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15 ottobre: Chucky è libero, non è il mostro ma fu arrestato per comodità

Chucky, dunque, è libero. Il teorema costruito dai tribunale di Chieti e Roma in quattr’equattr’otto è stato smontato in un baleno dal Riesame di Roma. Semplicemente perché non ci sono prove per nessuno dei terribili capi d’accusa – tentato omicidio, devastazione, resistenza a pubblico ufficiale – cuciti addosso a Leonardo Vecchiolla, 23 anni, arrestato il 22 ottobre, sette giorni dopo l’infelice corteo degli indignati e dipinto come il mostro che aveva incendiato uno dei blindati dei carabinieri all’assalto dei manifestanti in Piazza San Giovanni.

 Il ragazzo di Ariano Irpino, studente a Chieti, era stato incastrato da un’intercettazione dei carabinieri di Ariano che ascoltavano un amico d’infanzia di Chucky per una storia di droghe in cui Vecchiolla non c’entra. Per i Ros era il colpevole perfetto: giovane, studente, meridionale, reduce dal 15 ottobre e diretto in Val Susa per il corteo della settimana successiva. La frase su cui la punta di diamante dell’Arma ha costruito il teorema, accolto dal Gip di Chieti, suonava così: «Abbiamo incendiato una camionetta». «”Abbiamo?” – spiega a Liberazione il difensore Sergio Acone – più probabile che Chucky abbia detto “hanno”. E se pure avesse usato il plurale (i giudici nell’ordinanza sollecitano la pulizia del suono dell’intercettazione) era da intendersi come riferito alla genericità dell’insieme dei manifestanti “piuttosto che come partecipazione attiva o diretta alla condotta contestata”, dice l’avvocato leggendo un brano dell’ordinanza. Infatti, in un’altra telefonata intercettata, Vecchiolla precisava che in quel momento si trovava sul marciapiedi. La prova regina, in realtà, si capovolge a favore dell’arrestato. Secondo i giudici se alle 18.25 Chucky era al telefono con l’amico non poteva stare, negli stessi istanti, a dare fuoco al blindato, «anche sotto il profilo logico non appare concretamente sostenibile», recita il Riesame. Sì, è vero, aveva con sé una mascherina bianca, quelle per sverniciare. Ma chi non se la sarebbe portata in una piazza che si annunciava tesa come quella del 20 luglio 2001 a Genova o quella del 17 marzo dello stesso anno a Napoli o come le performance valsusine dei reduci di guerra?
 
Che non ci fossero prove era chiaro già dalle prime ore, la federazione teatina del Prc aveva immediatamente solidarizzato con lo studente arrestato, ma adesso c’è l’ordinanza del Riesame che, nero su bianco, spiega che non poteva essere tentato omicidio visto che, a leggere i rapporti dei carabinieri, il veicolo bruciò solo dopo che il conducente se ne fosse allontanato sulle sue gambe, sebbene aggredito dai manifestanti “facinorosi”. In realtà sono proprio le relazioni dei due carabinieri a non essere concordi ma i giudici hanno ritenuto che il conducente del mezzo incendiato possa avere «una plausibile giustificazione nella concitazione del momento e nel fatto di essersi trovato direttamente coinvolto» e “ricordare” di essere a bordo del veicolo quando già l’incendio era scoppiato. Anche qui, la prova regina si capovolge a favore dell’indagato che disse che il carabiniere era scappato «al volo». «Non emerge in alcun modo che il carabiniere si trovasse ancora nel mezzo al momento in cui veniva dato fuoco al veicolo», precisa l’ordinanza depennando il tentato omicidio dalle possibilità. Anche la devastazione era solo un desiderio di chi voleva spicciarsi a sbattere il mostro in prima pagina, la storia del Ros è costellata di operazioni del genere basti pensare al processo che vede coinvolto il suo generale Ganzer o al teorema contro il Sud Ribelle montato dalla procura di Cosenza nel 2002. Anche stavolta, il Riesame non può che ribadire come non esista alcun elemento di prova «a dimostrare che il Vecchiolla, neppure identificato nella fase degli incidenti, abbia agito in concorso con gli altri soggetti in forma organizzata e con l’intento di perseguire il medesimo risultato di pregiudizio alla pubblica incolumità». L’ultimo capo d’accusa – la resistenza a pubblico ufficiale – si smonta da solo non essendoci prove per gli altri due capi.
Parafrasando il compagno Persichetti: Non è tutto block quel che è black.

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