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Per gli anarchici repressione senza sovversione

Caso Bezmotivny, il ricorso del pm sarà discusso davanti al Tribunale del Riesame il 6 settembre mentre quello dei difensori che chiedono di annullare tutte le misure cautelari è stato discusso ieri mattina e i giudici si sono riservati di decidere.

di Frank Cimini

“Non emergono dagli atti di indagine elementi seri e concreti che consentano di fare affidamento su una cooperazione da parte degli indagati. Anzi tale concorso di volontà non solo non è ipotizzabile ma può ragionevolmente escludersi. Si tratta di soggetti refrattari al rispetto delle regole imposte dall’autorità”.

Questo scrive il pm di Genova Federico Monotti nel ricorso contro la decisione del gip di decidere “solo” per arresti domiciliari e obblighi di dimora in relazione alla posizione degli anarchici accusati di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo per la pubblicazione della rivista Bezmotivny definita dai magistrati “clandestina” pur stando in bacheca sulla pubblica via di Carrara. Siamo in presenza di una giurisprudenza sempre più creativa che arriva a affermare che gli indagati devono cooperare con l’indagine altrimenti non risultano affidabili.

Per cui per loro ci può essere solo la custodia cautelare in carcere. Il ricorso del pm sarà discusso davanti al Tribunale del Riesame il 6 settembre mentre quello dei difensori che chiedono di annullare tutte le misure cautelari è stato discusso ieri mattina e i giudici si sono riservati di decidere. Agli atti è stata allegata una relazione della Digos sull’ultimo numero della rivista che è praticamente stata chiusa con l’esecuzione delle misure cautelari. La polizia racconta le difficoltà economiche del quindicinale emergenti dallo scambio di mail tra gli indagati per concludere: “Malgrado le difficoltà appare di tutta evidenza la ferma volontà del gruppo editoriale a proseguire nella stampa del quindicinale anarchico clandestino proseguendo nella loro idea apologetica associativa istigatoria ed esaltando sia la parte ideologica sia l’azione diretta”.

L’operazione di Genova è stata denominata dalla polizia “Scripta scelera” e questo la dice lunga sulla volontà di rispettare il principio della presunzione di innocenza come aveva annunciato l’allora ministro Marta Cartabia. Una copia del quindicinale era stata chiesta da Alfredo Cospito detenuto a Sassari. Nonostante l’ok del magistrato di sorveglianza il giornale non è stato ancora consegnato. I legali insistono.

Hanno paura lor signori insomma di un quindicinale chiuso per mancanza di soldi perché tra l’altro non tornerebbero indietro i soldi delle vendite delle copie mandate a diversi centri sociali. Mezzo secolo fa più o meno il potere costituito scatenò la repressione per un fumetto pubblicato dalla rivista Metropoli. Ma almeno il potere di allora aveva l’attenuante cosiddetta che c’era di mezzo Moro e oltre ai morti per le strade. Qui nel terzo millennio siamo alla repressione senza sovversione. Del tutto preventiva.

da l’Unità

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