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Fermo: Difende la moglie dagli insulti razzisti, nigeriano ammazzato di botte

Emmanuel

Emmanuel, 36 anni, è morto nel pomeriggio di mercoledi 6 luglio: era stato picchiato da un ultras della fermana, noto da tempo alle forze dell’ordine come militante neofascista.

Ridotto in coma irreversibile da due uomini italiani: la vittima si chiama Emmanuel, è un uomo nigeriano di 36 anni ed è stato brutalmente picchiato ieri a Fermo, nelle Marche, a poche centinaia di metri dal seminario arcivescovile della città, di cui era ospite. Il 36enne stava raggiungendo il centro della città insieme a sua moglie Chimiary, anch’essa malmenata ma fortunatamente non in pericolo di vita. Entrambi erano ospiti di un progetto di accoglienza gestito dalla Fondazione Caritas di don Vinicio Albanesi: erano stati accolti a Fermo dopo esser fuggiti a Boko Haram, aver attraversato il Niger e superato le violenze della Libia. Sopravvissuto alle torture e alle persecuzioni, Emmanuel è stato ridotto in coma in Italia. Gli aggressori – ancora a piede libero – sono stati riconosciuti come vicini agli ambienti fascistoidi che ruotano intorno alla curva della Fermana. A.M., quello che avrebbe colpito Emmanuel con il cartello stradale, ha un Daspo che da quattro anni gli vieta di entrare allo stadio. Le indagini sono ancora in corso e dopo la morte del 36enne il reato da aggressione per gli iqnurenti è diventato omicidio.

Don Vinicio Albanesi della Comunità di Capodarco non ha paura a schierarsi: «Mi costituirò parte civile come presidente della Fondazione Caritas in Veritate alla quale i due erano stati affidati. Noi comunque non invochiamo vendetta: chi ha commesso l’aggressione ha sì rovinato la vita del ragazzo e della sua compagna, ma anche la propria e quella della propria famiglia. L’odio porta solo odio».  “Chimiary è molto agitata  ha chiesto di rivederlo, nell’attesa è svenuta. Dicono una crisi di nervi. Ci hanno chiesto l’espianto degli organi. E’ da valutare perché non ci sono documenti e familiari che possono dare il consenso se non la sua compagna”. conclude Don Vinicio Albanesi

Emmanuel sarà sepolto al cimitero di Capodarco, sempre per intercessione della fondazione di don Albanesi.

Emmanuel e Chimiary si erano sposati in Italia 5 mesi fa

Cinque mesi fa Emmanuel e Chimiary erano stati informalmente sposati proprio da don Vinicio Albanesi presso una chiesa della cittadina marchigiana: per i due era stato il coronamento di un sogno, dal momento che avrebbero voluto convolare a nozze proprio in Nigeria prima che le violenze e le persecuzioni li costringessero a fuggire. I due decisero di sobbarcarsi la traversata anche perché in attesa di un figlio: desiderosi di garantirgli un futuro migliore si misero in cammino, ma le cose non andarono come speravano. Chimiary, come raccontò mesi fa l’agenzia stampa Redattore Sociale, perderà il bambino proprio a causa delle percosse subite in uno di quei lager dove i migranti sono costretti a restare alla mercé di aguzzini senza scrupoli.

Le modalità dell’aggressione: Emmanuel picchiato con un palo e preso a calci quando era a terra

Emmanuel e Chimiary erano da poco usciti dal seminario e, nel pomeriggio di ieri, si stavano recando verso il centro di Fermo per acquistare una crema idratante: la coppia si è imbattuta in due italiani, già noti alle forze dell’ordine per la loro appartenenza alla tifoseria della fermana e ad ambienti dell’estrema destra. Secondo la ricostruzione della donna, uno dei due avrebbe iniziato a insultarla con epiteti razzisti arrivando anche a strattonarla e suscitando la reazione di Emmanuel. Ne sarebbe scaturita una rissa: uno dei due aggressori ha estratto con un palo della segnaletica estradale e l’ha usato per colpire Emmanuel alla testa. Una volta a terra, sempre secondo il racconto di Chimiary, il compagno sarebbe stato colpito ripetutamente. Soccorso dai vigili e da un’ambulanza le condizioni del 36enne nigeriano sono apparse subito disperate.

“Una provocazione gratuita, a freddo – ha spiegato oggi in conferenza stampa don Vinicio Albanesi -. Ci costituiremo parte civile, nella veste di realtà a cui i due ragazzi sono stati affidati”. Sono 124 i profughi accolti nella struttura del seminario di Fermo, tra cui 19 nigeriani. Non solo: “Per questa sera abbiamo già organizzato una veglia di preghiera. Vogliamo pregare e chiedere perdono per non aver saputo proteggere e accogliere una giovane vita, sfuggita al terrore per trovare poi la morte in Italia”.  E ancora, il parroco punta lancia accuse precise: “Ci sono piccoli gruppi, di persone che si sentono di appartenere evidentemente alla razza ariana! Fanno capo anche alla tifoseria locale e secondo me si tratta dello stesso giro che ha posto le bombe davanti alle nostre chiese”.

Davide Falcioni da Fanpage

Comunicato di denuncia del CSOA Officina Trenino di Fermo

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato denuncia del CSOA Officina Trenino.

Nel primo pomeriggio del 5 luglio, a Fermo, a pochi passi da Piazza del Popolo,
viene aggredito di fronte alla moglie, Emmanuel, richiedente asilo fuggito dalla Nigeria e dalle persecuzioni di Boko Haram. Il motivo dell’aggressione è evidente: la sua compagna viene chiamata scimmia, l’uomo si volta e inizia l’aggressione, gratuita, verbale infine fisica e devastante.
L’uomo cade a terra sotto reiterati colpi di spranga ed entra subito in coma, ma la violenza continua con calci e pugni, tanto che la parte destra della testa e del corpo di Emmanuel è completamente tumefatta. Il giorno dopo il giovane viene dichiarato clinicamente morto.
Ironia della sorte, fuggito dalle bestie fasciste dell’isis, viene ucciso dalle bestie fasciste indigene: bianche, poco “ariane” ma ben inserite nel contesto sociale della città.
La notizia viene fatta trapelare il giorno successivo, per decisione della struttura in cui la coppia era ospitata, della prefettura e del commissariato, questo per evitare rivolte degli altri richiedenti asilo.

Gli assassini sono in due e sono a piede libero:

Uno dei due è legato a doppio filo con l’estrema destra, lo ricordiamo in prima fila al tentativo di comizio di Matteo Salvini a Porto San Giorgio, lo conosciamo anche come personaggio tollerato negli ambienti della curva fermana. Si sa come vanno le cose oggi, due braccia forti e una voce in più per un coro, fanno sempre comodo, non importa se sei nazista, questa non è più una pregiudiziale, almeno nell’ambiente fermano dello stadio di oggi. La narrazione lo vuole anche sotto il palco lo scorso anno, esultante per l’elezione dell’attuale giunta fermana: in quell’occasione esultarono un pò tutti, sia a destra, sia a sinistra, ma questa è un’altra storia. Dell’altro personaggio nulla si sa, su Fermo in queste ore è scesa una cappa densa di omertà , non ci sono testimoni alle 14,30 in pieno centro.
Quindi i due fenomeni in questione sono tutt’ora incredibilmente a piede libero. Stranezze e barbarie della tranquilla e pacata provincia.
I neofascisti fermani:
L’ambiente neofascista fermano è relativamente giovane, ma perfettamente integrato nel tessuto sociale della città: c’è una sede studentesca a Fermo e forti legami con Ascoli, un manipolo di “bravi” ragazzi utili all’ipocrisia di chi ora si sveglia di colpo e dice che “qui”, queste cose non devono accadere e anzi, non sono mai accadute. Ne siamo sicuri?
Non serve un libro di storia per ricordare Kadar a cui fu spaccata la testa dopo essere stato apostrofato come “sporco negro”, sempre a Fermo e da un gruppo di ultrà; e come dimenticare Mustafà e Avdyl, che furono uccisi dal proprio datore di lavoro, imprenditore fermano, per aver preteso la paga che gli spettava. Senza contare le intimidazioni ai danni di studenti e militanti passate in sordina come ragazzate, mezze risse o come dice oggi il sindaco di Fermo: “frizioni, tensioni e umori tra fazioni che nella nostra città non esistono”.
L’omicidio del 5 Luglio, rappresenta il prodotto di questo atteggiamento di tolleranza verso la xenofobia, uno stomachevole perbenismo verso il razzismo, che ormai non è più il cuore pulsante solo delle zone periferiche metropolitane o dei grandi agglomerati urbani, ora tutto questo appartiene anche alla nostra tranquilla provincia, ora sono qui.
Ma ci siamo anche noi, che lottiamo per restare umani.

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