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Il panorama in un disastro

 “In queste situazioni il popolo è incredibile, riesce a dare delle risposte che non ti aspetti. Si dovrebbe soltanto capire che delle cose possono essere impedite o ridotte. Dipende tutto da come viviamo il territorio” (Un abitante di Solarolo – Ravenna)

di Renato Turturro -Osservatorio Repressione

Oltre 22 fiumi esondati, un picco di 36mila persona sfollate dalle proprie case, nella sola Ravenna 3000 edifici probabilmente inagibili, 150mila studenti privi di continuità didattica e strutture scolastiche, migliaia di specie selvatiche e di capi di allevamento sommersi dal fango, 15 morti. Un’area che comprende 6 province e si estende per una lunghezza di oltre 150 km, che ricopre zone appenniniche interne, zone collinari, pianure, costa marina. In molte zone le infrastrutture che consentono un livello igienico sanitario e ambientale adeguato ai bisogni della popolazione sono fuori uso. Solo a Conselice, immersa nell’acqua stagnante da una settimana, dove partirà una campagna straordinaria per la vaccinazione antitetanica, sono coinvolte a un potenziale rischio infettivo circa 10mila persone. Diverse matrici ambientali sono contaminate da sostanze provenienti da attività antropiche e produttive, il rischio chimico si sovrappone al biologico, le menti sono in uno stato di stress post-traumatico. I mezzi e le strutture della Protezione Civile e di tutte le squadre istituzionali di soccorso non sono sufficienti a coprire in maniera capillare un territorio così ampio e diversificato, a rispondere a dei bisogni immediati. E’ soltanto grazie alle migliaia di volontari/e che dal basso in maniera autorganizzata che si sta portando aiuto concreto in termini materiali e psicologici alla popolazione coinvolta in questo disastro.

Le analisi dei molto probabili “perché” sono state già argomentate da scritti più autorevoli di questa riflessione:

  • l’Emilia-Romagna è la terza regione più cementificata d’Italia, col suo 9% circa di suolo impermeabilizzato – contro il 7,1% nazionale, percentuale già altissima – ed è la terza per incremento del consumo di suolo nel 2021: oltre 658 ettari in più ricoperti, equivalenti al 10,4% del consumo di suolo nazionale di quell’anno” (https://www.wumingfoundation.com/giap/2023/05/non-maltempo-ma-malterritorio/)

Sono parole e riflessioni che da decenni circolano e sono condivise all’interno degli ambienti di movimento, negli spazi sociali e politici, tra militant* e attivist*, criminalizzati e repressi quotidianamente nelle lotte in difesa di diritti e ambiente, marchiati a fuoco anche in questo stesso istante, di fronte all’ennesima tragedia annunciata. Una politica sorda che ha dato in questi anni del “choosy”, “professionisti del disordine”, sfaticati, alle migliaia di persone che da giovedì spalano fango, rimuovono, sgomberano case e strade da rifiuti anche pericolosi, portano conforto tra la popolazione, momenti di gioia (nonostante tutto!) e lavorano in maniera autorganizzata, fuori da tutte le logiche capitalistiche. Sono gli student* managanellat* in questi anni di lotte contro un sistema di scuola e sfruttamento criminali, gli attivist* per il diritto all’abitare, i lavoratori e le lavoratrici.

La maschera della responsabilità e della doppia morale sta cadendo pezzo per pezzo, la barca dei privilegi sta affondando. Di fronte al Ravennate allagato, dove nel futuro prossimo ci saranno problematiche economiche, di contaminazione delle acque e del suolo, il governo ha avuto il coraggio di inserire nelle misure straordinarie di aiuto una semplificazione della “disciplina in materia di realizzazione di nuova capacità di rigassificazione nazionale e si qualificano come opere di pubblica utilità, indifferibili e urgenti, quelle a ciò finalizzate mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione“. Se pensiamo che proprio a Ravenna il 5 maggio c’era stata una manifestazione nazionale della campagna Per il Clima, Fuori dal Fossile, alla rete No Rigassificatori – No GNL e alla rete Emergenza Climatica Ambientale Emilia-Romagna, questo atto assume la forma di una beffa mista a provocazione.

Le istituzioni sono imbarazzate rispetto a questa risposta spontanea di popolo che sta avvenendo in questi giorni, dalla consapevolezza crescente del potenziale dell’autorganizzazione e della visione diversa di sviluppo. Non abbiamo bisogno di voi, “ il proletariato fa da sé” e lo sta dimostrando. Ma ci sarà bisogno presto di impedire l’applicazione di modelli di governo della popolazione già rodati, basati sul controllo e il ricatto dell’emergenza, proprio com’ è successo durante il terremoto de L’Aquila del 2009 e durante la pandemia Covid-19. Organizzarsi di fronte al tentativo (già in corso) di ammutolire e scavalcare chi abita i territori per imporre progetti e mega-opere ancora più inutili e dannose di quelle in essere. Il potere ha paura di questa risposta e molto probabilmente amplierà i dispositivi per reprimere qualsiasi ipotesi di riprogettare e costruire diversamente da come fatto finora, di produrre, abitare e vivere con criteri diversi, in un rapporto con l’ecosistema e i territori. Non possiamo solo parlare di “cambiamenti climatici” ma pretendere un cambiamento radicale del modo di produrre e rapportarci agli ecosistemi, di opporci a tutte le gestioni e imposizioni che avvelenano tutte le matrici ambientali e le specie viventi. Dissacrare le parole di cui il potere si appropria, svincolarle e praticare contro-saperi. Spalando e facendoci domande, forse lo stiamo già attuando.

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