno accettato la mediazione della Caritas. Altri/e solidali, che cercavano di raggiungere la marcia, sono stati/e fermati/e: altri due fogli di via, per un totale di 11 interdizioni in 24 ore.
La repressione che ha colpito migranti e solidali dà una chiara indicazione su ciò che spaventa chi ci governa. La questura intende colpire la volontà di organizzazione dei migranti e chi la sostiene non considerandoli meri soggetti passivi.
La solidarietà attiva viene criminalizzata anche a Idomeni o Udine, e le rivendicazioni o
A far paura è che le persone senza documenti smettano di sentirsi isolate e vulnerabili e si organizzino per reagire alla persecuzione de facto che li colpisce.
Protezione e normalizzazione: la gestione dei migranti tra Caritas e Croce Rossa
La chiesa offre un altro “rifugio”, nel quale in pochi giorni si sono ammassate centinaia di persone e, anche se a Ventimiglia ormai è in atto un regime razziale, l’attenzione è tutta sul supporto materiale e caritatevole. Quando centinaia di persone in viaggio si riuniscono in assemblea alla chiesa per opporsi all’ennesima violenza collettiva, arrivano le minacce: il sindaco di Ventimiglia e il capo della polizia chiariscono che chi manifesta o si muove in grandi gruppi alla frontiera rischia la deportazione.
La Caritas è diventata l’unico gestore accettabile per le istituzioni. Intanto si semina il panico: sui giornali tre casi di varicella e una presunta scabbia sono diventati il pretesto per creare l’allarme. La Asl provvede immediatamente con un rapporto igenico-sanitario, il quale legittima la prefettura ad intervenire nella chiesa, nel momento in cui lo riterrà opportuno.
Il dibattito pubblico si concentra solo su la possibilità o meno di creare un luogo istituzionale dove ospitare le persone in transito; tra l’intransigenza isterica di Toti e Alfano, le paure dei residenti e la solidarietà di alcuni cittadini. I migranti tornano ad essere un soggetto da gestire, non lasciando spazio ed agilità alla loro autorganizzazione.
L’ipotesi è quella di un centro di accoglienza gestito da Croce Rossa, Caritas e Arci Nazionale. Dove i “transitanti” registrati possono sostare 48h, nelle quali verranno resi edotti dei diritti e le tutele a cui possono accedere se richiedono asilo in Italia. Per poi essere “liberi” di scegliere se farsi identificare o meno. E se rifiutano di farsi identificare?
La terribile routine della deportazione e il regime di frontiera ovunque, all’indomani del Migration Compact
Il piano Alfano si muove con una duplice strategia, da una parte il tentativo di fermare le persone prima di Ventimiglia, come richiesto dal sindaco Ioculano, dall’altra trasferire forzatamente i migranti in altre zone d’Italia. Dal 6 di giugno ogni giorno tra le 50 e le 100 persone, fermate e controllate perché nere, prelevate dalle strade, fatte scendere dai treni, perquisite ed umiliate vengono deportate dalla città di Ventimiglia su bus di Riviera Trasporti S.p.a e aerei della Mistral Air dagli aeroporti di Genova, Milano o Firenze. Il piano è chiaramente quello di ridurre il numero di persone, identificarne ed espellerne il più possibile allargando le file dei dublinati che attraversano l’Europa.
La contraddizione è grottesca: le strutture di accoglienza in tutto il paese esplodono, dai centri detentivi e di smistamento per migranti in tutta Italia (Hub, Cara, Hot Spot) vengono rilasciati sul territorio nazionale decine di persone giornalmente, molte con il foglio d’espulsione, mentre la loro presenza viene bandita dalle zone di confine. La frontiera si estende ovunque e la libertà di movimento di tutte e tutti viene ostacolata nelle strade e nelle stazioni di ogni città, ben prima di Ventimiglia e del Brennero.
Nonostante tutto il movimento di donne e uomini verso la frontiera italo-francese non si arresta, ma le persone in viaggio si inseriscono in una giostra disumana, tra confini, centri di detenzione e identificazioni forzate. Mentre gli aerei decollano senza fare troppo scandalo, mentre diventa normale il trasferimento forzato di esseri umani (perché tanto ritornano a Ventimiglia), i potenti europei deportano i siriani in Siria attraverso la Turchia; gli eritrei in Eritrea grazie al regime sudanese e i sudanesi in Sudan tramite l’Arabia Saudita e la Giordania.
L’Unione Europea e il governo italiano stanno prendendo accordi ed elargiscono soldi ad Erdogan, come alle dittature africane, per esternalizzare i confini della fortezza europa. É in via di definizione il controllo dei flussi di persone tramite il Migration Compact e la gestione dei migranti si stringe con l’anti-terrorismo.
Eludere i controlli, inceppare la macchina
Il controllo delle persone in viaggio attraverso la detenzione, l’identificazione forzata e lo smistamento coatto di questi da un luogo all’altro è parte di un meccanismo che mira a restringere le libertà di tutte e tutti.
La svolta securitaria e fascista dei governi europei, legata al pretesto del terrorismo, si attua con la militarizzazione pervasiva dei territori, con la repressione delle forme di solidarietà attiva e delle proteste dei migranti. Ciò rende palese l’urgenza di rilanciare la lotta per la libertà di tutte/i quante/i con o senza documenti.
Dobbiamo reagire: mettere granelli di sabbia nella macchina del controllo e della guerra diffusa per incepparla; organizzarci e dare vita a geografie alternative al di fuori delle regole dello sfruttamento economico, del razzismo e della paura.
Complici e responsabili dell’attuazione del piano Alfano è anche chi ha messo a disposizione i mezzi:
la Riviera Trasporti S.p.a., che si è prestata al trasferimento forzato dei migranti, sia verso l’aeroporto di Genova sia verso altre destinazioni;
il Gruppo Poste Italiane, i cui charter utilizzati per i pacchi e le corrispondenze postali, sono gli stessi che hanno concretamente deportato gli esseri umani;
le Ferrovie dello Stato, che mettono a disposizione personale e spazi per i fermi e le perquisizioni.
alcune/i solidali di Ventimiglia e dintorni
al fianco di chi viaggia, contro ogni frontiera