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Repressione a Trieste

Due episodi repressivi che sono accaduti a* compagn* del collettivoBurjana di Trieste. Il primo riguarda un’iniziativa antifascista per rispondere alle denunce verso otto compagne,  il secondo episodio molto più grave verso una  compagna che ha trovato nella sua auto una microspia

di Collettivo Burjana di Trieste

Sabato 23 settembre in piazza Sant’Antonio daremo vita ad un grande evento di solidarietà antifascista. Sarà un’occasione per fare rete, incontrarsi, portare i nostri valori di antifascismo intersezionale nel centro città e raccogliere qualche soldo per la cassa antirepressione!

L’iniziativa sarà strutturata in due parti: un momento di dialogo, approfondimento e dibattito su vari temi connessi all’ Antifascismo e un secondo momento che vorremmo fosse una “Call for artists” sempre sullo stesso tema!

Artiste e artisti di ogni tipo, contattateci per suonare, dipingere, cantare, esporre, danzare, recitare o qualsiasi altra cosa abbiate voglia di condividere su ciò che per voi significa, oggi, “Antifascismo”.

Lo abbiamo detto in tante anche quest’ultimo 25 aprile e lo vogliamo ribadire con forza: l’antifascismo è nostro e non lo deleghiamo!

La repressione si affronta con la solidarietà e con l’azione!

Ci vediamo il 23 settembre, e sicuramente anche ben prima, nelle piazze e nelle strade di questa città!


Perché abbiamo pensato ad una giornata come questa?

Quest’anno il 25 aprile la Questura di Trieste ha vietato che si svolgesse un corteo antifascista così che mentre alcune di noi si recavano in passaggiata sui marciapiedi, alla Risiera, le camionette dell’antisommossa bloccavano assurdamente il traffico.

Nei pressi della Risiera la situazione ha assunto i toni del grottesco: separate dalle nostre compagne da un cordone di polizia, non potevamo se non gettarla sul ridicolo, e così, grazie ad una una palla gialla accorsa in nostro aiuto si è svolta la prima partita di volley militante. Ma si sa: “spesso gli sbirri e i carabinieri al loro dovere vengono meno. Ma non quando sono in alta uniforme…” E così son partite le manganellate che hanno colpito le compagne, alzando ulteriormente e inutilmente il clima di tensione.

Ora dalla Questura sono state individuate 8 di noi come responsabili a vario titolo di una serie di reati di cui dovremo rispondere, tra questi ad esempio quello di travisamento, che, oltre ad essere un retaggio fascista, in un epoca post pandemica ed in una giornata di pioggia quale era quella del 25 aprile assume una nota tragicomica.
Ma altre saranno le occasioni per raccontare quello che è avvenuto.

Quello che ci preme ora sottolineare è che crediamo noi si debba continuare a stupirsi e stupirci tutte assieme.

Le motivazioni che ci hanno spinto in piazza il 25 aprile e che ci spingono a mobilitarci ogni giorno contro il fascismo, contro le violenze poliziesche dentro e fuori Cpr e galere, contro le discriminazioni di genere e di orientamento sessuale, contro la gentrificazione e la turistificazione della nostra città, contro le devastazioni ambientali (e tanto altro!) continueranno a spingerci a non fare un passo indietro anche davanti alla repressione che ci colpisce.

La Questura di Trieste prende ormai ogni “palla” al balzo per cercare di reprimere con sanzioni e processi chiunque si esponga politicamente fuori dalle istituzioni, ma crediamo che non debbano essere questi mezzucci a farci desistere.

Ci piace pensare e sperare che davanti a questi atti polizieschi il cui scopo è perseguitare pochi individui per isolarli e cercare di frenare la lotta per un mondo libero da disuguaglianze, discriminazioni e confini, la vera risposta non possa essere che una presa di responsabilità collettiva e una volontà collettiva di stringere ancora di più le reti e i legami di solidarietà.

Perché la repressione ammazza le lotte se vissuta in solitudine.
Perché non riguarda mai solo la singola compagna.
Perché la repressione quando colpisce ci riguarda tutte.

L’antifascismo è nostro e non lo deleghiamo.

E vennero a metterci le spie in auto

Sabato mattina unə nostrə compagnə è statə svegliatə dai vicini perché qualcunə le aveva rotto il vetro dell’auto. Un furto strano: cd masterizzati, l’adattatore del gpl, un bicchiere, una borsina regalo con erbe dell’orto e... un sambuco fatto in casa contro la repressione (calza proprio a pennello, vedi sotto l’etichetta!). Ogni città è paese, e qualche vicinə aveva infatti visto 4 uomini, con fare discreto e indisturbato, entrare e uscire da quell’auto la notte prima alle 23:30, subito dopo un rumore di vetri rotti: uno entrava dalla parte del passeggero e trabiccolava sporgendosi fino al lato dell’autista, gli altri tre stavano sotto il lampione. Tanto incuranti dei passanti che sembrava fosse la loro auto. Chissà se loro stessi o dei colleghi hanno poi lasciato il bigliettino della questura trovato sul tergicristalli che suggeriva di presentarsi per denunciare il fatto.  
Nel rimediare al danno pulendo la macchina un pezzo sotto il volante, vicino ai pedali, era fuori posto e seguendo un filo si è trovata la microspia.

Ma perché è stata messa? Non lo sappiamo. Sarà per la solidarietà mostrata verso le persone rinchiuse nel CPR di Gradisca per non avere documenti regolari? Sarà per l’appoggio mostrato alla battaglia di Alfredo Cospito contro il 41 bis? Sarà per l’opposizione all’ovovia, proprio in questo sprint estivo in cui i tecnici si stanno presentando alle porte con le planimetrie per l’esproprio? 
L’essere sensibili, e non indifferenti, all’orrore dei CPR, all’atrocità del 41 bis e alla devastazione ambientale per noi non è una colpa, è piuttosto la nostra unica maniera di vivere umanamente, nonostante l’atrofia che spesso percepiamo attorno.
Preoccupa però, per l’ennesima volta quest’anno, la sproporzione delle azioni di procure e questure. Sembra il tentativo non tanto di reprimere episodi specifici, quanto di affogare chi prova a rimanere a galla in quella melma di individualismo e controllo che ci circonda.
Qualcuno diceva che una società ingiusta ha sempre bisogno di reprimere dei criminali per legittimarsi. La soglia sopra la quale qualcunə diventa tale la determina però la società stessa: nei periodi di maggior paura a reagire anche solo l’avere una certa idea può diventare sufficiente. La mente ci corre veloce a Perugia e a Potenza, dove negli ultimi mesi sono state aperte delle indagini per 270 bis (associazione terroristica!) per aver mostrato pubblicamente appoggio alla lotta intrapresa da Alfredo Cospito contro il 41 bis (in un caso per uno striscione), o a Bologna e Rovereto, dove è stata aperta un’indagine analoga nella quale un cassonetto in fiamme è considerato come un “attentato”. Allora, l’unico rimedio che ci pare necessario venga messo in campo è quello che esiste già: reagire collettivamente all’intollerabile sensazione di avere un lager per persone migranti a Gradisca; al pensiero che mentre guardiamo il cielo qualcuno boccheggia sotto tortura bianca, in 41 bis, a Tolmezzo; all’imposizione vorace e prepotente di una maxi opera nel bosco Bovedo. Reagire colletivamente alla chiusura dei consultori a Trieste, all’espansione della SIOT a Paluzza, alla violenza di genere e al clima di guerra che avanza. Reagire, e in questo modo, non avranno abbastanza microspie e orecchie per tenerci sotto controllo, e, tuttə, saremo più felici e un po’ più umanə.
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