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Caso Rasman, l’ipotesi del cordino attorno al collo

Riccardo Rasman, il giovane morto nella sua casa di via Grego 38 a Borgo San Sergio nel 2006, per la cui tragica vicenda i tre poliziotti Mauro Miraz, Maurizio Mis e Giovanni De Biasi sono stati condannati in appello a sei mesi per omicidio colposo, sarebbe stato strangolato con un cordino stretto attorno al collo e alla bocca.
Per questa ipotesi – che lascia intravvedere anche l’accusa possibile di omicidio preterintenzionale e che è suffragata da alcune perizie medico legali – ieri il giudice Luigi Dainotti ha disposto un supplemento dell’indagine a carico dei vigili del fuoco Marino Sisti e Vanni Sadocco, che parteciparono all’intervento degli agenti della squadra volante. In pratica il giudice Dainotti, nell’accogliere parzialmente l’opposizione alla richiesta di archiviazione degli avvocati Giovanni Di Lullo e Claudio Defilippi che assistono la famiglia Rasman nella sua battaglia, ha ordinato al pm Pietro Montrone di disporre un accertamento tecnico su un pezzo di corda trovato nella casa di Rasman. Questo per verificare se vi siano tracce del dna dell’uomo. In questo caso sarebbe confermato che Rasman era stato non solo legato ai piedi e alle mani come emerso nel processo a carico dei poliziotti, ma anche da una corda che appunto lo ha stretto mortalmente al collo e al volto impedendogli di respirare.
Le perizie effettuate sulle immagini del cadavere scattate subito dopo il fatto hanno evidenziato un ematoma di forma rettilinea e a livello delle guance una ecchimosi continua e netta che partiva dalle labbra senza interruzione fino a livello dei lobi auricolari. Questo cordino (conservato in una busta di nylon all’ufficio reperti del tribunale) avrebbe insomma contribuito in maniera determinante alla morte di Rasman causando il decesso per asfissia.
Ma c’è di più. Un altro elemento che sarà oggetto degli accertamenti disposti dal giudice potrebbe raccontare altri particolari sull’agonia del giovane. Rasman non solo era stato legato mani e piedi e poi forse al volto con il cordino. Ma per tenerlo fermo sarebbe stata utilizzata una sedia che gli era stata piazzata praticamente sopra allo scopo di ulteriormente immobilizzarlo. Sulla sua schiena infatti – così hanno raccontato le fotografie – sono state trovate alcune ferite da oggetto tondeggiante. E proprio in quella casa era stata segnalata negli atti la mancanza di una sedia. «È evidente che non ci si possa esimere dall’effettuare ulteriori indagini riguardo la responsabilità dei due vigili del fuoco che sicuramente si trovavano sul luogo del delitto ed hanno contribuito pacificamente all’ammanettamento», si legge nell’istanza accolta parzialmente dal giudice Dainotti. E poi ancora: «I vigili spontaneamente hanno preso l’iniziativa di utilizzare un cordino per legare le caviglie ed avrebbero pertanto potuto prendere ogni altra iniziativa esorbitando dalla propria funzione».

Comments ( 3 )

  • Anonymous

    Quando la verità non si può più nascondere ,le responsabilità da uomini delle istituzioni che paghiamo noi hanno fatto una cosa assurda…senza pietà … dove avevano la testa quella sera … invece di soccorerlo salvarlo lo hanno massacrato inventandosi una motivazione senza fondamento è stata solo una scusa per buttare giù la porta per colpirlo con lo stesso atrezzo il piede di porco…

  • giuliana

    Quando la verità non si può più nascondere ,le responsabilità da uomini delle istituzioni che paghiamo noi hanno fatto una cosa assurda…senza pietà … dove avevano la testa quella sera … invece di soccorerlo salvarlo lo hanno massacrato inventandosi una motivazione senza fondamento è stata solo una scusa per buttare giù la porta per colpirlo con lo stesso atrezzo il piede di porco…

  • A Trieste la vita umana vale poco. Ma il sistema mediatico non lascia trapelare niente.
    Però un po’ per volta la verità viene a galla grazie all’indomita perseveranza della famiglia Rasman.
    http://goo.gl/spT0i

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