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Amnesty boccia l’Italia. Rapporto 2010, il nostro paese finisce nel mirino dell’organizzazione umanitaria

Il rapporto 2010 di Amnesty International ci restituisce una sconfortante fotografia sullo stato dei diritti umani nel mondo (sono circa 160 i paesi in cui vengono praticate torture e maltrattamenti). Una collezione di abusi, violenze, e violazioni delle più elementari regole democratiche che si arricchisce di nuovi allarmanti scenari. Ad esempio la Thailandia, con la recente repressione del movimento delle “Camicie rosse”, annichilito dalla polizia di Bangkok. O il Sudan, con il presidente Bashir colpito da un mandato di cattura internazionale per genocidio e di fatto protetto dai burocrati dell’Unione africana (Ua). Sul fronte mediorientale, e nello specifico sull’eterna questione israeliano palestinese, le critiche sono a 360 gradi. Bocciata naturalmente la politica di Tel Aviv per l’embargo sulla Striscia di Gaza, definito «una punizione collettiva che ha approfondito la crisi umanitaria». Israele criticata aspramente anche per l’atteggiamento mantenuto nei confronti della Commissione di inchiesta delle Nazioni Unite sulla Operazione Piombo Fuso. Note di biasimo anche per Hamas e l’Anp a causa degli arresti arbitari e le sevizie subite in carcere dai detenuti, senza escludere l’escalation di esecuzioni capitali a Gaza e in Cisgiordania: dove «il sistema giudiziario rimane molto problematico». Amnesty poi chiede ai paesi che non riconoscono la Corte penale internazionale (Cpi) di cambiare atteggiamento. Si tratta di uno schieramnto trasversale che vede “uniti nella lotta” Stati tra loro in conflitto, come gli Usa, Cuba, Israele, India, Cina, solo per citare i casi più importanti. Particolare attenzione merita il capitolo consacrato all’Italia, ancora una volta finita nel mirino dell’organizzazione umanitaria. Su tutti domina il caso di Stefano Cucchi, pestato e ucciso dalla polizia senza che i colpevoli siano stati chiamati a rispondere degli abusi commessi.
«Seguiremo con interesse e attenzione la vicenda di Stefano Cucchi. Il suo caso si inserisce in un quadro insoddisfacente per quanto riguarda l’attenzione dell’Italia alla tutela dei diritti umani», ha spiegato detto Giusy D’Alonzo, la relatrice di Amnesty che ha analizzato il caso italiano . «In Italia – ha aggiunto – non c’è un garante dei detenuti che, ad esempio, possa effettuare visite senza preavviso. Non abbiamo organismi di tutela dei diritti umani che siano indipendenti. Ma il vero problema, in casi come quello di Cucchi o come quello di Federico Aldrovrandi, morto nel 2005 per le percosse di agenti, di Aldo Bianzino, deceduto in carcere a Perugia, le famiglie sono lasciate sole e si vedono costrette a far partire autonomamente le indagini». Bacchettate anche per i respingimenti di immigrati.
L’Italia, ricorda inoltre il rapporto, «non ha ratificato il Protocollo Opzionale che introduce il reato di tortura e di maltrattamenti, inoltre manca una struttura indipendente per il monitoraggio sui diritti umani e un organismo altrettanto indipendente sugli abusi di polizia».
Stizzita la replica del ministro degli Esteri Frattini, il quale si è espresso come farebbe un dittatorello di un qualsiasi Stato delle banane: «E’ un rapporto indegno, le nostre forze dell’ordine ogni giorno salvano molte vite umane», ha detto da Caracas il capo della nostra diplomazia.

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