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Campi rom incendiati a Ponticelli. Proteste contro i rom

Assalti ai campi rom, lanci di molotov, insulti, così ieri i cittadini di Ponticelli, nella periferia orientale di Napoli, hanno reagito al presunto tentato rapimento di una bambina di sei mesi da parte di una giovane rom. Ed era solo l’inizio. Nel primo pomeriggio di oggi, alcune baracche del campo di via Malibran, abbandonate nella notte dai rom, sono state incendiate dai cittadini di Ponticelli. L’intero campo è andato in fumo. Poco dopo seguito da quello in via Argine, poche decine di metri più in là e da quello di via Ville romane, nel quartiere Ponticelli. E non si placa la protesta a Ponticelli: la gente è scesa di nuovo in strada e tra le urla e le minacce: «Voi spegnete questi incendi ma noi li riaccenderemo». Per rispondere alle derive razziste e al rischio di aggressioni, dopo che un rom è stato accoltellato sabato sera e diversi altri minacciati o che ieri mattina due donne sono state aggredite e allontanate in malo modo mentre facevano la spesa in un supermercato di via Argine a Ponticelli, il prefetto di Napoli, Alessandro Pansa, ha convocato questa mattina un tavolo di concertazione, al quale hanno partecipato regione, provincia, comune, forze dell’ordine e diverse associazioni tra cui la Caritas, l’Opera nomadi e la cooperativa Dedalus, il Comitato pro rom e l’Associazione chi rom chi no.
Il prefetto Pansa ha esordito dicendo che l’intolleranza scatenata dal presunto rapimento – sul quale le indagini sono in corso – non può essere lasciata gestire alla criminalità organizzata come è accaduto altre volte. Intanto tra i rom si è diffusa la paura, dei sei campi di Ponticelli, solo due resistono, gli altri si sono svuotati e i loro abitanti se ne sono andati verso Casoria, Giuliano o in altri territori. Gli ultimi due campi ancora abitati da circa centocinquanta persone, protette dalle forze dell’ordine, sono stati abbandonati per paura della vera e propria caccia alle streghe. Alloggiano momentaneamente nel campo di via Santa Maria del Pianto.
La riunione in prefettura mirava proprio a trovare una sistemazione provvisoria per queste persone, già da questa sera, per evitare altri attacchi. Ma l’assenza del rappresentante del comune, arrivato alla riunione con forte ritardo, ha reso necessario la convocazione di un secondo tavolo, questa volta prettamente istituzionale, per individuare un’area. Le associazioni hanno anche interpellato prefetto e istituzioni su come gestire la situazione nel medio periodo. «Spesso i tavoli di concertazione vengono proprio bloccati dalle istituzioni locali che temono di perdere consensi elettorali – spiega Andrea Morniroli della cooperativa sociale Dedalus – Abbiamo chiesto che il confronto continui con le istituzioni per individuare microaree, sparse nel territorio napoletano, dove sia possibile avviare un reinserimento abitativo e professionale dei rom. Che i campi non siano una soluzione lo sappiamo tutti, ora si tratta di riprendere un percorso».
Sulla vicenda di Ponticelli, il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha dichiarato: «Il lassismo può generare la cultura della giustizia fai da te, non l’allarmismo». Poi ha aggiunto di esser contrario alla giustizia «fai da te» ma insistendo sul fatto che «la cultura della legalità deve essere senza condizioni». Se lo stato, secondo Alemanno, non garantisce la sicurezza, il cittadino «è costretto a difendersi da solo». «Prima la legalità–ha concluso Alemanno–poi la solidarietà». Parole che saranno sicuramente riprese domani dal «Movimento società civile–Chiaia per Napoli», vicino al Pdl, che ha organizzato una conferenza stampa su «Sicurezza ed emergenza Rom: più Stato sul territorio». Lo stesso giorno, le Reti antirazziste napoletane promuovono una manifestazione di solidarietà con il popolo rom e contro « chi specula sulle paure sociali per sostenere i propri interessi [come gli interventi di edilizia privata previsti nelle aree dei campi rom di Ponticelli, i cui cantieri devono aprire in agosto…]», per chiedere politiche di accoglienza abitativa nei confronti del popolo rom.

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