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“Uno in meno”… e un morto in più

Questa notte non riuscivo a prendere sonno ed ho pensato che in carcere non puoi fare altro che lottare ma non lo puoi fare con i pugni, i calci e i muscoli. Lo puoi fare solo con il cuore forse per questo lui è più messo male di me. E non vede l’ora di smettere di battermi nel petto“. (Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com).

Hanno meravigliato le parole di alcuni uomini della polizia penitenziaria che hanno scritto in rete nel commentare il suicidio di un detenuto. “Detenuto suicida, le guardie esultano”: “Consiglio di mettere a disposizione più corde e sapone”; “Collega scala la conta”; “Un rumeno in meno”; “Speriamo abbia sofferto”; “A me dispiace per i colleghi che si suicidano, ma per i soggetti come questo, per lui no!”. Il nucleo investigativo centrale dell’amministrazione penitenziaria identifica i primi 15 agenti autori dei commenti. L’unica voce fuori dal coro resta quella del segretario della Lega Matteo Salvini: “Li capisco”. (Fonte: Il Gazzettino giovedì 19 febbraio 2015)

A me sinceramente, forse perché sono una persona cattiva, la cosa che ha fatto stare più male è che molte persone “buone” fuori si sono irritate più delle brutte dichiarazione di alcuni agenti che del detenuto che s’è suicidato. Io credo che più che incazzarsi per le brutte battute che hanno fatto alcuni agenti bisogna indignarsi che un altro detenuto, questa volta un ergastolano, ha scelto di togliersi la vita dentro le nostre democratiche e illuminate Patrie Galere. Purtroppo nel nostro Paese c’è l’abitudine di vedere la pagliuzza ma non la trave, e sembra ormai che togliersi la vita in carcere sia una cosa normale, ma non lo è più se c’è qualche sciagurato che spara qualche cazzata.

Alcuni giorni fa commentando questo suicidio avevo scritto “Lo so, non bisogna generalizzare, e penso anch’io che nella maggioranza dei casi gli uomini e le donne della Polizia penitenziaria facciano il loro dovere con professionalità e umanità, ma trovo sempre di pessimo gusto le dichiarazioni che esponenti sindacali ogni qualvolta un detenuto si toglie la vita fanno per rivendicare benefici sindacali e decantare le doti che hanno gli uomini e le donne che rappresentano”.

In questi casi si dice sempre che le mele marce ci sono dappertutto sia fra i detenuti sia fra gli uomini e le donne della polizia penitenziaria, ma sembra che nelle nostre patrie galere le mele marce siano più numerose che in qualsiasi altro luogo. Probabilmente perché in Italia è il carcere che non funziona e invece che “migliorare” fa “peggiorare” sia chi ci lavora sia chi ci sconta una pena. Io credo che molti uomini e donne, quando si arruolano nella polizia penitenziaria o quando entrano in carcere per scontare una pena, hanno un cuore e un’anima. Con il passare degli anni però il carcere si mangia sia l’uno che l’altra. E non è colpa loro se poi perdono il cuore e l’anima, ma è colpa dell’Assassino dei Sogni (il carcere come lo chiamo io).

Molti uomini e donne che scontano una pena o che lavorano in carcere con il passare degli anni diventano vittime e carnefici nello stesso tempo. Io nelle mie condizioni di ergastolano so di non poter fare la morale a nessuno, ma permettetemi di dire agli agenti che hanno scritto in rete quei brutti commenti sul suicidio del mio compagno che così tolgono dignità solo a se stessi e al loro lavoro. Lo so, la stragrande maggioranza degli uomini e donne della polizia penitenziaria detesta la violenza verbale o fisica, ma questo non basta se non riescono culturalmente ad emarginare chi agisce diversamente.

E non basta assolutamente sconfiggere il sovraffollamento delle carceri e avere qualche centimetro in più dentro le nostre tombe, che voi avete il coraggio di chiamare camere, per migliorare il carcere. Anche di questo vorremmo discutere, dibattere e parlare se il Ministro della Giustizia Orlando si decidesse ad ufficializzare il coinvolgimento dei detenuti e degli ergastolani della Redazione di “Ristretti Orizzonti” di Padova nella preparazione degli “Stati Generali” sulla pena. Signor Ministro, noi ci siamo e siamo pronti a dare il nostro contributo per riformare e portare la legalità costituzionale in carcere, ma Lei è pronto ed ha il coraggio di coinvolgerci veramente per dare voce e luce a chi sta in carcere e a chi ci lavora? Se c’è batta un colpo. Un sorriso fra le sbarre.

Carmelo Musumeci

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