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Genova G8, ultimo atto sullo scandalo della scuola Diaz

Cinquecento manifesti affissi in tutta la città mostrano la sagoma di un poliziotto del famigerato VII Nucleo Sperimentale – protagonista del sanguinario blitz alla scuola Diaz – , che delimita un mosaico di fotografie scattate quella maledetta notte del G8. Poche righe ricordano quanto accaduto sette anni fa e la prossima conclusione del procedimento di primo grado. «Genova, 21 luglio 2001. Vertice G8. L´irruzione alla scuola Diaz. 93 arresti illegali, 61 feriti, la costruzione di prove false… 29 poliziotti sotto processo. Dopo 7 anni la Procura chiede condanne per 110 anni di carcere. A novembre 2008 la sentenza». Il manifesto, che reca in rosso la sigla http://www.processig8./org, annuncia indirettamente anche l´appuntamento di domani pomeriggio (ore 17) nella Sala di Rappresentanza di Palazzo Tursi. Un incontro pubblico che porta lo stesso titolo del manifesto – “Diaz. Processo alla polizia” – e al quale parteciperanno il sociologo Salvatore Palidda, l´avvocato Laura Tartarini, un reporter inglese – Mark Covell – che è una delle 93 vittime dello sciagurato blitz, e il giornalista Massimo Calandri. Nel corso del dibattito sarà proiettata l´intervista inedita ad uno dei poliziotti che partecipò a quella che uno dei funzionari imputati – il vicequestore Michelangelo Fournier, braccio destro di Vincenzo Canterini – ha definito «macelleria messicana».La sentenza per il più delicato e scomodo tra i processi del G8 è attesa a partire dal prossimo 12 novembre, giorno in cui il tribunale presieduto da Gabrio Barone si ritirerà in camera di consiglio. Sono imputati 29 tra agenti e super-poliziotti, accusati a diverso titolo di aver picchiato persone inermi ed innocenti, di aver falsificato le prove per «giustificare» il massacro, di aver mentito dall´inizio alla fine: a cominciare dal fantomatico agguato ai danni di alcune pattuglie, per continuare con la presunta resistenza da parte degli ospiti della scuola, proseguendo con il poco credibile accoltellamento di un «celerino», fino al crescendo delle bottiglie molotov introdotte ad irruzione terminata. Alla sbarra ci sono Francesco Gratteri e Giovanni Luperi, rispettivamente a capo della Direzione anticrimine centrale e dell´ex Sisde, c´è Gilberto Calderozzi, protagonista dell´arresto di Bernardo Provenzano, ci sono gli allora capi della “Celere” romana e della Digos genovese. Tutti funzionari ai vertici del ministero dell´Interno che in questi anni, e nonostante le accuse rivolte dalla procura, hanno continuato a fare carriera. Il procedimento, in cui l´accusa è sostenuta dai pm Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini, ha generato un secondo, imbarazzante fascicolo: è quello relativo alla falsa testimonianza del vecchio questore del capoluogo ligure, Francesco Colucci, che sarebbe stato «istigato» da Gianni De Gennaro, a lungo capo della polizia. Una storia vergognosa e purtroppo infinita.
fonte: La Repubblica Genova

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