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La reale violenza quotidiana e il diritto alla città

 Dopo la manifestazione del 12 aprile assistiamo a molteplici esercitazioni di scrittura e di condanna, sia dagli scranni di governo che dalle pagine dei giornali. Eminenti ministri ed editorialisti di fama fanno a gara nel chiedere mano dura e tolleranza zero verso le mobilitazioni di questi giorni. Nel fare questo, cancellano sistematicamente contenuti e caratteristiche di una composizione sociale precaria che nell’esprimere dissenso e reclamare diritti assume pratiche rabbiose e fortemente conflittuali.

Si disquisisce sui comportamenti di piazza e si oscura la quotidiana reale violenza scaricata sulle vite di milioni di uomini e donne senza lavoro, senza casa e con la dignità ormai appesa ad un filo. I provvedimenti sulla riforma del lavoro e sulla casa non sono emendabili, vanno cancellati e rispediti al mittente poiché seppelliscono definitivamente il welfare di prossimità, annullano l’ultima flebile mediazione possibile, dichiarano guerra ai movimenti e a quanti provano a ribellarsi allo stato di cose attuali.

L’odioso articolo 5 del decreto fortemente voluto da Lupi è una sorta di avviso ai naviganti (agli occupanti), cioè a tutte quelle persone che non vengono prese in considerazione dal provvedimento impropriamente denominato “per l’emergenza abitativa”. Milioni di precari o senza reddito che fino ad oggi hanno trovato un tetto solo attraverso pratiche di riappropriazione collettive e individuali. Per questi la minaccia è chiara e l’intolleranza massima. Negare la residenza e gli allacci idrici ed elettrici è una vera barbarie ed una rappresaglia che lascia morti sul campo diritti primari insopprimibili. A proposito di violenze.

La salvaguardia del diritto proprietario e la santificazione del lavoro precario come unica opportunità di reddito aprono una stagione dove diritti e democrazia vengono definitivamente calpestati. Si avvia così un processo di trasformazione profonda della società, da una parte coloro che possono garantire solvibilità e dall’altra quelli che non ci arrivano e non ce la fanno. Le risorse d’altra parte vengono destinate a grandi opere come il TAV e grandi eventi come l’EXPO, immolando così i territori al cemento e alla precarietà. Un’impostazione fortemente ideologica che serve per smantellare gli ultimi residui di tutele sociali esistenti e gli ultimi spazi di mediazione con le amministrazioni locali.

La crescita dei movimenti territoriali, per il diritto all’abitare, contro il consumo di suolo, l’austerity e la precarietà viene vissuta dal governo Renzi come una calamità e l’ipotesi che il disagio sociale possa aggregarsi intorno ad esperienze radicali autonome ed indipendenti dalle forze politiche, e in grado di praticare relazioni con il sindacalismo conflittuale, spaventa molto. Per questo il prefetto di Roma Pecoraro prima e il ministro Alfano poi hanno sentito la necessità di esternare violentemente la propria contrarietà alla libertà di movimento per i cortei, soprattutto romani. Il sostegno di firme importanti ha poi fatto il resto.

Queste affermazioni faziose e preoccupate arrivano proprio mentre l’Istat afferma che ci sono più di un milione di persone senza reddito, poi ci sono gli incapienti e poi i poveri. Che dire del 12 aprile allora? Se tutti questi fossero scesi in piazza lo avrebbero fatto chiedendo per favore ciò che non hanno?

Un poco di onestà intellettuale insomma, se si ha paura che la rabbia sociale non offra più spazi di rappresentabilità e di mediazione si parli di questo. La percezione che il timore sia direttamente proporzionale alla conoscenza di una crisi sociale profonda ci appare evidente e chi governa ha sicuramente coscienza di questo, come le forze dell’ordine e probabilmente gli organi di stampa. Parlare di regolamentare il diritto di manifestare come si è fatto per il diritto di sciopero la dice lunga. Laddove il blocco stradale, l’invasione di un edificio o di un terreno equivale alla forma classica dello sciopero, questa va limitata, contenuta, repressa.

Questo ricatto ha bisogno di soggetti complici e disponibili a cogestire, così come è accaduto nei posti di lavoro. Ma sulla strada questo non sarà possibile. A presto vederci.

Paolo Di VettaAttivista dei Blocchi Precari Metropolitani di Roma da huffingtonpost

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