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Venezuela: Italiani denunciano, «Dagli squadristi minacce di morte»

In aumento i linciaggi. Attaccata per la terza volta la base militare della Carlota

Per favore, togliete tutti i nomi dall’appello , abbiamo ricevuto gravi minacce, hanno minacciato di morte i nostri famigliari». La voce di Giuseppe s’incrina, al telefono.

È da sempre un uomo di sinistra, abituato a esprimere pubblicamente le sue idee, dentro e fuori l’ambito in cui ha deciso di militare. Si capisce che recedere gli brucia. Tuttavia, «con i fascisti, qui, ormai, non si scherza. Molti di loro, come quelli che hanno bruciato il giovane afrovenezuelano Orlando Figueroa, sono di origine italiana». Giuseppe vive da oltre quarant’anni in Venezuela, si è trasferito lì dopo il golpe in Cile, paese dove avrebbe voluto vivere se la «primavera allendista» non fosse stata stroncata dal dittatore Pinochet.

INSIEME a un nutrito gruppo di italo-venezuelani ha recentemente sottoscritto un appello, diffuso sul sito di cambialmondo.org e ripreso dalla rete: «Se in qualsiasi altro paese occidentale si fosse creata la situazione di violenza di strada oggi in atto in Venezuela – si legge -, le reazioni degli stati che si considerano interpreti della tradizione democratica sarebbero state ben più forti del timido tentativo di contenimento che le autorità venezuelane stanno operando».

IERI, il Difensore del popolo, Tareck Saab ha denunciato la preoccupante escalation «di odio fratricida», l’aumento dei linciaggi da parte dei «guarimberos». Alcune donne sono state inseguite e minacciate al grido di «bruciale, bruciale» perché scambiate per giornaliste di sinistra. Nello stato Lara, esponenti del consiglio comunale hanno denunciato che due giovani chavisti sono stati dati alle fiamme per aver rivendicato la propria appartenenza politica. «Siamo di fronte a un tipo di squadrismo fascista che non tollera il pluralismo di opinioni – dice Giuseppe -. I simboli che usano, gli obiettivi che attaccano ne indicano il colore politico . Chiediamo al governo italiano di garantire la nostra incolumità. Che il ministro Alfano si faccia fotografare insieme ai gruppi di opposizione, che Gentiloni e Rajoy firmino una lettera assumendo la difesa a senso unico dei violenti, è un fatto inquietante, contrario alla nostra costituzione e a quella venezuelana».

IN UN PRIMO tempo, si è costruito il racconto di «pacifici manifestanti repressi dalla dittatura». Ora, si moltiplicano filmati e interviste che celebrano le gesta dei «guerrieri» o «scudieri» come viene chiamato lo squadrismo di piazza: che non nasconde l’inquadramento militare e le tecniche impiegate negli attacchi agli edifici pubblici, ai camion di alimenti e medicine, ai trasporti pubblici e alle istallazioni militari come quella della Carlota, a Caracas. Un gruppo stava per lanciare granate sui militari. Un aviatore di guardia alla base ha sparato e ucciso un giovane manifestante.

LE DICHIARAZIONI della famiglia dell’ucciso (figlio di un alto dirigente dei trasporti e di una docente universitaria) indicano quanto sia polarizzata la società venezuelana: la madre (chavista) ha detto di «aver perdonato il soldato», che è stato arrestato in attesa dei risultati dell’inchiesta. Il padre, al contrario, ha scritto a Maduro ricordandogli di essere stato «il suo capo» quand’era autista del metro e si batteva, da sindacalista, contro il neoliberismo della IV Repubblica.

LA SITUAZIONE, intanto, si aggrava. Le destre hanno lanciato un appello per impedire con ogni mezzo lo svolgimento delle elezioni, sia di quelle dei governatori che quelle dell’Assemblea Costituente, fissate per il 30 luglio. È stato scoperto un tentativo di sabotaggio alle strutture pubbliche e di hackeraggio al Consejo Nacional Electoral (Cne). È stato arrestato Roberto Picon, intimo del governatore dello Stato Miranda, Henrique Capriles, di Primero Justicia. Edgar Cano, un altro «guarimbero» arrestato, aveva un’impresa di distribuzione di alimenti e aveva ricevuto dollari a tasso preferenziale dal governo.

IL CHAVISMO ha diffuso un documento filtrato dagli Usa in cui risulterebbe che l’ex ministro degli Interni, Miguel Rodriguez Torres sarebbe stato contattato e «reclutato» dalla Dea. Torres, che per non essere stato rinnovato nell’incarico guida una fronda anti-Maduro, grida al falso e sostiene che le Forze armate non apprezzano la proposta dell’Assemblea Costituente, che dovrebbe portare il Venezuela verso «lo stato comunale», simile al governo dei soviet. Il ministro della Difesa, Vladimir Padrino Lopez ribadisce la lealtà delle Fanb e rilancia il dialogo. Ieri il papa è tornato a esprimere «preoccupazione» per la violenza in Venezuela: un appello ignorato da gran parte del clero venezuelano che va in piazza a benedire gli squadristi con le loro croci sugli scudi, i roghi del «diverso» e gli inquietanti cappucci bianchi.

IL PRESIDENTE si appella al popolo «Se mi succede qualcosa – ha detto – dichiarate l’insurrezione popolare costituzionale». Per la terza volta è stata attaccata la base militare de La Carlota, davanti alla quale si è svolta una nutrita manifestazione di opposizione al grido di «Valorosi, valorosi», rivolto agli oltranzisti. Alcuni di loro sono riusciti a penetrare nella base militare, ma la polizia ha lanciato gas lacrimogeni (unico mezzo consentito per contenere le proteste, insieme agli idranti). La presidente del Cne, Tibisay Lucena ha ricordato che impedire lo svolgimento delle consultazioni elettorali è un reato perseguibile. «A guidare le violenze è solo un piccolo gruppo – ha detto – il resto del paese vuole vivere e lavorare in pace. Bisogna tornare al dialogo. I politici tornino a fare politica». Ma le destre spingono per il «modello siriano». In Uruguay, domenica si è concluso il congresso dell’Mpp, il partito di Mujica, con una dichiarazione di forte appoggio al governo Maduro e un allarme per la strategia delle destre «basata sulla menzogna e sulla disinformazione».

Geraldina Colotti

da il manifesto

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La lettera sottoscritta da connazionali in Venezuela sulla strumentalizzazione della “presenza italiana” in questo paese e sulla informazione a senso unico che è rilanciata dai maggiori media italiani sul paese sudamericano.

Care italiane, cari italiani, cari connazionali,

leggendo nei siti on line di gran parte dei quotidiani italiani ed ascoltando i report radiofonici e televisivi emessi dalla Rai e da altre catene, abbiamo purtroppo registrato che rispetto ai fatti venezuelani, vige una informazione a senso unico che rilancia esclusivamente le posizioni e le interpretazioni di una delle parti che si confrontano.

Abbiamo anche letto e ascoltato spesso che l’attenzione prestata alla situazione venezuelana viene giustificata per la presenza in Venezuela di una “consistente comunità italiana o di origine italiana” in sofferenza e che sembrerebbe essere accomunata in modo unanime alle posizioni dell’opposizione.

Noi sottoscrittori di questa lettera, siamo membri di questa comunità. Ma interpretiamo in modo assai diverso l’origine e le cause della grave situazione che attraversa il paese dove viviamo da tanti anni e dove abbiamo costruito la nostra vita e formato le nostre famiglie. Siamo in questo paese perché vi siamo arrivati direttamente o perché siamo figli e nipoti di emigrati italiani che raggiunsero il Venezuela nel dopoguerra per emanciparsi dalla situazione di povertà o di mancanza di opportunità e di lavoro in Italia.

In tanti abbiamo condiviso e accompagnato il progetto di socialismo bolivariano proposto da Chavez e proseguito da Maduro, sia come militanti o elettori, sia partecipando direttamente il progetto di un Venezuela più giusto e solidale.

Ciò che era ed è per noi inaccettabile è che in un paese così bello e ricco di risorse e di potenzialità, decine di milioni di persone vivessero da oltre un secolo in una situazione di oggettiva apartheid, al di fuori da ogni opportunità di emancipazione sociale e quindi senza i diritti essenziali che sono quelli di una vita dignitosa, cioè quello delle reali condizioni di vita, di lavoro, di educazione, di servizi sanitari pubblici, di pensioni per tutti.

Questa situazione è durata in Venezuela per oltre 100 anni e bisogna chiedersi perché, soltanto all’inizio di questo secolo, con Hugo Chavez, per la prima volta nella storia di questo paese, questi problemi sono stati affrontati in modo deciso. E come mai, prima, questo non era accaduto. Chi oggi manifesta nelle strade dei quartieri ricchi delle città del nostro paese, gridando “libertà!” dove stava, cosa faceva, di cosa si occupava, prima che Chavez fosse eletto in libere elezioni democratiche ?

In questi anni, diverse agenzie dell’Onu e l’Onu stessa, hanno certificato che il Venezuela è stato tra i primi paesi al mondo nella lotta alla povertà, all’analfabetismo, alla mortalità infantile, raggiungendo risultati che non hanno confronti per la loro entità, rapidità e qualità.

Si citano la mancanza di prodotti di primo consumo e di farmaci, ma nessuno dice che è in atto una azione coordinata di accaparramento e di speculazione che ha fatto lievitare i prezzi e fatto crescere in modo esponenziale l’inflazione. Chi ha in mano il settore dell’importazione di questi prodotti ? Alcune grandi e medie imprese private per giunta sovvenzionate dallo Stato. La penuria di questi prodotti è in realtà l’effetto dell’inefficienza di questi gruppi privati nel migliore dei casi, o piuttosto dell’uso politico che essi stanno operando, analogamente a quanto avvenne in Cile, nel 1973 per abbattere il governo democratico di Allende.

E’ evidente che l’obiettivo principale di questa specie di rivolta dei ricchi (perché dovete sapere che le rivolte sono situate solo nei quartieri ricchi delle nostre città) sia rimettere in discussione tutte le conquiste sociali raggiunte in questi anni, svendere la nostra impresa petrolifera e le altre imprese nascenti che operano in settori strategici, come il gas, l’oro, il coltan, il torio scoperti recentemente e in grandi quantità nel bacino del cosiddetto arco minero: l’obiettivo di questi settori sociali è tornare al loro mitico passato, un passato feudale in cui una piccola elite godeva di tanti privilegi e comandava sul paese, mentre decine di milioni languivano nell’indigenza.

Noi non abbiamo una verità da trasmettervi; abbiamo però tante cose che possiamo raccontare e far conoscere agli italiani in Italia. Che possiamo dire ai vostri giornalisti e ai vostri media. A partire dal fatto che la comunità italiana non è, come oggi si vuol dare ad intendere, schierata con i violenti e con i vandali che distruggono le infrastrutture del paese o con i criminali che hanno progettato e che guidano le cosiddette proteste che non hanno proprio nulla di pacifico.

La comunità italiana in Venezuela è composta di circa 150 mila cittadini di passaporto e oltre 2 milioni di oriundi. Questi cittadini, che grazie alla Costituzione venezuelana approvata sotto il primo governo di Hugo Chavez possono avere o riacquisire la doppia cittadinanza, hanno vissuto e vivono insieme agli altri venezuelani i successi e le difficoltà di questi anni. Gran parte di loro hanno sostenuto e sostengono il processo di modernizzazione e democratizzazione del Venezuela. Molti di loro sono stati e sono sindaci, dirigenti sociali e politici, parlamentari della sinistra, imprenditori aderenti a “Clase media en positivo”, ad organizzazioni cristiane come Ecuvives ed hanno sostenuto e sostengono il processo bolivariano. Diversi di loro hanno partecipato alla stesura della Costituzione, che molto ha preso dalla Costituzione italiana. In gran parte hanno sostenuto Hugo Chavez e sostengono Maduro, opponendosi alle manifestazioni violente e vandaliche organizzate dai settori dell’ultra destra venezuelana.

Un’altra parte, limitata, come è limitata l’elite venezuelana, è sulle posizioni dell’opposizione. Grazie a sostegni finanziari esterni svolgono una continua campagna di diffamazione del Venezuela bolivariano in molti paesi, compresa l’Italia.

L’Ambasciata italiana censisce una ventina di associazioni italiane in Venezuela. Si tratta di associazioni costituite sulla base della provenienza regionale dei nostri emigrati, veneti, campani, pugliesi, abruzzesi, siciliane, ecc. che aggregano circa 7.000 soci e che intrattengono relazioni stabili con l’Italia e le proprie regioni. Solo alcune di queste associazioni, insieme a qualche giornale sovvenzionato con fondi pubblici italiani, hanno svolto in questi anni, in piena libertà, una campagna di informazione contro l’esperienza bolivariana; esse hanno costituito talvolta le uniche “fonti di informazione” privilegiate e accreditate da diversi organi di stampa italiani.

Ma questa non è “la comunità italiana” in Venezuela. Ne è solo una parte limitata, le cui opinioni vengono amplificate da alcuni organi di informazione. Il resto della comunità italiana e il resto del mondo degli oriundi italo-venezuelani si organizza e si mobilità in questo paese nello stesso modo in cui si mobilita e si organizza il resto del paese. Vi è chi è contro e chi è a favore del processo bolivariano.

Da questo punto di vista, non vi è alcun pericolo per la collettività italiana in Venezuela. Come in ogni paese latino americano, e come dovunque, si parteggia e si lotta con visioni politiche e sociali differenti.

Strumentalizzare la presenza italiana in Venezuela è un gioco sbagliato, pericoloso e che non ha alcun fondamento se non l’obiettivo di alimentare lo scontro e la menzogna.”

I nominativi dei firmatari della lettera non vengono resi noti per salvaguardare la sicurezza personale degli stessi. La decisione è stata presa a scopo cautelativo a seguito delle gravi minacce subite da alcuni di loro e delle rispettive famiglie da parte dello squadrismo fascista che sta operando all’interno del paese in funzione “anti-chavista”.
Esigiamo al governo italiano di attivarsi per garantire la sicurezza e il diritto alla libera espressione dei nostri connazionali residenti in Venezuela.

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