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Perugia: Caso Bianzino, indagata una guardia addetta al "transito".

L’agente sarebbe stato preposto ai nuovi arrivi nel carcere di Perugia. Ancora ignote le accuse
E’ una guardia carceraria addetta al «transito», come in gergo vengono chiamati i funzionari preposti ai nuovi arrivi al carcere, la persone iscritta dalla procura di Perugia nel registro degli indagati per la morte di Aldo Bianzino. Ha già un avvocato ma non è ancora stato possibile sapere con quali capi d’accusa il tribunale del capoluogo umbro ha deciso di procedere. Non è chiaro cioè se l’accusa contro la guardia sia per omicidio (e un comunicato di venerdì della procura sembrerebbe escluderlo) o per omessa sorveglianza, in un caso sempre più intricato e che ogni giorno riserva nuove sorprese. Aldo Bianzino, 44 anni molti dei quali passati nella quiete della campagna umbra con l’ultimo figlio Rudra e la compagna Roberta, viene trasferito al carcere di Capanne nella serata di venerdì 12 ottobre dopo che, al mattino presto dello stesso giorno, lui e Roberta Radici sono stati prelevati dalla mobile di Città di Castello nella loro abitazione in località Pietralunga. Secondo la polizia l’indagine promossa dalla procura di Perugia riguarderebbe la coltivazione di piante di erba di cui Bianzino avrebbe ammesso subito l’uso in proprio scagionando però immediatamente la convivente. Non ha nulla da nascondere Aldo anche perché ha la coscienza tranquilla forse ricordando che, appena qualche giorno prima, un tribunale sardo ha appena riconosciuto che coltivare piante ad uso personale non è reato. Pensa dunque che la questione si risolverà in fretta. Ma la mattina di domenica viene trovato morto nella sua cella.E qui cominciano i misteri. Era già morto quando il suo corpo fu visitato dal medico del carcere? E di cosa era morto Bianzino di cui subito si disse «deceduto per arresto cardiaco»? L’autopsia rivela invece che Aldo è stato ucciso da uno o più omicidi che non hanno lasciato, o non hanno voluto lasciare, segni sul suo corpo. Muore per emorragie interne nella regione cerebrale ma sulla cute non c’è nessun segno di ematoma. La procura apre un’inchiesta contro ignoti per omicidio e il ministero della Giustizia avvia un’indagine amministrativa. L’altro ieri appare il primo indagato. E altre domande. Chi entrò per ultimo nella cella? Chi aveva le chiavi per farlo? Chi infine scoprì il cadavere che sarebbe stato indicato ai sanitari o agli agenti di custodia dall’addetto ai servizi di ristorazione che vide per primo il suo corpo inanimato? E, infine, è vero, come si racconta sulla stampa locale, che le videocamere interne del carcere hanno dei buchi vistosi e che dunque qualcuno le avrebbe manomesse?
Emanuele Giordana Lettera 22

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