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Reato di tortura, arma spuntata contro l’omertà

La sanzione ridicola data a un agente della Diaz solleva dubbi anche sulla nuova legge

Reato di tortura: la locuzione risuona nelle cronache da quando si è insediato l’attuale Parlamento. Martedì l’aula del Senato riprenderà l’esame della legge che introduce la nuova fattispecie.

Ma un episodio riaffiorato nelle ultime ore alimenta nuove perplessità sull’efficacia del provvedimento, pure sollecitato dalla Corte di Strasburgo.

L’episodio riguarda la punizione “inflitta” a uno dei poliziotti della Diaz, Massimo Nucera, uscito con una multa di appena 47 euro da una storiaccia di prove falsificate per coprire i colleghi della “macelleria messicana” del 2001. L’agente disse di aver ricevuto una coltellata da uno degli antagonisti che si trovavano nella Diaz: tutto inventato, compresi gli squarci sul giubbotto che Nucera si procurò maldestramente da solo. La finta aggressione servì per «giustificare la violenza», attuiata dalle forze dell’ordine, con una fantomatica «resistenza armata» dei giovani accampati nella scuola. Il poliziotto non ha mai scontato la condanna penale definitiva per falso (3 anni e 4 mesi): il reato andò prescritto. Restava il disciplinare: che si è risolto con la surreale penalizzazione di un giorno di paga (al netto delle indennità), 47 euro appunto, decisa dall’allora capo della polizia Alessandro Pansa.

L’episodio dimostra il grado di resistenza che i corpi dello Stato sanno opporre all’accertamento della verità. C’è da chiedersi se una legge come quella che introduce il reato di tortura non rischi di produrre un ulteriore arroccarsi dei tutori dell’ordine nella logica dell’omertà. «Il rischio c’è», dice Altero Matteoli, presidente della commissione Lavori pubblici di Palazzo Madama, chiamato a votare il provvedimento. «Noi di Forza Italia saremmo favorevoli al testo: ora alcune forzature potrebbero convincerci a una posizione diversa, ma a prescindere dal dissenso del gruppo su alcuni emendamenti, io ho perplessità personali, compresa quella su una possibile ulteriore chiusura degli agenti».

Tra i sindacati di polizia anche quelli orientati a sinistra sono in trincea. È il caso di Anfp e Siap, che hanno invocato e ottenuto un emendamento sull’uso della forza nell’esecuzione di provvedimenti legittimi, come l’arresto: se il destinatario della misura resiste, non potranno essere considerati tortura interventi più energici attuati per imporre la legge. A presentare la modifica è stato il fittiano Tito Di Maggio: il Pd si è subito detto favorevole ed è arrivato il sì anche dal relatore di maggioranza Enrico Buemi (Psi).

Ciononostante il nervosismo del fronte securitario permane. Ieri si è fatto sentire l’inimitabile Gianni Tonelli, leader del Sap, il sindacato dei “duri” della polizia, secondo il quale «a Dallas gli agenti esagerano, ma noi siamo troppo garantisti». Il primato spetta però al governatore della Liguria Giovanni Toti, ormai più leghista che berlusconiano e pronto a dire che nei giorni del G8 «le vittime sono state i cittadini di Genova, presi in ostaggio da teppisti alieni ad ogni dibattito democratico».

Secondo la rilettura che Toti dà del 2001, bisogna dunque dire «grazie alle forze dell’ordine per aver protetto i cittadini e i beni dei cittadini come in molte altre occasioni». Al presidente ligure gli schizzi di sangue sotto al soffitto della Diaz trasmettono un senso di “protezione”. Discorsi come quelli di Toti o del capo del Sap fanno capire quanto sia forte la tendenza a giustificare gli eccessi delle forze dell’ordine. E alimentano perciò il sospetto che la famigerata (tra i poliziotti) legge sul reato di tortura possa addirittura accentuare la tendenza all’occultamento dei reati. Forse la sola soluzione sarebbe introdurre numeri identificativi su caschi e divise della polizia. «Ho avuto la tentazione di proporre un emendamento su questo», spiega il realatore Buemi, «ma se nella legge avessimo inserito anche i numeri identificativi non l’avremmo approvata mai».

Il provvedimento forse taglierà il traguardo. Ma pare improbabile che possa scoraggiare condotte omertose come quella che ha salvato Nucera.

Errico Novi da il dubbio

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