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Allarmismo, stato d’eccezione, eterogenesi della democrazia e tanatopolitica: la sperimentazione con il Covid19

Riprendo qui solo alcune considerazioni tralasciando quanto già pubblicato su Médiapart il 24 febbraio scorso. Dall’inizio dell’allarme per l’epidemia e/o pandemia (secondo le diverse interpretazioni), sono stati pubblicati molti articoli. Fra i tanti quelli che mi sembra meritino attenzione riguardano senza dubbio la critica alla gestione dell’evento per scatenare paura, paranoia, allarmismo a volte esasperato, se non uno stato d’eccezione: oramai una tendenza abituale della governance liberista che sfrutta a tale scopo ogni emergenza reale o gonfiata (e questo vale anche per i terremoti in Italia da quello dell’Irpinia sino a quello più recente). Si approda così a ciò che gli amici di Cultures&Conflits chiamano lo stato d’urgenza permanente, che autorizza ogni libero arbitrio e – aggiungerei – rende ancor più facile la pratica dell’anamorfosi dello Stato di diritto democratico mostrando così come la democrazia sia approdata all’eterogenesi cioè alla distopia[1].

Ma ci sono alcuni aspetti che sono stati alquanto trascurati, ad esempio la speculazione finanziaria , con l’eccezione di una intervista di Andrea Fumagalli con Fanpage.

La speculazione finanziaria per l’epidemia o la pandemia ipotetica o realmente possibile non è solo quella che cinicamente hanno fatto i guru di questo campo, giocando sul crollo delle borse e l’aumento dello spread ecc. E’ anche quella che si ammanta di spirito “umanitario” così come è avvenuto a seguito dello tsunami del 2004 o del terremoto ad Haiti. Le popolazioni delle terre devastate non hanno ricevuto quasi nulla e vivono in una condizione ancora peggiore di prima (si veda il caso terribile di Haiti, oltre al libro di Naomi Klein). Al contrario gli investimenti nei catastrophe bonds hanno generato rendimenti difficilmente immaginabili per altri tipi di bond (vedi articolo di Mauro Bottarelli): oggi pari all’11% superiore al tasso Libor per quanto riguarda la tranche obbligazionaria più rischiosa.

Questi bond sono stati creati per “aiutare le popolazioni dei paesi colpiti” da epidemie o pandemie così come da altre catastrofi. Nel 2017, la Banca Mondiale ha emesso due tranches di catastrophe bond (o Cat-bond) per finanziare il progetto Pandemic Emergency FinancingFacility. Entrambe avevano due criteri raggiunti i quali scattava la clausola di default con la perdita di tutto l’investimento: nel primo livello, occorreva arrivare a 2.500 morti nel paese epicentro della pandemia (proclamata tale dall’OMS) più altri 20 in un Paese terzo. Nel livello della classe B, invece, il livello di morti era molto più basso: d’altronde, ad alto rendimento deve corrispondere un rischio più alto per l’investitore (da notare il rischio di questi sta in meno morti).

Ad oggi, le due tranche di bond viaggiano tranquille verso la maturazione del prossimo luglio, non essendo scattata alcuna clausola. E non si tratta di una novità, perché un precedente ci è stato offerto, non più tardi della scorsa estate, da altrettante pandemicsecurities emesse in relazione all’epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, i cui cat-bonds arrivarono infatti a 40 centesimi sul dollaro di valore facciale senza che fosse però proclamata la pandemia globale.

Risultato? I 320 milioni di obbligazioni emesse garantirono lauti guadagni ai loro detentori, nonostante gli oltre 1800 morti accertati.

Secondo alcuni, fra cui Olga Jonas, senior fellow all’Harvard Global Health Institute, la Banca Mondiale, attraverso l’emissione di quei bond,ha fatto soltanto propaganda mediatica. Volevano solo annunciare una nuova iniziativa che “impressionasse il mondo”. Più che altro che lo ingolosisse nei suoi settori più attenti alle opportunità finanziarie, visto che con i rendimenti obbligazionari di tutto il mondo ai minimi storici, l’11% di cedola appariva quasi come un’oasi nel deserto: non a caso, l’asta registrò una sovra-iscrizione del 200%, stando ai dati ufficiali forniti dalla stessa Banca Mondiale. Lo scorso luglio chi aveva scommesso sull’epidemia di Ebola è passato all’incasso dalla Banca Mondiale. In Congo, nel frattempo, si è continuato a morire (causa mancato raggiungimento del numero minimo richiesto di decessi). Come scrive Bottarelli “quando anche Bloomberg –non un blog complottista– arriva a mettere a nudo le dinamiche finanziarie quasi a chiedere implicitamente a istituzioni di livello mondiale un sussulto di dignità, il rischio che la morte si stia tramutando in fiches di un lugubre casinò appare tutt’altro che remoto o frutto di impostazione preconcetta”.

In realtà siamo davanti a ciò che Foucault chiamava tanatopolitica (il lasciar morire) e che oggi – a differenza dell’epoca pre-liberista – sembra prevalere rispetto alla biopolitica (il lasciar vivere per meglio sfruttare, far pagare tasse ecc.). E ciò anche perché i dominanti sono terrorizzati dall’aumento -secondo loro- incontrollato della popolazione mondiale che si sovrapporrebbe ai cambiamenti climatici e quindi scatenerebbe migrazioni che diventerebbero invasioni fameliche e nemici politici dei paesi ricchi.

E’ anche per questo che le “guerre climatiche” o batteriologiche immaginate da nuovi guru postmoderni rischiano di provocare qualche catastrofe anche se il boomerang di queste trovate appare molto probabile. Secondo alcuni, troppi laboratori segreti fabbricano virus che potrebbero anche non essere capaci di controllare generando pandemie.

Ma la tesi più convincente sulla nuova più alta frequenza di epidemie e pandemie presunte o reali è che l’ecosistema si è talmente degradato da provocare la diffusione di virus che prima avevano il loro spazio in ambiti naturali sufficienti che oggi sono stati distrutti,,come, ad esempio le grandi foreste(vedi articoli di Angelo Baracca, di Sonia Shahe di Mariella Bussolati).

Turi Palidda

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Articolo pubblicato anche su Effimera

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Note

[1] La presentazione in italiano dei due volumi di C&C è qui; sull’anamorfosi dello stato di diritto e l’eterogenesi della democrazia vedi pubblicazioni di Palidda

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