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Belluno: detenuto s’impicca nel bagno della cella, la notizia trapela solo dopo 4 giorni

Un giovane detenuto tunisino si e’ impiccato martedì’ scorso, nel bagno della cella, nel Carcere di Baldenich a Belluno, ma la notizia trapela solo dopo 4 giorni’. Ci sono voluti quattro giorni perché’ qualcosa trapelasse dalla cortina di silenzio che purtroppo a volte cela ciò’ che accade all’interno delle carceri italiane. La vittima e’ un giovane tunisino (di cui ancora non sappiamo il nome), trasferito di recente a Belluno da un altro carcere.
Da inizio anno sono “morti di carcere” 123 detenuti (44 per suicidio) e 8 poliziotti penitenziari

Il detenuto avrebbe approfittato dell’assenza dei compagni per compiere il gesto estremo. L’hanno trovato nel primo pomeriggio, al rientro in cella: per togliersi la vita ha usato la cintura dell’accappatoio, fissata a una grata del bagno. Quando e’ scattato l’allarme oramai non c’era più’ nulla da fare. Il medico del Carcere, intervenuto tempestivamente, non ha potuto far altro che constatare il decesso. Pare che a turbare il detenuto sia stato un recente avviso di garanzia ricevuto proprio in carcere.
A denunciarlo sarebbe stato un suo stretto parente. Forse la preoccupazione di doversi difendere in un processo con accuse pesanti o la disperazione per un futuro incerto potrebbe aver influito sul suo stato psicofisico tanto da indurlo al gesto estremo.
La direttrice della Casa Circondariale di Baldenich, da giugno alla guida del carcere, la dottoressa Tiziana Paolini, si limita a confermare il suicidio, senza però entrare nel merito della vicenda, sulla quale la Procura della Repubblica di Belluno ha disposto gli accertamenti di rito. Nella notte successiva al suicidio, un altro detenuto magrebino ha cercato di farla finita, sempre nella stessa cella e con le stesse modalità’ del tunisino.
In questo caso, pero’, gli Agenti di Polizia Penitenziaria si sono accorti delle intenzioni suicide del detenuto e sono riusciti a intervenire, sventando il gesto estremo. Anche in questo caso, sul tavolo del sostituto procuratore di turno è arrivato un dettagliato verbale dalla direzione del carcere.
IL TRAGICO BILANCIO DEL 2012
44 suicidi, 29 morti per “cause da accertare”, 1 per sciopero della fame, 1 ucciso dal compagno di cella, 2 stroncati da overdose di farmaci e droghe, altri 46 deceduti per “cause naturali”: in totale 123 detenuti hanno perso la vita nelle carceri italiane da inizio anno.
Età media, 38 anni. 5 le donne (di cui 4 suicide), 38 in totale gli stranieri. Ma le vittime si contano anche tra le fila del Polizia Penitenziaria: 8 poliziotti si sono uccisi e un altro, Stefano Paba, 41 anni, è morto mercoledì scorso asfissiato dal fumo nella caserma del carcere di Biella.
UNA CORTINA DI SILENZIO…soprattutto quando muoiono detenuti stranieri

È successo martedì scorso, ma ci sono voluti quattro giorni perché qualcosa trapelasse dalla cortina di silenzio che purtroppo a volte cela ciò che accade all’interno delle carceri italiane.

La vittima è un giovane tunisino (di cui ancora non sappiamo il nome), trasferito di recente a Belluno da un altro carcere. Il detenuto avrebbe approfittato dell’assenza dei compagni per compiere il gesto estremo. L’hanno trovato nel primo pomeriggio, al rientro in cella: per togliersi la vita ha usato la cintura dell’accappatoio fissata ad una grata del bagno. Quando è scattato l’allarme, oramai, non c’era più nulla da fare. Il medico del carcere, intervenuto tempestivamente, non ha potuto far altro che constatare il decesso.

Nella notte successiva al suicidio, un altro maghrebino ha cercato di farla finita, sempre nella stessa cella e con le stesse modalità del tunisino. In questo caso, però, gli agenti di polizia penitenziaria si sono accorti delle intenzioni suicide del detenuto e sono riusciti ad intervenire, sventando il gesto estremo.

IN 12 ANNI OLTRE 2000 VITTIME
Dal gennaio 2000 ad oggi sono 2.056 i “morti di carcere”, di cui 736 per suicidio, 12 vittime di omicidi, 30 per overdose. In oltre 1.500 casi la magistratura ha aperto fascicoli per accertare la realtà dei fatti e le indagini nella stragrande maggioranza dei casi attribuiscono le morti a “cause naturali”, oppure a “suicidio”. Ma alcuni procedimenti sono ancora in corso, come quello sulla morte di Marco Erittu, nel carcere di Sassari (2007). Dapprima fu archiviata come “suicidio”, finché altro detenuto si autoaccusò di averlo ucciso “su commissione”, con la complicità di alcuni agenti di polizia penitenziaria, perché non svelasse segreti della “anonima sequestri sarda”.
fonte: Ristretti Orizzonti

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