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“All’Expo la polizia spia i lavoratori”, la denuncia della Cgil

Grandi eventi. Antonio Lareno, delegato Cgil all’Expo: “L’esposizione è come la Fiat negli anni 70”. Licenziate più di 300 persone per le loro opinioni. Cinquanta mila quelle “filtrate”: lavoratori, volontari e giornalisti. “La libertà delle persone è considerata più pericolosa dell’attività mafiosa. Per questo la sorveglianza viene tenuta segreta”. L’Ad Expo 2015 Giuseppe Sala: “Dobbiamo confrontarci con questura e sindacati. Prima di valutare un passo indietro, dobbiamo capire le motivazioni”

“All’Expo Milano viene praticato uno spionaggio politico ai danni dei lavoratori come alla Fiat negli anni Settanta”. Per Antonio Lareno, delegato Cgil per l’Expo, non ci sono dubbi: “Cinquantamila cittadini che hanno presentato una candidatura per lavorare all’Expo sono stati filtrati dalle forze di polizia a loro insaputa nell’ultimo anno”. Alcune centinaia di lavoratori, assunti fino ad aprile, sono stati licenziati prima dell’inizio del “grande evento” per motivi, non ancora chiariti, di sicurezza.

Il loro numero non è ancora precisato. Sembra comunque superiore alle trecento persone. Lo attestano le testimonianze raccolte anche dalla Cgil. I licenziamenti sono avvenuti per tre ragioni: “Per causa di forza maggiore non dipendenti dalla volontà” di Expo; “per provvedimenti delle autorità competenti” o delle “autorità competenti di pubblica sicurezza”.

Tra le persone colpite da questo bando ci sono coloro che hanno partecipato a manifestazioni contro la riforma Gelmini nel 2008, hanno occupato una casa o lavorato con rifugiati politici.

A Expo è stato creato uno stato di eccezione dove qualcuno – la Questura di Milano, il ministero dell’Interno? – decide in maniera insindacabile chi può lavorare e chi no. I criteri di questa operazione di polizia non sono noti, tanto meno ai diretti interessati. Ad oggi non si conosce né l’archivio dal quale sono state attinte le informazioni, né chi ha legittimato la loro diffusione a soggetti terzi come le aziende o l’Expo.

“Il problema riguarda la nostra democrazia – conferma Lareno. Questo è un caso limitato, ma esiste uno spionaggio illecito e una violazione della privacy dei cittadini. Queste pratiche potranno essere usate domani per altri eventi, e in ogni luogo di lavoro. Basta dichiararli “zone a interesse strategico” dove l’accesso viene regolato in base all’autorizzazione di un organo di polizia o amministrativo. Stiamo assistendo a una cosa mostruosa”.

Venerdì scorso a Milano i rappresentanti sindacali hanno incontrato alcuni dirigenti di prima fila dell’esposizione nell’ambito delle attività dell’osservatorio Expo, una struttura bilaterale di conciliazione interna. “Hanno fatto la parte di chi se c’era, dormiva – racconta Lareno. È stato confermato che le persone che lavorano con un contratto a termine, i volontari Expo e i giornalisti sono stati “filtrati”. È una palese violazione dell’articolo 8 dello Statuto dei lavoratori che vieta indagini sulle opinioni dei lavoratori e dell’articolo 15 che vieta le discriminazioni sul posto di lavoro”. Cgil, Cisl e Uil invieranno diffide alle aziende e a Expo dove chiederanno la reintegra dei lavoratori. Poi ci sarà il risvolto penale e un esposto al garante della privacy.

Lo scandalo, sollevato da Radio popolare e da Roberto Maggioni su Il Manifesto del 27 maggio scorso, è politico. Ieri lo ha dovuto riconoscere l’Ad Expo Giuseppe Sala: “È necessario confrontarsi con la questura e i sindacati – ha detto – è un tema da capire e su cui a noi arrivano alcune informazioni che cerchiamo di gestire con buonsenso.

Dobbiamo impegnarci la settimana prossima per capire meglio”. Prima di valutare un passo indietro, “dobbiamo capire le motivazioni”. L’incontro è stato fissato in questura a Milano giovedì 4 giugno. “Quella di Sala è una prima ammissione di consapevolezza – risponde Lareno – Raccogliamo con favore il fatto che cominci a porsi il problema di rivedere le procedure in atto anche perché c’è gente che è stata cacciata dall’Expo, pur avendo la necessità e il diritto di lavorare”.

L’esistenza di uno stato di eccezione all’Expo era stata confermata dal viceministro degli Interni Filippo Bubbico (Pd) in una dichiarazione a Radio Popolare: “Expo è un sito sensibile, di rilevanza strategica – ha detto – ci sono delle attività di prevenzione i cui criteri non possono essere resi noti perché perderebbero di efficacia”.

Il governo, invece, dovrà renderli noti. Queste pratiche violano i principi costituzionali e dello statuto dei lavoratori e creano una situazione paradossale rispetto alla procedura antimafia coordinata dal Gicex, il gruppo interforze coordinamento Expo. “Un’azienda che concorre per un appalto Expo conosce le procedure a cui viene sottoposta – sostiene Lareno – Questo non avviene nel caso dei lavoratori sottoposti a un giudizio di cui ignorano i criteri. A Expo la libertà delle persone è considerata più pericolosa dell’attività mafiosa. Per questo viene tenuta segreta”. “L’effetto pratico di questa procedura di polizia di massima segretezza è inferiore a quello del Daspo – conclude – Se te lo danno non puoi entrare negli stadi. All’Expo no, puoi comprare un biglietto, o un pass stagionale, e entrare. Siamo oltre la tragedia e il ridicolo”.

 Roberto Ciccarelli da il manifesto

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