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Novara, quattro processi politici in un giorno

Quattro processi in un solo giorno a Novara contro una quarantina di attivisti politici “antagonisti”. Inquietanti cronache da una provincia che non buca mai lo schermo. La segnalazione giunge a Liberazione e all’Osservatorio contro la repressione da Gilberto Pagani, uno dei responsabili Legal Team Italia, associazione di avvocati che opera perché sia garantito il libero esercizio dell’attività politica, sociale e rappresentativa dei cittadini e delle loro organizzazioni.
Da Genova nel luglio 2001 hanno sostituito la toga con una pettorina e sono scesi per strada fino a Gaza dove seguono il processo per l’omicidio di Vittorio Arrigoni. rete europea di avvocati e militanti che sostiene ed affianca l’attività dei collettivi locali impegnati nella lotta contro la repressione.

Nel biennio 2009-2011 le forze antagoniste di Novara sono state oggetto di un continuo monitoraggio da parte dell’Ufficio Politico della Questura, la Digos che ha prodotto una serie di intimidazioni, specie verso i più giovani, e una sorta di teorema per il quale ci sarebbe una testa pensante che trascina altri attivisti. Quasi tutti i più attivi sono ora oggetto di provvedimenti giudiziari. La narrazione della digos intreccia di frequente le mobilitazioni del novarese con quelle della vicina Vercelli. La serie di denunce, intimidazioni ed esposti si arresterebbe in corrispondenza al passaggio di un dirigente dagli uffici della Digos a quelli della Mobile. Ma il dirigente va e viene dal tribunale in qualità di testimone di alcuni dei processi intentati contro l’area antagonista.

Un dossier compilato dai militanti mette in fila alcuni fatti. 2008 novembre, gli antagonisti occupano simbolicamente per 18 ore circa un ex insediamento dell’aeronautica in città vuoto da decenni. La vicenda si chiude senza devastazioni, senza sgomberi, senza identificazioni, ma dopo oltre due anni arriveranno una raffica di denunce. Negli atti i compagni più grandi vengono indicati come coloro che plagiano i minorenni.

2009 ottobre. Il 24 gli antifascisti (inizialmente una dozzina) commemorano i caduti partigiani di piazza Martiri e piazza Cavour. Mentre si spostano da un cippo commemorativo all’altro si imbattono in un gazebo di Casapound contro cui indirizzano una sonora protesta verbale contro i fascisti del III millennio, quasi tutti forestieri, armati di cinture a mo’ di tirapugni. A distanza di un anno e mezzo circa giungeranno dei decreti di condanna nei confronti di quattro persone che negli atti vengono indicati come la “testa” degli antagonisti, condannati al pagamento di complessivi 20mila500 euro a cui si oppongono.

Una settimana dopo i fascisti del Comitato Disamericanizziamoci (Fronte Nazionale, Forza Nuova con il concorso di reduci dell’Rsi) organizzano un’assemblea pubblica contro la fabbrica degli F-35 di Cameri. Il luogo dell’iniziativa è la “Barriera Albertina”, sala pubblica storicamente ad uso delle forze democratiche. Fin dal mattino, gli antifascisti occupano l’area antistante la sala e bloccano l’iniziativa, non senza subire l’aggressione degli uomini delle volanti, ma tenendo un atteggiamento fermo e pacifico. C’è un infiltrato della questura, organico a Forza Nuova, che si posiziona tra i manifestanti già alle 8 mattutine, ma sparirà letteralmente dagli atti. Dopo circa un anno la solita di denunce per violenza, adunata sediziosa, manifestazione non autorizzata e invasione di edifici.

2010. A Vercelli Forza Nuova organizza un gazebo. Nascono dei rapidi tafferugli tra antifascisti (anche biellesi e da Novara), fascisti e polizia. Bilancio: un paio di bandiere scippate agli squadristi e qualche cazzotto. A distanza di un anno e grazie alla collaborazione della questura di Novara arriveranno delle comunicazioni giudiziarie a quasi una ventina di persone, novaresi in testa. I capi di imputazione vanno dal furto all’aggressione, alla manifestazione non autorizzata, ma Vercelli non è Novara ed all’udienza preliminare il gip proscioglie tutti gli imputati.

25 aprile. Lo spezzone antagonista del corteo prova a svolgere una funzione critica nei confronti degli oratori ufficiali dell’allora giunta di centro destra che avrebbe dedicato la giornata ai “caduti di tutte le guerre” cantando il “il Piave mormorava…” e non “Bella Ciao”. Gli antifascisti cantano e le forze dell’ordine li isolano impedendo la loro entrata in piazza Cavour sede del comizio finale. Non succede nulla, non c’è una violenza, non c’è un’intemperanza, solo slogan e canti. Gli antifascisti entreranno tardissimo in piazza Cavour, tra gli applausi dei presenti, dove svolgono a loro volta un comizio. Due anni e mezzo dopo 23 persone verranno accusate di violenza privata e adunata sediziosa, una novità per essere il 25 aprile.

2011 gennaio. Alcune famiglie senza casa occupano una palazzina con otto appartamenti di proprietà comunale su area demaniale e da tempo sfitta. Dopo un paio di giorni lo sgombero con uno schieramento di forze senza precedenti. Otto identificati, ma un anno dopo le comunicazioni giudiziarie saranno diciassette.

In primavera si accende la lotta studentesca. Durante una manifestazione gli studenti invadono spontaneamente un istituto per coinvolgerne gli alunni nel corteo. Alcuni giovani antagonisti riceveranno comunicazioni giudiziarie per presunte violenze anche se essi si sono limitati a difendere gli studenti dall’intervento poliziesco. Una settimana dopo viene organizzata l’occupazione di un liceo. La Digos prepara la trappola che stavolta scatta. Gli agenti aspettano i compagni nell’atrio e come entrano nell’istituto cerca di fermarli. Si accende un tafferuglio che si concluderà con il fermo di alcuni compagni dell’area antagonista e la raffica di denunce di rito.

Durante il processo per la vicenda della “Barriera Albertina” oggi è la volta degli imputati ed dei testi a favore e si procederà alla visione dei filmati sia della giornata dell’iniziativa che riferiti alle organizzazioni nazifasciste coinvolte.

Altro dibattimento, quello sulla vicenda del gazebo di Casapound che oggi arriverà alle arringhe e al verdetto. Anche qui il dirigente (che testimonia in tutti i dibattimenti) si è presentato munito dei suoi appunti ed ha tentato di far passare i compagni più grandi per i “capi” dell’antagonismo adducendo il fatto che essi erano in testa al gruppo dei compagni e che lo stesso era da essi incitato. Ma gli altri testi (dell’accusa e della difesa) e gli imputati, deponendo sono riusciti a dimostrare la non premeditazione della contestazione e il carattere non violento della stessa (dimostrato anche dal filmato della Scientifica).

Checchino Antonini da Liberazione

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