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Per il giudice di Nola, gli operai Fca non hanno il diritto di opinione

Il tribunale di Nola conferma il licenziamento dei cinque operai che protestavano contro i suicidi in Fiat e sei anni di cassa integrazione con i soldi pubblici. “Secondo il giudice di Nola e Fca, gli operai non hanno il diritto di opinione”

Licenziati per aver messo in scena all’ingresso dello stabilimento Fca Giambattista Vico di Pomigliano d’Arco l’impiccagione di un manichino con la foto di Sergio Marchionne sul viso: cinque operai sono stati mandati a casa nel 2014, dopo la manifestazione di protesta contro le condizioni al Wcl, il reparto logistico di Nola. Fecero ricorso: in base alle legge Fornero, la causa si sarebbe dovuta discutere entro 40 giorni invece hanno atteso più di un anno.

Ieri è arrivata la seconda bocciatura. Sono senza reddito da maggio 2015 e hanno annunciato un nuovo ricorso. La causa da Nola è passata a Napoli. Due anni fa, accanto al manichino avevano deposto le immagini di Maria Baratto, operaia del Wcl morta suicida dopo sei anni ininterrotti di cassa integrazione, di Giuseppe De Crescenzo, altro operaio del Wcl suicidatosi tre mesi prima di Baratto, e di Vincenzo Esposito Mocerino, operaio della Devizia, ditta dell’indotto, morto cadendo in una vasca in disuso del Giambattista Vico.

Il giudice ieri ha rigettato le posizioni dei lavoratori perché le manifestazioni avrebbero «travalicato i limiti del diritto di critica e si sono tradotte in azioni recanti un grave pregiudizio all’onore e alla reputazione della società resistente, arrecando alla stessa in ragione della diffusione mediatica che esse hanno ricevuto, anche un grave nocumento all’immagine». Nella lettera di contestazione, Fca accusava i cinque di aver compiuto «atti macabri, gravissimi e inauditi».

Gli operai hanno replicato: «Siamo colpevoli di aver denunciato i suicidi in Fiat e i sei anni di cassa integrazione con soldi pubblici, siamo colpevoli di aver smascherato il reparto fantasma di Nola, dove non si produceva nulla».

Uno dei licenziati, Mimmo Mignano, era già stato buttato fuori dal Lingotto nel 2007. Il giudice del lavoro, dopo sette anni, lo reintegrò perché «licenziamento sproporzionato e pertanto illegittimo». L’azienda però non gli ha fatto mettere piede in fabbrica licenziandolo ancora. A Maggio 2015 Mignano è rimasto per sei giorni sospeso su una gru nel cantiere della metro di piazza Municipio, a Napoli. La scorsa settimana è rimasto 24 ore su una delle ciminiere dell’ex Ilva di Bagnoli.

«Due suicidi e tre tentati suicidi su 316 lavoratori del Wcl, questo abbiamo denunciato – spiega Mignano – Secondo il giudice di Nola e Fca, gli operai non hanno il diritto di opinione».

Adriana Pollice da il manifesto

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