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Irlanda: Prigionieri irlandesi in sciopero della fame per solidarietà con un detenuto palestinese

Oltre una cinquantina di prigionieri  irlandesi (in gran parte militanti repubblicani, ma anche “comuni”) rinchiusi nella prigione di Maghaberry (Irlanda del Nord, un carcere tristemente ben noto a generazioni di Repubblicani) si sono uniti allo sciopero della fame del Dr. Issam Hijjawi Bassalat  per protestare contro l’isolamento imposto al detenuto palestinese dalle autorità carcerarie.

Originario della West Bank, in UK dal 1995,  Bassalat è considerato un militante antimperialista oltre che eminente esponente della sua comunità in Scozia. Il sessantaduenne medico palestinese era stato arrestato con nove militanti repubblicani in seguito a una operazione – denominata “Operazione Arbacia” – contro la New IRA (repubblicani dissidenti contrari agli accordi di Pace). Frutto di un’ampia collaborazione tra  Servizi britannici (MI5), polizia irlandese (Gardai), polizia scozzese, polizia londinese e centinaia di membri della PSNI (polizia nord-irlandese).

Afflitto da varie patologie (in questi giorni ha subito una IRM), il Dr. Issam Hijjawi Bassalat è attualmente rinchiuso a  Foyle House, prigione considerata pericolosa in quanto contaminata dal Covid-19.

Bassalat aveva avviato lo sciopero della fame il 16 settembre dopo essere stato nuovamente sottoposto all’isolamento.

E immediatamente i prigionieri irlandesi – repubblicani e non – sono entrati in sciopero della fame al suo fianco.

Dopo che gli è stata rifiutata anche la scarcerazione su cauzione, il medico palestinese dovrebbe ora far ricorso all’Alta Corte per poter rimanere in libertà, per quanto vigilata, fino al processo.

Al di là delle legittime riserve in merito alla  dissidenza repubblicana e all’antistorica pretesa di proseguire nella lotta armata (nel 1998 la New IRA si rese responsabile del criminale attentato di Omagh provocando una trentina di vittime civili) quella di Issam Hijjawi Bassalat è una situazione che richiama al rispetto per gli elementari diritti umani dei detenuti, politici e non, in attesa di processo.

Gianni Sartori