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Amnesty: «Piano nomadi sbagliato Stop agli sgomberi forzati dei rom»

Quella dei rom «è una situazione terribile». Al campo – abusivo – di via Marchetti e poi al campo – legale – di via Candoni, l’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu Navy Pillay vede con i propri occhi quello che decine di dossier raccontano da anni ovvero le spaventose condizioni di vita dei rom in Italia.
A via Marchetti, soprattutto, Pillay ha avuto l’impressione di trovarsi catapultata «in uno dei paesi più poveri» del mondo: baracche, topi fango, povertà, pochissima igiene. Ed è tornata a criticare la paranoia securitaria del governo e della maggioranza di centrodestra, colpevoli di vedere rom e migranti come problemi di ordine pubblico e non come esseri umani da integrare. Sarà per questo motivo che la rappresentante delle Nazioni Unite, dopo l’incontro con Maroni, Alfano e Frattini, elogia unicamente la visione di Gianfranco Fini che, durante la chiacchierata, ha parlato di scuola e cittadinanza per gli stranieri.
Nel secondo dei due giorni di visita in Italia, Pillay ha toccato tutte le tematiche, compreso l’inserimento delle donne nel tessuto decisionale e produttivo: «I Paesi in via di sviluppo stanno facendo meglio dell’Italia». Un’altra pesantissima critica dopo che, mercoledì, si era detta «preoccupata dello stato di diritto» nel nostro Paese a causa degli attacchi di Berlusconi alla magistratura.
Tornando ai rom, l’Alto commissario non ha risparmiato critiche al Piano nomadi del sindaco Alemanno e del prefetto Pecoraro, che prevede la chiusura di decine di campi abusivi: «trasferire» i rom « non è una soluzione adeguata» perché vengono espulsi nelle periferie, lontano dai servizi, con poche possibilità di mandare i figli a scuola.
Sono esattamente le stesse conclusioni alle quali perviene Amnesty International che giusto ieri ha chiesto alle autorità italiane, Alemanno in primis, di fermare gli sgomberi forzati dei cosiddetti nomadi – che nomadi non sono. «Il Piano nomadi è una risposta sbagliata» perché vìola il diritto all’alloggio dei rom, dice Amnesty che lancia una campagna per i diritti di questa etnìa sottoposta a continue vessazioni. Il Piano nomadi di Roma, ormai a regime, prevede la riduzione da cento a tredici campi autorizzati e coinvolge 6mila dei 7200 rom censiti. L’associazione internazionale, però, afferma che nella Capitale vivono almeno 10-12mila rom «e dunque dove andranno a finire le persone escluse dal Piano?».
Da quando è entrato in vigore, spiega l’esperto sull’Italia Ignacio Jovtis, centinaia di “nomadi” sono stati sgomberati più volte e costretti a trovare un rifugio di fortuna, senza la possibilità di una alternativa. Il diritto internazionale prevede che tutte le persone interessate sappiano di un imminente sgombero «ma questo non è avvenuto e anche questa è una violazione dei diritti umani».
Il Piano è una risposta sbagliata soprattutto perché considera i rom per quello che non sono, e cioè nomadi: in realtà la stragrande maggioranza sogna un alloggio sicuro e la possibilità di continuare a vivere a Roma, città nella quale molti sono nati. «L’Italia deve fornire delle soluzioni alternative di alloggio diverse dai campi, come l’accesso all’edilizia popolare», ora difficile perché le graduatorie contemplano soltanto la possibilità di venire sfrattati da un alloggio ufficiale, non da un campo magari abusivo. Quel che è peggio «è che soltanto alcune famiglie sono state consultate» dal Campidoglio e dalla Prefettura, e come risultato un numero altissimo di rom non sa nemmeno di far parte di un Piano nomadi: «Finché la comunità non verrà inclusa nelle decisioni, ogni progetto è destinato a fallire», conclude Amnesty.
Il timore è che il Piano messo a punto da Alemanno possa venire presto copiato da altre amministrazioni come Milano, dove da mesi vengono sgomberati centinaia di rom, senza alternative.
Alla presentazione della campagna c’erano anche alcune persone dei campi. Come Giuliano, residente a Tor de’ Cenci da sempre, campo autorizzato e monitorato dalle forze dell’ordine: «Eppure lunedì verranno a prenderci per la fotosegnalazione e per le impronte digitali». Prenderanno le impronte anche a sua figlia, quindicenne, ottima studentessa e cittadina italiana: «Ci vogliono spostare a Castel Romano ma noi non vogliamo andare così lontano».
Dissente Najo Adzovic, rappresentante dei rom del Casilino 900, ora demolito: «Alemanno è stato il primo sindaco in quarant’anni a venire a vedere come vivevamo per cercare una soluzione». Poi un affondo alle associazioni, come Arci e Opera Nomadi, che da sempre assistono i rom: «Cosa hanno fatto per l’integrazione? Hanno vissuto sulle nostre spalle».
Proprio Sergio Giovagnoli dell’Arci ha ricordato che una legge regionale del Lazio impedisce di creare campi attrezzati che ospitano più di 250 persone. A via Candoni sono già 600. E della protezione umanitaria promessa ai rom slavi impossibilitati ad ottenere la cittadinanza perché senza documenti del Paese di origine, per ora nessuna traccia.

fonte: Liberazione

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