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Violenze, respingimenti, detenzioni: cosa accade ai migranti in Bulgaria

Nuove conferme sulle aggressioni subite da chi tenta di passare il confine con la Turchia. Documentati oltre 5mila episodi di persone rimandate indietro dopo aver ricevuto minacce fisiche e verbali.

di Nello Scavo

«Appena siamo scesi dal treno ci hanno raggiunto tre guardie della border police con i cani. Ci hanno bloccato e ci hanno intimato di rimanere a terra con le mani dietro la testa. Ci urlavano di fare silenzio e mentre lo facevano liberavano i cani che ci mordevano alle gambe e ai fianchi». Benvenuti in Europa: confine Turchia-Bulgaria.

È il 2 agosto quando arriva questa testimonianza. Le foto con le ferite lasciate dai morsi dei cani non hanno bisogno di altre spiegazioni. Non è un’eccezione. Le statistiche diffuse dalla Direzione generale della Polizia di frontiera della Bulgaria indicano un’ulteriore intensificazione dei flussi nei mesi estivi del 2023, con un aumento del 73% dei tentativi di attraversamento bloccati nei mesi di giugno e luglio, rispetto agli stessi mesi del 2022 (46.940 persone nel 2023 e 27.083 nel 2022). Dal 1° gennaio al 7 agosto 2023 sono stati fermati, sempre secondo la Polizia di frontiera, 108.954 tentativi di attraversamento illegale, contro i 67 846 del corrispondente periodo del 2022.

I report delle diverse organizzazioni umanitarie raccontano la stessa storia. Siriani, afghani, iraniani, in maggioranza. A gruppi sempre più numerosi attraversano la Turchia e si dirigono a nord di Istanbul, nel distretto di Edirne. Un tempo provavano a raggiungere la frontiera greca, ma i manganelli e i fumogeni dei gendarmi di Atene che non disdegnano i rinforzi delle ronde nere, hanno fatto esplorare una nuova rotta terrestre. Pochi chilometri più in là ed è subito Bulgaria. Talvolta occorre guadare il fiume Evros, sperando di non venire trascinati dalla corrente. Ma il peggio non è mai alle spalle.

Le testimonianze raccolte dal collettivo “Rotte balcaniche alto vicentino” che ha radunato molte delle organizzazioni umanitarie presenti lungo tutta la dorsale che da Grecia e Turchia giunge fino ai confini Nord dei Paesi dell’Unione europea, raccontano l’odissea dei respinti. Pratiche confermate anche da altri osservatori indipendenti, come “Human Right Watch” e il “Bulgarian Helsinki Committee” che solo lo scorso anno ha verificato 5.270 episodi di respingimento verso la Turchia a danno di 87.650 persone.

Il governo bulgaro sostiene che «sono stati effettuati controlli sulle segnalazioni di respingimento» all’esito dei quali «non c’erano prove di violenza fisica». I migranti cacciati via si trovavano però all’estero e dunque le autorità bulgare non hanno avuto accesso alle persone respinte per poterne valutare le testimonianze e le condizioni fisiche.

Negli ultimi mesi due inchieste della testata investigativa “Lighthouse Reports” hanno invece documentato il contrario. Un filmato mostra una gabbia nella stazione di polizia bulgara di Sredets, a poca distanza dal confine turco. All’interno vengono rinchiusi i migranti a cui è impedito di chiedere asilo al primo Paese Ue sul loro cammino.

«Il confine bulgaro-turco è un’assoluta priorità per la Commissione europea – si legge nel dossier del collettivo -, come scritto dalla stessa Von der Leyen in una lettera ufficiale lo scorso 20 marzo, e proprio su questo confine andranno spesi la maggior parte dei 600 milioni di euro, messi a disposizione per il 2023 attraverso l’agenzia Frontex, per sostenere i paesi membri nel controllo dei confini e nell’acquisto di dispositivi tecnologici».

Il 98% delle persone richiedenti asilo in Bulgaria viene inizialmente detenuta per un periodo che varia dai 15 ai 20 giorni prima di poter fare domanda per ottenere lo status di protezione umanitaria. E l’attesa può prolungarsi fino a 18 mesi.

Una delle peggiori gattabuie per migranti si trova ad Harmanli, meno di 50 chilometri a nord del confine turco. Chi ci è passato e ha conosciuto i pestaggi, racconta alcuni divieti come il minore dei mali. Sono voci raccolte pochi giorni fa. «Chiudevano le porte delle camere la notte, dopo le 23, dicendo che a chiunque avesse osato suonare il campanello per andare al bagno avrebbero rotto le dita». E non scherzavano. «Mettevano bambini di 4 e 5 anni con noi, nelle stanze degli adulti, e questo non è accettabile. Ci urlavano addosso insultandoci e colpendoci», hanno raccontato altri, chiedendosi che differenza ci sia tra i diritti umani in Europa e i peggiori abusi nei campi di Siria o Iran.

da Avvenire

 

 

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