Lampedusa: no alla militarizzazione e al centro di detenzione per migranti
Da quando l’Hot Spot di Lampedusa è entrato in vigore le condizioni di vita delle persone all’interno del centro e nell’isola in generale si sono aggravate. Le proteste degli eritrei avvenuto a dicembre hanno subito una repressione violenta da parte delle forze dell’ordine ma lontano dalle telecamere, dagli obbiettivi e da tutto il clamore mediatico che si ostina a descrivere l’isola come “isola di accoglienza”.
Le situazioni di protesta, di disagio, di sovraffollamento si sono con continuità mantenute all’interno del centro di Lampedusa per tutti questi decenni e si sono aggravate con la trasformazione del centro in Hot Spot.
Adesso sull’isola assistiamo nuovamente alla forte militarizzazione, giustificata ogni volta o con emergenze o con tragedie che sono sempre provocate, alle solite passerelle, ieri un incontro di esponenti politici europei in cui si proponeva un Mare Nostrum Europeo e una Guardia Costiera Europea, ad una crisi sociale della comunità lampedusana messa in questi anno a dura prova da questa pressione politica, militare e mediatica.
Chiediamo a tutti di diffondere questo comunicato e di firmare l’appello per la chiusura del centro di detenzione per migranti di Lampedusa >https://www.facebook.com/groups/873042176145596/
e ai lampedusani chiediamo di ricompattarsi per salvare l’isola e la nostra dignità dicendo NO ALLA MILITARIZZAZIONE E NO AL CENTRO DI DETENZIONE PER MIGRANTI.
Ieri notte alcuni di noi insieme ad altre poche realtà associative hanno passato la notte insieme alle persone “migranti” in protesta che hanno scritto il seguente comunicato. Ci sono state anche tensioni poiché un gruppo di loro in protesta da qualche giorno ha fatto atti di vandalismo, questo è controproducente perché distoglie lo sguardo dal vero problema e induce ad un odio tra lampedusani e migranti che come abbiamo visto in passato è stato funzionale alla strategia dell’UE ed in alcuni casi provocato.
Comunicato:
Noi siamo profughi/rifugiati siamo venuti qui perché scappiamo dai nostri paesi in guerra, i paesi da cui proveniamo sono Somalia, Eritrea, Darfur (Sudan), Yemen, Etiopia. Il trattamento che riceviamo nel campo di Lampedusa è inumano (ci sono stati anche casi di maltrattamento per il forzato rilascio delle impronte digitali da parte delle forze dell’ordine). Se non lasciamo le impronte gli operatori della gestione del centro sono aggressivi verbalmente e fisicamente nei nostri confronti, ci sono discriminazioni per la distribuzione dei pasti e ci vietano di giocare a pallone nel cortile. I materassi sono bagnati dall’acqua che esce dai bagni e questo può causarci anche malattie.
Ci sono minori, donne incinte e persone con problemi di salute che non ricevono le cure adeguate.
Siamo a Lampedusa, chi, da 2 mesi, chi, da 4 mesi.
Finché non ci daranno la possibilità di andare via da questa prigione in un luogo in cui ci sono condizioni di vita più dignitose ci rifiuteremo di dare le impronte.
Siamo venuti per il bisogno di libertà, umanità e pace che pensavamo ci fosse in Europa.
Non vogliamo essere rinchiusi in una prigione senza aver commesso reato, vogliamo una vita più dignitosa e provare ad avere protezione dato che scappiamo da situazioni che ci mettono in condizioni di rischiare la vita.
Lasciare le impronte in queste condizioni non ci lascia la libertà delle nostre scelte future come ad esempio potersi ricongiungere ai propri familiari o comunità già presenti negli altri paesi.
VOGLIAMO ANDARE VIA DA LAMPEDUSA PER AVERE LA PROTEZIONE CHE CERCHIAMO SCAPPANDO DAI NOSTRI PAESI. MOLTI DI NOI SONO IN SCIOPERO DELLA FAME E DELLA SETE E NON SMETTERANNO FINCHÈ NON SARANNO SODDISFATTE LE NOSTRE RICHIESTE.
Collettivo Askavusa
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