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Il governo repressivo della crisi

Quello che è successo a Roma, oggi, è davvero un brutto segnale per la già fragile democrazia italiana. Dentro il Parlamento, il governo otteneva una fiducia risicata grazie al trasformismo di parlamentare eletti, o meglio dire nominati, dal Pd e dall’Idv; per le strade di Roma, dove il centro diventa una enorme “zona rossa” per difendere l’ultima farsa del governo Berlusconi, poliziotti travestititi da robocop caricavano gli studenti, rompevano teste e imprigionavano i dimostranti.
Questa è la situazione cui ci sta portando la crisi e il perpetuarsi delle politiche neo-liberiste.
Il debito creato dalle banche e dalla insostenibilità del capitalismo sfrenato viene pagato dai più poveri, dai giovani che non potranno permettersi di andare all’università o lo potranno fare solamente indebitandosi fino al collo; dai lavoratori pubblici licenziati o con lo stipendio congelato per anni; dai cittadini comuni che vedono i servizi pubblici tagliati senza pietà.
Quello che sta succedendo è una svolta epocale. Certo, gli ultimi trent’anni ci avevano abituato alla crescente diseguaglianza, agli attacchi al welfare state, all’ingiustizia sociale. Ma la crisi finanziaria degli ultimi anni ha rimesso in discussione quel modello, basato sulla democrazia del debito. La recessione ha cambiato i parametri, non ci sono più soldi per finanziare i servizi pubblici, o almeno così ci si vuol far credere.
Quindi inizia un periodo di vere vacche magre, una riduzione dello stato sociale come mai si era visto prima, una politica economica, in Italia come nel resto d’Europa, violentemente classista, che toglie ai lavoratori per dare ai padroni.
La riforma Gelmini ne è l’esempio forse migliore, non è un caso dunque che siano stati gli studenti i primi a prendere la via della piazza, e certo altri seguiranno presto quando i tagli e le tassazioni indirette cominceranno a farsi sentire per tutti.
Si tratta della riapertura del conflitto sociale che è stato sopito per anni concedendo le briciole dell’accumulazione capitalista ai lavoratori che ora si trovano deprivati anche di quel poco e questo vuol dire che anche il sistema politico che aveva supportato quel contratto sociale diventa, tutto ad un tratto, inadeguato.
Il capitale approfittatore non può permettersi il compromesso democratico che ha caratterizzato i nostri paesi nella seconda metà del XX secolo. La diseguaglianza, la polarizzazione del reddito, la concentrazione del capitale in poche, rapaci mani deve per forza alzare il livello di repressione per contenere la rivolta sociale.
Quello che è successo a Roma è la prova generale di questo giro di vite. Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza contro studenti, precari e lavoratori, come a fine Ottocento contro le prime manifestazioni operaie.
Cariche ripetute, violentissime. Giovani studenti con la testa fracassata, altri sotto shock, mentre la polizia ha addirittura il coraggio di rivendicare le proprie azioni come auto-difesa. Certo, i manifestanti hanno reagito a questa violenza e alla blindatura della città, ma d’altronde bisogna ricordare che le forze dell’ordine li avevano una volta di più intrappolati, negandogli la possibilità di uscire dalla piazza e mettendoli effettivamente sotto sequestro. L’unica maniera per riconquistare la libertà era, naturalmente, cercare di rompere l’accerchiamento. Questo, in fondo, è quello che voleva la polizia, questo è quello che voleva il governo di Berlusconi e Maroni, che di democratico non ha nulla. La strategia è molto chiara e ricorda in maniera sempre più sinistra Genova 2001: cercare sempre e comunque il confronto con i dimostranti. Alcune scene sono molto simili: giovani studenti sdraiati a terra, indifesi, riempiti di botte e di manganellate. Formazioni a V per penetrare la folla e botte da orbi per ritirarsi data l’incapacità dei poliziotti di mantenere una formazione compatta. Il tutto approfittando di una piazza disorganizzata, fondamentalmente pacifica e solamente esasperata dalla tattiche provocatorie della polizia.
Il neo-liberismo torna alle origini, alla violenza per governare la piazza, alla repressione brutale, come si è visto oggi per le strade di Roma, quello che non si tollera è l’esercizio delle libertà democratiche, si sta dando un segnale per i prossimi mesi, quando anche altri settori della società saranno attaccati dalla crisi e dalle politiche economiche criminali del governo e dalle politiche monetarie dell’Unione Europea.
Una scena di lotta di classe nel lussuosissimo centro di Roma, una scena che vedremo sempre più spesso nel prossimo futuro. Quello cui ci dovremo abituare però, è anche il tentativo che continuerà di limitare la nostra libertà e di trasformare sempre più le nostre democrazie in stati di polizia, una degenerazione che solo un forte movimento sociale, organizzato strutturato e cosciente del suo ruolo politico può evitare.

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