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I poliziotti ci hanno umiliati, colpiti e denudati

La denuncia alla Corte Ue. Due ragazzi, fidanzati, denunciano di aver subito violenza nel commissariato I fatti sono avvenuti nel 2020 a Sassuolo. I video e i referti confermano la versione

di Luigi Mastrodonato da il domani

Portati nel commissariato e umiliati. Presi di forza dalla testa e obbligati a spogliarsi. Il sangue e i traumi, certificati dai medici. Le vittime sono due ragazzi, fidanzati, fermati con il sospetto di aver rubato al supermercato. Ora del caso si occuperà la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), chiamata in causa dai legali dei due ragazzi, che denunciano di aver subito violenze fisiche e psicologiche, umiliazioni e profilazione razziale e sessuale da parte di agenti della polizia di Sassuolo, in provincia di Modena, a dicembre 2020.

 La procura modenese ha riconosciuto il comportamento poco consono da parte della polizia, ma ha archiviato il caso. Le immagini delle videocamere di sorveglianza, le testimonianze dei ragazzi e i referti medici gettano però molte ombre su questa storia. Un fatto è certo: non è la prima volta che Sassuolo è al centro di casi simili.

Il 15 febbraio scorso quattro agenti della polizia locale sono finiti a processo per tortura: accusati di aver aggredito nel 2021 un uomo del Marocco in pronto soccorso.

Per ricostruire tutta la vicenda è necessario partire dal 22 dicembre 2020 mattina. Il cittadino tedesco Samuel Sasiharan (27 anni) e il suo ragazzo italiano (36 anni) vengono fermati ai tornelli di un supermercato per alcuni prodotti non pagati. Nel giro di pochi minuti si palesano gli agenti della polizia di stato. Al ragazzo italiano viene chiesta la carta d’identità, «a me invece chiedono il permesso di soggiorno nonostante io sia un cittadino tedesco. Sicuramente c’entra la mia pelle scura e la profilazione razziale», sottolinea Samuel. Entrambi vengono portati in un magazzino del supermercato e perquisiti senza che gli sia trovato niente addosso, mentre gli agenti verificano l’ammontare dei prodotti non passati in cassa. Samuel filma quello che succede, nei video si sentono gli agenti intimargli di smetterla in modo minaccioso.

In commissariato

Verso le 14 i due ragazzi vengono portati nel commissariato di Sassuolo. All’oscuro del loro destino, senza avvocati, gli vengono sequestrati i cellulari e dopo una breve attesa Samuel viene portato in un altro ambiente. «Al di là della porta sento il rumore evidente di uno schiaffone, Samuel urla», ricorda il suo fidanzato. La scena avviene in un corridoio antistante le celle, dove non ci sono videocamere. I circuiti delle celle ne riprendono però casualmente una parte. Si vede Samuel comparire all’improvviso e indietreggiare velocemente, rannicchiandosi in un angolo con le braccia sopra la testa, come per pararsi da colpi.

Un agente si avvicina, fa perno con l’anfibio sul suo piede e con un braccio tenta di sollevarlo con forza, mimando anche il gesto di un pugno.

Dopo un po’ Samuel è in piedi e cerca di dire qualcosa. Non parla italiano, ma gli agenti si rivolgono a lui solo così. Il ragazzo si spoglia. Si toglie i pantaloni e le mutande. Viene fatto girare e mettersi a novanta gradi, gli ordinano di infilarsi le dita nel retto. Samuel obbedisce e qui inizia a sanguinare, come conferma il fatto che mostra il palmo della mano agli agenti. Il ragazzo tre giorni prima era stato operato per un problema di emorroidi, la ferita è ancora fresca ed è sotto medicinali (che peraltro denuncia gli siano stati negati in commissariato). La spoliazione, i piegamenti a novanta gradi e l’inserimento delle dita nel retto comportano la riapertura della ferita. Samuel viene fatto spogliare ulteriormente, nudo nel corridoio, al freddo. Poi lo fanno rivestire ed entra in cella barcollante.

Il suo compagno racconta di essere sottoposto alla stessa pratica di spoliazione e piegamenti, sempre in corridoio. Lui però non finisce nell’angolo ripreso dalle telecamere. «Mi sono sentito violato, sapevano fossimo una coppia omosessuale, gliel’abbiamo anche detto, per quanto continuassero a usare il termine “il tuo amico”», denuncia il ragazzo. Il fermo in questura va avanti tutto il pomeriggio. Samuel vive un pesante attacco di panico, sembra anche perdere i sensi in cella per una buona mezz’ora, come si vede dalle video-camere. Nonostante questo e la ferita sanguinante nel retto non riceve alcun soccorso e i pulsanti interni per chiedere aiuto vengonopremuti a vuoto.

Sanguinamento e traumi

I ragazzi vengono liberati alle 19 inoltrate, dopo un passaggio alla questura di Modena. Riottengono i loro cellulari e dall’analisi dei dati scoprono che in questura qualcuno ha provato ad accedervi, probabilmente per cancellare i video girati al supermercato. Decidono di andare la sera stessa in pronto soccorso. A Samuel viene refertato il «recente sanguinamento del retto» e un «trauma contusivo-distorsivo ginocchio sinistro con sospetto clinico di lesione del menisco esterno e sospetta incordinanza temporo-mandibolare bilaterale da percosse da parte di agente delle forze dell’ordine», con una prognosi di venti giorni complessivi. A quel punto i ragazzi decidono di denunciare. Vengono fatti i nomi di più agenti coinvolti nella storia, ma la procura di Modena iscrive nel registro degli indagati solo un agente per lesioni.

La denuncia poi viene da entrambi i ragazzi, ma solo Samuel viene accolto come parte offesa. Le indagini vengono affidate alla polizia di Modena, chiamata a investigare sui colleghi di Sassuolo. L’ennesimo cortocircuito. A ottobre la procura modenese chiede l’archiviazione e il gip conferma. Lo fa con un altro cortocircuito, cioè riconoscendo che l’agente «abbia utilizzato un comportamento poco consono e professionale nei confronti della persona offesa».

«Sono troppi gli elementi che non tornano in questa archiviazione: non è stata considerata la potenziale matrice discriminatoria; gli agenti che hanno condotto le indagini appartengono allo stesso corpo di polizia dell’unico indagato, i testimoni a difesa sono gli stessi agenti che avrebbero dovuto essere indagati, e si potrebbe continuare», denuncia la legale dei ragazzi, Francesca Cancellaro.

«Andremo fino in fondo, perché non rivivano altri ciò che abbiamo vissuto noi», promette Samuel.

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