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Il rilancio del business della videosorveglianza automatizzata

Il business dei controlli postmoderni sempre più aggiornati dalle nuove tecnologie è diventato uno dei primi capitoli di spesa dei comuni violando anche le regole di tutela della privacy

di Clément Le Foll e Clément Pouré

Premessa

La Francia è uno dei paesi con il più forte sviluppo della videosorveglianza e del sicuritarismo sfrenato da Macron e dal suo ministro dell’interno fascistoide Darmarin. Il business dei controlli postmoderni sempre più aggiornati dalle nuove tecnologie è diventato uno dei primi capitoli di spesa dei comuni violando anche le regole di tutela della privacy. Anche in Italia questa moda sicuritaria a favore di questo gigantesco business ha un enorme successo. Urge una vera vigilanza da parte dei militanti e dei veri democratici in particolare i giuristi (come abbiamo già invocato negli articoli recentemente pubblicati sul sito (https://www.osservatoriorepressione.info/cosa-la-videosorveglianza-algoritmica-illegale/ ).

Anziché ammettere l’inefficacia della videosorveglianza in nome della lotta contro la delinquenza, gli industriali sviluppano dei software d’analisi d’immagini per identificare comportamenti «sospetti». Malgrado la loro legalità contestata, queste tecnologie francesi, israeliane o cinesi seducono decine e decine di municipalità in tutti i paesi.

Nell’universo della sicurezza (liberista), il suo profilo esplode. Occhiali rettangolari, look decontrattato, parlare veloce: William Eldin ha tutto del giovane imprenditore 2.0. Fondatore dell’applicazione GPS Coyote per l’aiuto alla guida, questo trentenne avrebbe potuto passare giorni felici con i milioni della rivendita della sua impresa. Invece ha deciso di fare all in (puntando al poker tutti i suoi averi in un sol colpo) e ha investito due milioni di euro nell’impresa che oggi dirige: XXII (si pronuncia all’inglese: Twenty Two).

Vicino a La Défense, à Puteaux, gli 80 salariati, principalmente degli sviluppatori informatici, perfezionano lo strumento della casa. Un software di videosorveglianza intelligente automatizzata intitolato XXII CORE. Il principio è semplice: XXII CORE si accoppia a delle video-camere già installate e automatizza alcune ricerche grazie a un filtro. Un individuo in bicicletta brucia un semaforo sotto l’occhio di una videocamera? L’operatore video della municipalità non ha che da cliccare sull’icona «bicicletta» per far sì che il software identifichi tutti i ciclisti su una rete di molte decine di videocamere. Per salvarsi la faccia William Eldin dice «non si hanno solo vantaggi sicuritari. Possiamo individuare anche depositi selvaggi di immondizie».

Lontano dall’ufficio, il carismatico direttore generale s’improvvisa soprattutto VRP (Venditore, Rappresentante e Piazzista). Da mesi moltiplica le presentazioni del suo software d’intelligence artificiale presso i sindaci e alcuni siti privati. «L’obiettivo è di avere un centinaio di città francesi nel nostro portafoglio clienti. Vogliamo anche espanderci in Europa, in seno alle sedi d’imprese, di monumenti, parchi di divertimento …».

Alcune municipalità si sono già lasciate sedurre dalla videosorveglianza automatizzata (VSA nel gergo del settore), o videosorveglianza algoritmica. Nella primavera del 2021 XXII ha firmato un partenariato con la città di Suresnes (Hauts-de-Seine), dove l’impresa da lungo tempo s’è installata, per accoppiare il software alle videocamere della città. L’obiettivo del comune: identificare incursioni, raduni di persone o ogni azione “anormale” da parte di persone. Molte città della regione parigina, come Rueil-Malmaison (Hauts-de-Seine) o Saint-Ouen (Seine-Saint-Denis), testano il dispositivo.

William Eldin accumula le strategie per convincere. Da mesi moltiplica le apparizioni sui media, difende l’idea di una IA etica (IA = intelligence artificiale) alla francese, che pretende di essere capace di proteggere le libertà individuali mentre offre alle polizie potenti strumenti di sorveglianza.

Alla fine di febbraio ha messo in scacco, ad esempio, François Mattens, direttore delle relazioni pubbliche del potentissimo Groupement des Industries de Defense e de sécurité terrestre e aéroterrestres (Gicat), la principale lobby delle armi in Francia, ora vicepresidente per affari pubblici e partenariati strategici del gruppo XXII. All’interno della Gicat, François Mattens è stato in stretto contatto con le più grandi imprese del settore, oltre che con il Ministero dell’Interno e i parlamentari che si occupano di questi temi. Un esordio d’elezione nella lotta che si sta svolgendo dietro le quinte tra gli industriali del settore, anche se le tecnologie di videosorveglianza automatizzata sono ancora in gran parte illegali.

Dal 2017 la Commissione nazionale per l’informatica e le libertà (Cnil -l’autority della Privacy in Francia), che è la polizia francese per la protezione dei dati personali, non ha smesso di allertare. “Tali tecnologie sono spesso viste come un’estensione dei sistemi di videoprotezione, ma il codice di sicurezza interna che regola le videocamere classiche non ne prevede l’utilizzo”, precisa un legale della Cnil.

Dalla sua autorizzazione nel 1995, la videoprotezione nello spazio pubblico è infatti vietata senza autorizzazione prefettizia. E questo principio di “liceità” (una tecnologia non può essere impiegata senza un attestato che la autorizzi esplicitamente) si applica ad altre tecnologie di sorveglianza che potenzialmente violano le libertà fondamentali (libertà di movimento, diritto al rispetto della vita privata, ecc.). Insomma, “in Francia nulla autorizza l’uso di queste tecnologie oggi [di videosorveglianza algoritmica]”, riassume il nostro interlocutore alla Cnil.

La città di Marsiglia attaccata

Eppure, la loro legalità contestata non frena per nulla il fiorente mercato della VSA. Città come Marseille, Metz, Strasbourg… : decine di comuni sono oggi dotati di software per boosterizzare le performance delle loro videocamere, con algoritmi che servono a seguire le persone o i veicoli. Un gran numero di questi casi è recensito sul sito La Quadrature du Net (principale associazione di difesa delle libertà pubbliche e informatiche in Francia), che attacca in particolare la città di Marsiglia. «L’implementazione di queste nuove tecnologie che mirano direttamente le popolazioni più precarie segna una nuova tappa nella sorveglianza dello spazio pubblico» (Arthur Massaud, giurista di La Quadrature).

Il padrone della principale lobby del settore, se ne felicita. «E’ la videoprotezione 2.0, è un evento che arriva alla maturità, dichiara Dominique Legrand, presidente dell’associazione nazionale della videoprotezione (AN2V). Se si prende un luogo come la stazione Part-Dieu a Lione, con una rete di 600 videocamere, non potete avere gli occhi dappertutto. Che si fa di questi 600 flussi? Opzione 1, nulla. Option 2, si utilizzano dei meccanismi d’automatizzazione che permettono per esempio di avere sullo schermo non appena un individuo corre».

In un progetto di posizione recente sulla VSA, la Cnil punta gli usi multipli «al servizio d’interessi anche sia pubblici che privati»: strumenti «di identificazione automatica d’infrazioni stradali», tecnologie miranti «assembramenti d’individui», «la presenza anormalmente lunga di una persona in un certo luogo», i «comportamenti di uno stato d’angoscia», o ancora degli algoritmi che permetteno di seguire individui da parte delle società di trasporto pubblico a dei fini d’intervento da parte dei servizi de sicurezza competenti». Las scorsa estate, il garante della privacy ha inflitto un «avvertimento» alla città di Valenciennes, dopo un’ispezione che aveva permesso di identificare molti strumenti illeciti (un’informazione rivelata da Mediapart).

«Poiché queste tecnologie sono vietate, gli industriali moltiplicano le sperimentazioni per fare avanzare la legge poco a poco, dice a Mediapart un ricercatore dell’Institut Mines Telecom, in anonimato e non nasconde la sua inquietudine. Sempre più imprese sviluppano dei software che servono a identificare dei comportamenti sospetti, ma c’è sempre la stessa deriva: esse provano a creare degli algoritmi di comportamenti considerati giuridicamente reprensibili. Salvo che è molto complicato in termini di codice informatico, tanto che gli operatori della videosorveglianza [che osservano le immagini nei centri di supervisione urbana] hanno difficoltà a spiegare i quali sono i comportamenti precisi che li allertano. Gli industriali sviluppano quindi dei software sapendo, che non sono controllati e avallano ore e ore di video per en trarne degli autori, degli schemi ricorrenti. Ciò che diventa sospetto è ciò che esce dalla norma (secondo categorie sicuritarie). Tale sistema genera così numerose false allerte.

francia distruzione videocamera

Distruzione di una videocamera di videosorveglianza in una manifestazione contro la legge “Sicurezza globale” del 28 novembre 2020, a Parigi. © Photo Olivier Marchesi / Hans Lucas via AFP

La Cnil, inoltre, non manca di sottolineare che il mercato della videosorveglianza “intelligente” è “prevalentemente posseduto da player stranieri”. Creata nel 2008, Briefcam, impresa israeliana sussidiaria di Canon, è parte di queste società impiantate in Francia. La sua tecnologia, che permette il riconoscimento facciale oltre che il tracciamento delle persone, è già utilizzata in una trentina di comunità, tra cui Moirans, nell’Isère (leggi qui il nostro reportage).

A Roanne, nella Loira, il comune ha investito nel giugno 2021 in questo software nella speranza di rendere più efficiente la sua rete di 255 videocamere. “Abbiamo molte richieste delle immagini dal procuratore della Repubblica, spiega il suo sindaco Yves Nicolin (LR). Briefcam permette di accelerare la visualizzazione delle immagini da parte dei nostri operatori, utilizzando un filtro secondo la data delle caratteristiche: un data, un tipo di abbigliamento, un’automobile”.

L’impresa, che conta tra i suoi clienti il Puy-du-Fou e le sue 300 videocamere, punta al succoso mercato dei parchi di divertimento.

Altro importante player straniero: Hik Vision, una delle più apprezzate imprese cinesi del settore. I suoi concorrenti vendono software che viene aggiunto a un sistema di protezione video già esistente, mentre Hik Vision offre videocamere all’avanguardia che incorporano direttamente software di intelligenza artificiale. Tra i suoi clienti: le città di Lione, Montpellier o Salon-de-Provence, i porti di Calais e diverse carceri francesi, ma anche operatori privati come Monoprix o la compagnia Eurotunnel.

Negli Stati-Uniti, l’impresa, largamente finanziata da fondi pubblici cinesi, è considerata come direttamente legata alla difesa cinese. Essa è anche coinvolta nella repressione dei Ouïghours in Cina. Nel 2018, come spiegano i nostri colleghi di Next INpact, l’impresa aveva firmato un contratto di 53 milioni di dollari per la costruzione di un sistema di “riconoscimento facciale di massa” installato in una provincia, nelle moschee e nei centri di rieducazione del Xinjiang».

«C’è una vera questione di sovranità informatica per questi strumenti, dice un attore dell’industria, in anonimato. Non si può dipendere da tecnologie straniere per un materiale così critico». Un argomento politico ma «anche commerciale».

Foxstream, Wintics, Videtics, Evitech, Aquilae…: sull’onda del made in France, alcune start-up francesi si contendono il mercato con imprese straniere e colossi francesi del settore come Thales o Engie Inéo. “Agli alti livelli, il riconoscimento facciale sembra essere sempre più difficile da impostare per le Olimpiadi di Parigi del 2024“, continua la stessa fonte. Troppo sensibile. “La videosorveglianza automatizzata è l’alternativa più importante e sta rilanciando il mercato».

Oltre a XXII, Two-i sarebbe uno dei nomi con il vento in poppa. “Le loro strategie sono fondamentalmente diverse”, afferma un altro attore del settore. Il metodo di William Eldin è parlare direttamente ai comuni. Fanno una presentazione molto ben organizzata, piace ai sindaci, anche se non ne capisce niente. E ci sono altre imprese come Two-i, che passano attraverso gli integratori, le imprese che installano le apparecchiature nei comuni, che è piuttosto la strategia tradizionale».

Per quanto XXII sia discreta nei media, l’azienda di Metz Two-i si è fatta un nome testando software per l’identificazione delle emozioni nella tramvia di Nizza e il riconoscimento facciale allo stadio FC Metz. Soprattutto ha progettato una delle piattaforme più compiute per la videosorveglianza automatizzata, un software di “previsione” da cui scorrono in tempo reale gli avvisi sulla cartografia di una città: “incidente stradale”, “ingorghi”, ma anche “febbre”, “assenza di mascherina” o “distanziamento sociale”.

Facendo clic su questi punti, il controller del software accede al contenuto video. I filtri consentono di controllare la temperatura corporea dei cittadini o di consultare una batteria di statistiche. Un sistema di sorveglianza a scala città, già votato soluzione più innovativa dell’anno nella categoria sicurezza smart città al Milipol 2019 (vedi qui https://www.osservatoriorepressione.info/sicurezza-privata-privatizzazione-delle-polizie/). Qualche città francese utilizza questa piattaforma? Una domanda che avremmo voluto porre a Guillaume Cazenave, fondatore di Two-i, che ha rifiutato la nostra richiesta di intervista.

Tuttavia, gli affari sembrano andare bene: nell’aprile 2021 la start-up francese ha annunciato con orgoglio sulla stampa locale l’apertura al mercato internazionale, grazie alla partnership con Zeebrugge per il monitoraggio del traffico stradale e pedonale nell’area portuale situata a Bruges (Belgio), una delle più grandi d’Europa.

Il successo di queste tecnologie è dovuto anche ai limiti della videosorveglianza tradizionale: zoom non sufficientemente potenti, rami degli alberi che limitano la visione o telecamera rotante che cambia campo quando si commette il reato… Gli studi contestano quindi l’utilità di questi sistemi di videosorveglianza tradizionale in la lotta alla delinquenza. Ma le imprese del settore questo riconoscimento del fallimento è girato a loro vantaggio grazie a un discorso ben calibrato: se la videosorveglianza è inefficace, non è per il materiale, ma perché i video-operatori sono travolti dai flussi e non riescono a rilevare tutto. La colpa non è più tecnologica, è umana. E l’intelligenza artificiale pretende di diventare la soluzione miracolosa a questo fallimento.

“Stiamo moltiplicando esponenzialmente la capacità d’azione della polizia, osserva Arthur Massaud, avvocato de La Quadrature du net. Ma non tutti i corpi saranno monitorati allo stesso modo. Questo era già il caso dei droni e della legge globale sulla sicurezza. Lì sarà come avere migliaia di agenti di polizia in più. A parte il fatto che la polizia combatte già in modo relativamente efficace contro la criminalità e che le nuove tecnologie prendono di mira lo spazio pubblico, non lo spazio privato dove, ad esempio, ha luogo la stragrande maggioranza delle violenze sessuali. Possono quindi fare tante altre cose, compreso rintracciare piccoli leader politici, come hanno già fatto durante i “gilet gialli”. O “prendere di mira i piccoli reati, quindi i più poveri”. “Sti sta moltiplicando esponenzialmente la capacità d’azione della polizia, osserva Arthur Massaud, avvocato de La Quadrature du net. Ma non tutti i corpi saranno monitorati allo stesso modo. Questo era già il caso dei droni e della legge globale sulla sicurezza. Lì sarà come avere migliaia di agenti di polizia in più.

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da mediapart.fr

Traduzione e premessa a cura di Turi Palidda

 

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