La preoccupazione della famiglia di Khaled El Qaisi, il giovane ricercatore universitario italo-palestinese arrestato dalla guardia di frontiera israeliana lo scorso 31 agosto al valico di Allenby al termine di una vacanza a Betlemme, è che in mancanza di prove la detenzione penale venga sostituita con la detenzione amministrativa, allungando i tempi dell’arresto. Quella amministrativa viene applicata dalle autorità israeliane anche in mancanza di accuse formali e di prove concrete e prevede il carcere per periodi di alcuni mesi rinnovabili a discrezione del giudice. A comunicare questi timori è stato ieri l’avvocato Flavio Albertini Rossi, legale della famiglia di Khaled El Qaisi. La detenzione amministrativa, ha spiegato Albertini Rossi, è la «Condizione giuridica nella quale si trovano altri 1200 palestinesi ristretti in carcere senza un’accusa formale, senza alcuna prova e senza poter conoscere le ragioni del loro trattenimento».

Tre giorni fa si è tenuta a Rishon Lezion l’udienza relativa alla proroga del trattenimento in carcere di Khaled. Il giudice ha deciso il prolungamento della detenzione fino al 14 settembre quando il ricercatore dovrà comparire di nuovo davanti alla corte. Durante l’udienza El Qaisi e il suo difensore locale non hanno potuto comparire insieme, perché impossibilitati per legge a vedersi e comunicare e non potranno incontrarsi quantomeno fino al 12 settembre. Si è inoltre appreso del suo trasferimento al carcere di Ashkelon.

Albertini Rossi sottolinea il «totale spregio dei diritti di civiltà giuridica operati dalla legislazione israeliana ovvero la violazione di tutele, comunemente riconosciute in Italia (art. 13-24-111 della Cost.) e in Europa (art 6 CEDU) e in seno all’ONU (artt. 9-14 Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici), la cui osservanza consente di definire un processo ‘equo’ e un arresto ‘non arbitrario’». L’avvocato spiega che al giovane ricercatore non è consentito conoscere gli atti che hanno determinato la sua custodia e la sua possibile durata. E che i motivi del suo arresto sono generici e fondati su meri sospetti.

«In considerazione dell’allarmante situazione detentiva di Khaled – conclude Albertini Rossi – e del mancato rispetto dei suoi diritti umani si chiede che si faccia tutto il possibile per ottenerne l’immediata liberazione e il suo ritorno in Italia». Nel frattempo, cresce la mobilitazione a sostegno della liberazione immediata del giovane italo-palestinese e le iniziative per sollecitare i mezzi d’informazione a riferire con continuità notizie su Khaled e il suo arresto da parte di Israele.

da il manifesto