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Torino: Un anno e sei mesi per "non aver commesso il fatto"

Una anno e sei mesi, questa è la sentenza in primo grado emessa dal giudice per gli scontri avvenuti il 27 gennaio del 2009, quando sotto la prefettura la polizia caricò il corteo dei rifugiati.
Brevemente i fatti: i rifugiati dopo l’ennesimo incontro con gli amministratori comunali per chiedere casa, lavoro e residenza (sancite dalla convenzione di Ginevra), ricevevano l’ennesimo esito negativo, palesando una volta in più l’incapacità politica di rispondere a chiare richieste negando di fatto i diritti dei rifugiati.
In concomitanza a questo incontro si svolgeva, sotto il comune, il presidio organizzato dal Comitato di Solidarietà con Rifugiati e Migranti. Appresa la notizia del fallimentare incontro, il presidio partì in corteo per raggiungere la prefettura con l’intenzione di chiedere un incontro fra il prefetto e una delegazione di rifugiati. La richiesta dei rifugiati non avrà nessuna risposta, perché il gruppo di rifugiati venne caricato violentemente e senza preavviso dalle forze dell’ordine.
A quella carica inaspettata, nella quale furono investite anche donne e bambine, il gruppo di rifugiati, rispose,legittimamente difendendosi, con lancio di oggetti.
La situazione dei rifugiati in quel periodo era aggravata dalla mancanza di diritti che le istituzioni locali avrebbero dovuto garantire, esasperando il tutto con promesse più volte disattese, lasciando, così facendo, uomini, donne e bambini nella più completa incertezza di vita.
La sentenza di oggi, avvenuta in un particolare contesto politico sociale, fatto di mobilitazioni contro la crisi e le misure di austerità promosse dal governo, forse influenzata dal clamore mediatico di questi giorni in occasione del 15 ottobre romano, appare eccessiva se non assurda.
Proprio in questi giorni a Torino, una nuova manifestazione di rifugiati ha posto l’attenzione sul diritto di asilo e permesso di soggiorno,casa e migliori condizioni di vita all’interno dei «centri di accoglienza».
fonte: InfoAut

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