Turi Vaccaro, in carcere perché nonviolento. Sta male e mostra tutti i limiti della repressione
- febbraio 13, 2020
- in lotte sociali
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Turi Vaccaro – o Cordaro, come ama farsi chiamare prendendo il cognome materno – è un nonviolento molto particolare. Impossibile da inquadrare in qualunque schema, è un generosissimo attivista che ha sposato le lotte contro tutte le guerre, obbediente al principio che queste non sono mai un rimedio ai problemi, ma ne creano sempre di nuovi; è stato attivo nelle lotte ambientaliste in Italia e all’estero. Ha sempre messo se stesso in gioco con una disinvoltura e una semplicità spiazzanti; a cominciare da quando trovò un martello ad Assisi considerando il piccolo ritrovamento un segno da seguire. Con quel martello riuscì ad entrare in una base aerea olandese eludendo la sorveglianza delle telecamere, salì su uno dei tanti aerei da guerra parcheggiati e prese a martellate le strumentazioni della cabina di guida, poi si autodenunciò ai militari.
Un nonviolento individualista, ma sempre attento a cosa si muoveva attorno a sé; infatti lo si è trovato sempre in prima fila nella lotta contro i missili a Comiso, il MUOS in Sicilia, contro il TAV in Val di Susa, contro guerre che si sono succedute durante gli ultimi decenni. È sempre stato attentissimo a non provocare sofferenza né a persone né ad animali e nemmeno alle piante.
Io lo ricordo in particolare con grande affetto nella lotta contro la creazione della base statunitense a Vicenza e nella successiva “Carovana contro la guerra” che nel 2007 attraversò l’Italia denunciando le presenze di guerra. In particolare fu eccezionale a Colleferro (sfortunata cittadina laziale circondata da fabbriche di armi e esplosivi) quando mi chiese di fargli una foto mentre reggeva una bandiera della pace davanti allo schieramento di carabinieri e poliziotti lì presenti. Questi, per sfuggire all’obiettivo e non venire immortalati accanto a Turi, dietro un tale simbolo pacifista, cominciarono a muoversi in gruppo con stranissime e irreali manovre. Un uomo solo che faceva fuggire un centinaio di agenti; fu un momento in cui Turi si divertì e rese palpabile come ogni lotta deve sempre avere il sorriso sulla bocca.
Adesso Turi è in prigione a Palermo. A seguito di vari provvedimenti a suo carico è arrivata la prigione per il suo essersi arrampicato sulle antenne del MUOS e averle “martellate”. Dopo la visita in carcere della sua ex compagna è emerso come Turi non stia bene, come si senta stravolto dalla vita del carcere e dalle sue presunte regole; ha iniziato uno sciopero della fame per protesta.
Avrebbe diritto ad uscire già dal carcere per buona condotta, ma si rifiuta di fare “la domandina” cui sono obbligati i detenuti per qualunque loro bisogno: dalla liberazione per buona condotta, ad avere uno spazzolino da denti, una visita medica, un libro; una pratica che umilia le persone detenute, le costringe a “chiedere” ciò che è un loro elementare diritto.
Turi in carcere, come Nicoletta Dosio, ci insegnano anche che l’istituzione carcere non è un metodo di espiazione o un percorso di recupero (i nostri non ne hanno bisogno), ma una vendetta, un sistema che vuol far sentire tutto il peso del potere, la sua oppressione, che vuole toglierti speranza. Turi in prigione non sta bene, ce lo dice la sua ex compagna, ma, sempre da solo, non rinuncia a fare di ogni gesto un momento di lotta per un mondo diverso. Dobbiamo essergliene grati.
Una lettera, una cartolina gli farebbero sentire la nostra presenza. Scrivetegli qui:
Turi Vaccaro, c/o Casa Circondariale Pagliarelli, piazza P. Cerulli, 1. 90129 Palermo
Tiziano Cardosi
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