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Blitz anti-droga ad Alba Adriatica, carabiniere uccide un tunisino

“Io non lo volevo ucci­dere”. Così ha detto il brigadiere che, durante un’operazione anti­droga andata in scena nella serata di gio­vedì ad Alba Adriatica, ha sparato a un tunisino di 37 anni. L’ha colpito alla gamba destra, ha centrato in pieno l’arteria femorale e l’uomo è morto in pochi istanti.
È successo sul lungomare della cittadina abruzzese, in un palazzone da 56 piani, grigio e brutto come tutta l’edilizia turistica della zona: secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, due carabinieri avrebbero fatto irruzione nel tardo pomeriggio trovando ad attenderli Akim Hadyj, che appena li ha visti ha cominciato ad agitare un coltello dall’uscio semia­perto, il carabiniere comunque sarebbe riuscito ad evitare tutti i colpi «grazie alla sua prontezza di riflessi», si legge nella nota diffusa dai militari, rimediando solo una ferita superficiale alla mano. Poi il colpo di pistola, sparato da una parte all’altra della porta. Hadyj è caduto giù in un lago di sangue e sono bastati pochi secondi per­ché il suo cuore smettesse di battere. L’altro uomo che era in casa con lui, intanto, ha fatto in tempo a scappare, dentro la casa sono stati ritrovati 150 grammi di eroina già tagliata confezionati in bustine da 5 grammi.
Il fascicolo che vede il carabiniere indagato per «eccesso colposo di legittima difesa» è affidato al sostituto procuratore di Teramo Davide Rosati. La prima cosa che si aspetta è il risultato dell’autopsia sul corpo di Hadyj. Intanto, da una prima analisi balistica, risulta che il colpo mortale sarebbe stato sparato dall’alto verso il basso, da una parte all’altra della porta d’ingresso dell’appartamento. Anche se è stato un carabiniere a sparare, l’indagine è comunque stata affidata al nucleo investigativo dell’Arma di Teramo, e l’interrogatorio del brigadiere è andato già in scena la notte scorsa. Lui ha confermato la sua versione dei fatti, premettendo: «Io non lo volevo ucci­dere». E questo è probabile, il fatto che il colpo sia par­tito dall’alto vuol dire che effettivamente stava mirando alle gambe, ma resta da spiegare per­ché abbia deciso di fronteggiare con una pistola un uomo armato di coltello.
Le indagini, però, non si stanno concentrando tanto sull’omicidio, quanto ancora sul giro di droga. E’ aperta la caccia al complice di Hadyj: sulle scale e all’ingresso del palazzo, i carabinieri hanno tro­vato alcune impronte insanguinate. Sarebbero le sue, prima di scappare ha abbracciato l’amico ferito a morte che giaceva per terra, poi avrebbe travolto il carabiniere sulla porta e si sarebbe precipitato giù per le scale a gran velocità.
Si cercano testimoni, come gli altri inquilini del palazzo che hanno sentito lo sparo e potrebbero aver visto qual­cosa, e al vaglio passeranno le telecamere di sicurezza installate nei dintorni. Oltre ai testimoni, si cercano anche i parenti della vittima. Un particolare non secondario visto che l’autopsia è considerato un esame «irripetibile» e, quindi, per essere ammessa come prova all’eventuale processo è necessario che ad assistere siano entrambe le parti in causa.
Il resto è tutto una questione di dinamica: bisogna capire quando è partito il colpo e, soprattutto, perché il blitz anti­droga sarebbe stato condotto soltanto da due agenti, numero piuttosto esiguo se si considera che non avevano idea di chi e di che cosa avrebbero trovato nell’appartamento. Tutte domande che il pm Rosati ha comunque segnato sul suo taccuino: l’indagine è appena all’inizio.

Mario Di Vito da il manifesto

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