La questura elenca otto possibili reati contro i partecipanti al presidio dell’Anpi, compresa l’istigazione a delinquere
Un lungo elenco di accuse, che in caso di condanne (e prevedendo la pena massima per ogni reato) costerebbero 35 anni di carcere a testa. Sono otto le imputazioni per i partecipanti al presidio antifascista del 5 novembre denunciati dalla Digos e ora al centro di un’indagine della procura, condotta dal sostituto procuratore Giulia Pezzino. L’elenco degli indagati, composto da una cinquantina di nomi, non è stato reso noto, ma diversi partecipanti alla manifestazione,organizzata dall’Anpi e dalla rete antifascista, hanno presentato una richiesta alla procura per sapere se risultano nella lista.
Insieme alla risposta sono state indicate anche le contestazioni e non c’è solo, come prevedibile, l’accusa di manifestazione non autorizzata, in relazione alla violazione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. A questa contestazione si aggiungono infatti anche quelle di resistenza, violenza e minacce a pubblico ufficiale (aggravata dalla presenza di più di dieci persone radunate), fino all’istigazione a delinquere.
Tra le accuse, poi, c’è anche l’oltraggio a pubblico ufficiale e a un corpo amministrativo, politico o giudiziario dello Stato. Inoltre, gli indagati sono accusati anche di istigazione a disobbedire alle leggi e inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, accusa forse legata agli inviti da parte degli organizzatori della manifestazione a non fermarsi in piazza Italia, dove il presidio aveva l’autorizzazione a restare, ma di spostarsi in Strada Nuova, anche se i partecipanti non sono mai entrati in contatto con la manifestazione fascista radunata in piazzale Ghinaglia.
Nella serata di venerdì 20 gennaio si è svolto un incontro tra alcuni indagati e l’avvocato Marco Sommariva, che si sta occupando del caso (era presente al presidio in Strada Nuova ma non è tra gli indagati). «È una prima assemblea per valutare il da farsi – spiega il legale Sommariva –. Per il momento stiamo raccogliendo materiale, video e foto, per capire come sono andate le cose». Gli attivisti antifascisti non sono mai entrati in contatto con il corteo organizzato dall’associazione Recordari e sfialto per le vie della città in memoria del militante missino Emanuele Zilli.
I partecipanti si sono però spostati fino in fondo a Strada Nuova ed è qui che si sono registrate tensioni con le forze dell’ordine. La polizia in assetto antisommossa ha caricato i manifestanti e tre persone sono finite in ospedale. Le polemiche, dopo la manifestazione, non si sono fatte attendere: le principali hanno riguardato proprio la condotta delle forze dell’ordine che hanno caricato il corteo, ma le critiche di alcuni settori della città si sono concentrate anche sulla gestione dell’ordine pubblico.
Non sono mancate le richieste di rimozione del prefetto Erminia Cesari e del questore Ivana Petricca, da ambienti della sinistra pavese. A inizio dicembre si è svolto anche un consiglio comunale aperto. Si è discusso soprattutto del tema “politico”, cioè non tanto della gestione dell’ordine pubblico ma del significato del corteo in sé e del fatto che ogni anno cresca il numero di militanti dell’estrema destra che sfilano mostrando croci celtiche e altri simboli fascisti.«Abbiamo deciso di organizzare un’iniziativa di disobbedienza civile in contrasto a quella manifestazione – spiega Claudio Spairani, dell’Anpi, l’associazione che ha organizzato il presidio –. Nessun commento per quanto riguarda l’indagine, stiamo ancora cercando di approfondire le contestazioni».
Maria Fiore
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Comunicato in risposta alle denunce
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