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Lavorare crepando

La recensione di Giovanni Iozzoli su Carmillaonline dell’e-book “Lavora e crepa” a cura dell’Osservatorio Repressione. Ringraziamo Giovanni Iozzoli e la redazione di Carmilla per l’attenzione mostrata alla nostra pubblicazione

È uscito da poco l’e-book “Lavora e crepa”, a cura dell’Osservatorio Repressione. Si tratta di un corposo quaderno di riflessione politica e teorica che raccoglie contributi diversi sul tema lavoro/repressione. L’obiettivo, con le parole dei curatori è: “porre l’attenzione sui meccanismi e i dispositivi che reprimono le resistenze nei luoghi di lavoro e creano quell’umanità a perdere necessaria ad alimentare questo sistema. Una produzione continua di vite di scarto o scarti di vite, con impatti individuali e sociali disastrosi”.

Il nesso sfruttamento-repressione è ben sintetizzato dal frammento in esergo: “siamo in un inferno neo-liberista che ha reso ben visibili i tratti di un domani già scritto dentro processi autoritari e securitari. Alla paura e all’incertezza di futuro la risposta è più sicurezza, più controllo, più repressione.” Il libro inquadra le tematiche securitarie – gli investimenti crescenti sull’ordine pubblico, l’espandersi della sfera penale, il moltiplicarsi di istituzioni repressive di ogni genere -, mettendole in relazione con la fase di crisi che il capitalismo occidentale sta attraversando. Le promesse di benessere e opportunità per tutti si rivelano sempre più vuote; il malessere sociale cresce, insieme a nuove forme di ri-polarizzazione; e in questo contesto il principale investimento sistemico, in mancanza di altre strategie, è quello in “sicurezza”: cioè, organizzazione “scientifica” dei dispositivi di mantenimento dell’ordine sociale capitalista.

È questa una dinamica che riguarda le nostre società sviluppate, ma è chiaramente visibile nei paesi che un tempo si definivano “terzo mondo”: in occasione delle rivolte di piazza per la giustizia sociale, i governi di quei paesi, solitamente privi delle risorse minime necessarie a creare sistemi sanitari e scolastici decenti, esibiscono forze di polizia super attrezzate di armi e mezzi costosi e modernissimi, totalmente incongrui rispetto al panorama sociale circostante. Quegli strumenti rappresentano la prima fornitura che viene elargita ai governi che si sottomettono alle politiche del FMI. Come a dire: accettando le nostre ricette economiche le rivolte ci saranno, ma tranquilli – vi mettiamo in condizione di reprimerle.

In questo primo quaderno si discute del “caso Piacenza”, epicentro del tentativo di criminalizzazione del sindacalismo di classe; di forme di controllo e coazione insite dentro il rapporto capitalistico, nelle moderne fabbriche automatizzate; del modello educativo di formazione e addomesticamento della forza lavoro, tra alternanza e stage gratuiti; della dialettica tra lavoro “garantito” e nuovo precariato di massa; delle bugie dell’ “economia green” nel suo rapporto con il lavoro reale; della drammatica emergenza degli infortuni, delle morti e delle malattie professionali.

In questo ricco quadro di analisi i curatori manifestano un obiettivo: “senza la presunzione di trovare risposte confortanti, questo è un tentativo di innescare reti di relazione, spunti di riflessione condivisi, per non lasciare nell’isolamento tutte quelle voci che quotidianamente ricercano e desiderano una vita più che degna. Per far ciò, occorre calarsi nei luoghi e negli scarti di vite, o per dirla con Foucault: forse oggi l’obiettivo principale non è scoprire cosa siamo, ma piuttosto rifiutare quello che siamo. Dobbiamo immaginare e costruire ciò che potremmo diventare.”

L’e-book è scaricabile da qui oppure richiendo una copia inviando una mail a: info@osservatoriorepressione.info

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