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A Focene per Renato. Stessa spiaggia stesso amore ma con rabbia.

Centinaia di persone ritornano sul luogo dove fu ucciso il 26enne romano e lo trasformano in uno spazio per il dolore e la riflessione. Nella piccola folla anche le madri di Carlo e Federico: «tutte queste morti sono prodotte dalla stessa cultura»

Fiori, bigliettini, poesie, parlano di rabbia e amore portati da mani senza nome o da centri sociali della capitale e cuciti sui segnali stradali come per chi muore in motorino. Ma Renato Biagetti, sono per lui tutti questi fiori, non correva in motorino. E’ stato ucciso all’alba di una domenica mattina mentre usciva da una festa reggae da qualcuno che girava in macchina con una lama. Era il 27 agosto dell’anno scorso. Un anno dopo sono venuti a centinaia ad aspettare il tramonto sulla stessa spiaggia per costruire un luogo per la memoria, il dolore e l’indignazione – spiega Valerio dell’Acrobax, cinodromo romano occupato da chi vive in bilico sulle precarietà. Renato, 26 anni, ingegnere del suono, innamorato del suono, era uno di loro. Lo striscione sul vicolo che porta alla spiaggia dice “Spezza le lame rompi l’indifferenza”, più o meno la stessa frase che al tramonto brucerà in un gioco pirotecnico su questa spiaggia schiacciata tra l’aeroporto e la foce del Tevere. Sul banchetto in distribuzione il dossier aggiornato sulla vicenda processuale e sulle aggressioni fasciste, razziste, sessiste di questo ultimo anno. Il sound system spara la colonna sonora di almeno tre generazioni. «A Renato piaceva tutta la musica», racconta Stefania, sua madre, parlando della tesi di laurea sul suono a valvole e della passione del figlio che vede rivivere nello sforzo di amici e compagni e nella battaglia di verità e giustizia che condivide con altre madri. Anche con quelle i cui figli sono state vittime della repressione o della brutalità gratuita delle forze dell’ordine. «Di fondo queste morti sono frutto della stessa cultura che chi usa vecchi arnesi come le teorie degli opposti estremismi vuole coprire», dice a “Liberazione” Haidi Giuliani, la mamma di Carlo venuta qui con Maria Iannucci, la sorella di Iaio, ucciso in un agguato fascista 29 anni fa a Milano con Lino e Patrizia i genitori di Federico Aldrovandi. Un reading a due voci, ripercorre la storia di Renato, e la lunga teoria di aggressioni che hanno per teatro pezzi di periferie degradate come questo budello di sabbia e cemento abusivo sanato dalle sanatorie. Quella notte con Renato c’era il suo amico Paolo, quattro anni più grande, ferito anche lui ma più lievemente. Ogni tanto c’è tornato su questa spiaggia. Parla del processo, si è appena concluso quello di primo grado contro il maggiorenne dei due accoltellatori che è stato condannato a 15 anni. «La pena ci interessa poco – spiega Paolo – volevamo il processo per dare dignità alla nostra storia ma il rito abbreviato (che esclude le testimonianze) ha sminuito la nostra sete di verità». L’inchiesta ha presentato più ombre che luci a partire dalla gestione fatta dai carabinieri, colleghi del padre di uno dei due imputati che abitano a pochi metri dal luogo del delitto. Già dai primi istanti si provò a veicolare la tesi di una rissa tra balordi per occultare un delitto maturato in un ambiente saturo di atteggiamenti e valori fascistoidi. Anche le istituzioni sono state latitanti nel caso Biagetti. «E oggi la loro scarsa sensibilità sembra confermarsi», spiega Massimiliano Smeriglio, deputato e segretario romano del Prc, osservando una spiaggia piena di ragazzi ma senza rappresentanti istituzionali se non i soliti amministratori e dirigenti di Rifondazione. Spiega anche Adriana Spera, consigliera capitolina Prc, che «i viaggi ad Auschwitz (quelli promossi da Veltroni) non bastano perché coinvolgono solo pochi ragazzi, la futura “intelligenzia”. Comune e ministero della Pubblica istruzione potrebbero fare molto di più con progetti meno dispendiosi e più diffusi che valorizzino i luoghi della memoria a Roma». «E fuori dalle scuole, è necessario, più in generale, che vengano rilanciate le lotte sociali per ricostruire un tessuto allergico al razzismo e all’intolleranza», segnala il consigliere provinciale Prc Nando Simeone.
fonte: Liberazione

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