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Ma il “populismo penale” è di sinistra ??

Non di rado capita che qualcuno mi dica del perchè mi interesso delle carceri e critico così tanto la magistratura. Io ora capisco che appaiono argomenti distanti dalla vita quotidiana (il carcere), oppure apparentemente in controtendenza rispetto alla base di sinistra per quanto riguarda la magistratura. Il problema è che non è così. O meglio non dovrebbe esserlo. La sinistra da molti anni , grazie al passato antiberlusconismo a senso unico, ha ridotto all’osso la sua cultura giuridica egualitaria perché ha difeso la magistratura dagli attacchi, molto spesso strumentali, riducendone di conseguenza la critica.

La base di sinistra ha messo da parte le sue battaglie per riformare il carcere e ha come portavoce uomini che sono contro ogni principio libertario come un Flores D’Arcais o Travaglio. Una sinistra che si oppone all’indulto, amnistia e con il passar del tempo ha inserito nel suo lessico parole che non rientravano nella sua cultura; al posto di parole come “giustizia sociale” sono entrati termini brutti e opachi come”pregiudicato”, “fedina penale”, “prescritto”; e invece di “certezza del pane”, ora usa termini come “certezza della pena”.

La spiegazione sta nel fatto che le politiche neoliberiste degli ultimi decenni hanno distrutto il Welfare State, destinando le sue risorse economiche alla sicurezza e quindi agli strumenti per preservarla. Mentre si consuma lo smantellamento dei sistemi Welfare, parallelamente o con uno scarto di pochi anni, i sistemi penali manifestano un movimento inverso e di espansione continua.

Tra i segnali più evidenti c’è lo spaventoso squilibrio tra le risorse destinate all’azione repressiva e quelle destinate alle politiche di inclusione sociale. Emergenzialismo, proibizionismo,stato di eccezione sono i paradigmi in base ai quali gli Stati danno risposte securitarie alle domande, alle pulsioni, alle insicurezze sociali: la sicurezza sociale è stata fagocitata dal penale, dall’onnivora riduzione ad ordine pubblico permanente.

Il carcere moderno, come sempre, rappresenta l’attuale società “esterna” con tutte le sue frammentazioni e, in mancanza di lotte organizzate(esattamente come “fuori”) , i detenuti hanno come unica “arma” quella dell’autolesionismo, di bruciarsi e , spesso, di impiccarsi. Un tempo il carcere aveva bisogno di un’architettura carceraria simile al famoso Panopticon di Bentham ove i detenuti si sentivano sorvegliati 24 ore su 24 da un secondino che non potevano vedere, oggi invece il potere carcerario si basa all’auto distruzione come forma di visibilità: la stessa visibilità che la società “esterna” rincorre e che porta a dire “intercettateci tutti” come quel famoso slogan populista figlio dell’antiberlusconismo.

In pratica il potere si rafforza grazie alla servitù volontaria, poi poco importa che in questa maniera si alimenta lo Stato “paternalistico” penale che porta a rinchiudere nelle carceri gli individui resi superflui dall’attuale assetto economico e sociale. Tutto questo accade, perché il populismo penale ha tratto in inganno tutti: quello di far credere che le leggi carcerocentriche e repressive servissero per far condannare i potenti (e non sarebbe comunque giusto sostituire la lotta politica a quella giudiziaria), mentre in realtà non fanno altro che schiacciare i più deboli.

Per tutti questi motivi la sinistra deve riscoprire il garantismo come atto di resistenza.

Damiano Aliprandi

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