«C’è una stima dei costi per la sicurezza di 60 milioni di pesos, e questo sarà il conto che presenteremo alle organizzazioni sociali»: in Argentina, dopo la prima manifestazione contro il neo-presidente Javier Milei e il suo mega-decreto di privatizzazioni e deregolamentazioni, questa è la soluzione del governo per cercare di reprimere i moti di piazza. La dichiarazione è del portavoce del presidente Milei, Manuel Adorni, ma la scelta è della sua ministra dell’interno Patricia Bullrich, l’ala più a destra della compagine selezionata dal Loco Milei.

Alla quotazione odierna dello svalutatissimo peso argentino, 60 milioni sono circa 75mila dollari, comunque una cifra enorme per i milioni di argentini che vivono del sussidio sociale, e per qualsiasi organizzazione sociale nella lista delle 14 a cui il governo pensa di passare la fattura: tra loro la principale è Polo Obrero, ma molte delle altre sigle citate, a quella manifestazione non hanno neanche partecipato.

Quella di reprimere i cortei con ogni mezzo è una caratteristica del nuovo corso argentino, che somiglia molto a quello vecchio della dittatura, (per ora) senza sangue.

I cortei incriminati sono quelli dell’altro giorno a Buenos Aires, in cui per tutto il giorno altoparlanti orwelliani hanno diffuso le nuove norme anti-piquete (i blocchi stradali) davanti alle stazioni di treni e bus in cui arrivavano i manifestanti.

Una delle nuove misure targate Bullrich è quella di togliere il sussidio sociale a chi blocca il traffico, imponendo di camminare solo sui marciapiedi, e telecamere hanno ripreso i cortei in tutto il centro. Sugli impoveriti argentini, la minaccia sembra aver funzionato: solo 35 persone sono state filmate mentre bloccavano strade. «Li identificheremo per togliere loro il sussidio», ha detto Bullrich.